Disposizioni anticipate di trattamento: efficacia retroattiva? E' possibile veicolare le DAT in un atto di nomina di amministratore di sostegno? (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 12998 del 15 maggio 2019)

La l. 22 dicembre 2017, n. 219, recante norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, è priva di efficacia retroattiva e non si applica dunque alle manifestazioni di volontà relative ai trattamenti sanitari espresse in data anteriore all'entrata in vigore della legge (31 gennaio 2018), fatta salva l'ipotesi, prevista dall'art. 6 della legge, in cui la volontà del disponente sia stata manifestata in documenti depositati presso il comune di residenza o presso un notaio prima della stessa data; ne consegue che la legge nuova è inapplicabile alle direttive anticipate di trattamento terapeutico che siano state, come nella specie, formulate in sede di designazione anticipata dell'amministratore di sostegno ai sensi dell'art. 408, comma 1, c.c. prima dell'entrata in vigore della legge e che siano contenute in una scrittura privata personalmente conservata dall'interessato.
La designazione anticipata dell'amministratore di sostegno da parte dello stesso interessato, in vista della propria eventuale futura incapacità, prevista dal I comma dall'art. 408, cod. civ.,, non ha esclusivamente la funzione di scegliere il soggetto che, ove si presenti la necessità, il giudice tutelare deve nominare, ma ha altresì la finalità di consentire al designante, che si trovi ancora nella pienezza delle proprie facoltà cognitive e volitive, di impartire direttive vincolanti sulle decisioni sanitarie o terapeutiche da far assumere in futuro all'amministratore designato; tali direttive possono anche prevedere il rifiuto di determinate cure, in quanto il diritto fondamentale della persona all'autodeterminazione, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana, sancito dall'art. 32 Cost., dagli art. 2, 3 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalle convenzioni internazionali, include il diritto di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale, senza che tale rifiuto, ove informato, autentico e attuale, incontri un limite di ordine pubblico in un inesistente dovere di curarsi.

Commento

(di Daniele Minussi)
Come è noto i Testimoni di Geova non accettano di essere sottoposti ad emotrasfusioni. Per tale motivo uno di loro aveva, nel tempo antecedente all'entrata in vigore della legge sulle DAT, provveduto a nominare per atto pubblico, conformemente a quanto previsto dall'art. 408 cod.civ., un amministratore di sostegno, contestualmente impartendo allo stesso disposizioni circa i trattamenti sanitari. In sintesi: una sorta di DAT in assenza della specifica normativa che successivamente sarebbe stata approvata.
Ciò premesso, la S.C. ha cassato la decisione della corte di merito, la quale aveva rigettato la richiesta di nomina dell'amministratore di sostegno contenente le riferite disposizioni, da avere effetto anche in ipotesi di morte certa ed imminente. In pratica è come se la S.C. avesse reputato praticabile una sorta di anticipazione della legge sulle DAT, aprendo la porta alla possibilità che, con la designazione anticipata dell'amministratore di sostegno, potesse essere espressa la parallela volontà, nel caso di impossibilità del beneficiario, di assumere per lui le decisioni in materia di trattamenti sanitari, compreso il rifiuto di terapie salva vita.

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