La diseredazione


Letteralmente la diseredazione consiste in quella disposizione con la quale il testatore dispone che un determinato soggetto non venga ad assumere la qualità di suo erede, di beneficiato in conseguenza dell'apertura della propria successione nota1.

Così configurato, non esiste nel nostro ordinamento un istituto che produca questo risultato. Al riguardo occorre preliminarmente chiarire che l'espressione dell'intento del testatore di escludere l'assunzione da parte di un soggetto della qualità di erede può riferirsi ad un estraneo, ad un successibile ex lege, ad un legittimario. Nella prima ipotesi nulla quaestio.

Se Tizio nel proprio testamento dispone che Caio, amico fin dai tempi dell'infanzia, ma non legato al testatore da alcun vincolo di parentela, alla morte di costui non divenga erede, la clausola non tanto si palesa illegittima, quanto inutile. E' infatti chiaro che, anche nell'ipotesi in cui essa mancasse del tutto Caio non assumerebbe la qualità di chiamato. Il problema va dunque circoscritto al caso in cui la volontà di diseredare riguardi un soggetto che assumerebbe la qualità di erede in mancanza di espressione di una differente volontà del de cuius (cioè un mero successibile ab intestato, vale a dire un parente entro il sesto grado o lo Stato) quando non addirittura un legittimario, cioè un soggetto che, a causa degli stretti vincoli con il de cuius, è da considerarsi heres necessarius.

Chiarito l'ambito di riferibilità soggettiva della questione, non si può dire che il problema della diseredazione riguardi soltanto l'eventuale operatività dell'esclusione nei confronti dei parenti che non rivestono la qualità di legittimarinota2. Infatti se è vero che a quest'ultimi spetta necessariamente una quota dei beni dell'asse è altrettanto vero che, nell'ipotesi in cui il testatore avesse disposto difformemente, è pur sempre indispensabile per il legittimario agire con l'azione di riduzione per ottenere la propria porzione. In questo senso il problema è piuttosto costituito dall'efficienza della diseredazione: se cioè essa possieda l'effetto di eliminare la delazione a favore del riservatario, di tal che costui sia necessitato ad intraprendere la via del giudizio onde poter ottenere la quota di riserva spettantegli.

Svolte queste premesse, la questione della clausola di diseredazione si sostanzia nell'apprezzare la possibilità o meno che il testamento veicoli non soltanto disposizioni attributive (nomina di erede, legato, modo), bensì anche disposizioni negative (quale si paleserebbe la clausola con la quale si manifestasse puramente l'intento che un determinato soggetto non consegua alcunchè relativamente alle sostanze ereditarie: es. escludo dalla successione, diseredo mia sorella Prima).

Secondo una tesinota3, sia dal generale principio dell'autonomia negoziale (art. 1322 cod.civ.), sia dalla possibilità che il testamento veicoli anche clausole ulteriori rispetto al tipico contenuto dispositivo di cui al I comma dell'art. 587 cod.civ., si ritrarrebbe l'ammissibilità di una disposizione negativa, la quale, tra l'altro, ben potrebbe valere quale istituzione implicita di erede a favore degli altri successibili per legge. La tesi negativa prevale, sia in dottrinanota4, sia (con l'eccesione di cui infra) in giurisprudenza (secondo la quale la clausola in esame sarebbe addirittura nulla, implicando la caducazione dell'intero testamento: cfr. Cass.Civ. Sez. II, 1217/75; Tribunale di Reggio Emilia 27/09/2000). Il I comma dell'art. 587 cod.civ. viene interpretato nel senso che l'atto di disposizione di tutte o di parte delle sostanze del testatore debba necessariamente concretarsi nelle tipiche forme dell'istituzione d'erede o del legato (al quale deve essere aggiunto l'onere, se si aderisce alla tesi secondo la quale esso si sostanzierebbe in una disposizione autonoma). Dunque se il testatore desidera che un determinato soggetto, che verrebbe altrimenti alla sua successione quale erede per legge, sia escluso dal novero dei propri eredi deve in positivo istituire altri soggetti. Nè può aderirsi alla logica dell'istituzione implicita, secondo la quale la clausola di diseredazione dovrebbe essere interpretata a contrario, come positiva manifestazione della volontà di istituire altri soggetti. Non è infatti sempre possibile individuare in modo preciso (nel senso compiuto del termine) un soggetto in relazione al quale si palesi la positiva volontà istitutiva del de cuius nota5. Più in generale è possibile osservare che l'erede testamentario può definirsi un erede nominato: la sua designazione non potrebbe certamente essere ricavata indirettamente. Questo orientamento, che pareva consolidato. è stato radicalmente negato dalla S.C., che ha considerato come valida ed efficace la clausola di mera diseredazione di un successibile ex lege non legittimario contenuta in un testamento che non prevedeva altre attribuzioni (Cass. Civ., Sez. II, 8352/12). La conseguenza di una siffatta impostazione è quella di determinare l'applicazione della normativa ab intestato, con l'esclusione dei soggetti successibili "colpiti" dalla clausola. Dalla validità della clausola (che nella specie era riferita a tutti i fratelli) si è desunto che in capo agli stessi non residua alcuna legittimazione attiva volta ad impugnare le residue disposizioni testamentarie (Cass. Civ., Sez. II, 26062/2018).

Le cose dette non escludono la possibilità di interpretare la disposizione testamentaria che sia espressa in maniera tale da evidenziare una vera e propria istituzione d'erede implicita. Si pensi a Primo che, avendo tre sorelle si esprima nel senso di escludere dalla propria successione una sola delle stesse, così in modo indiretto istituendo le altre due (non nomino mie eredi universali tra le mie tre sorelle soltanto Egidia). Anche in questo caso tuttavia si è alla presenza di una disposizione attributiva, ancorchè espressa in maniera indiretta (Cass.Civ. Sez. II, 5895/94; Cass.Civ. Sez. II, 1217/75 per l'ipotesi in cui la diseredazione sia soltanto rafforzativa di una disposizione attributiva). Non sarà ammesso tuttavia introdurre prove testimoniali per chiarire la portata della disposizione perplessa, dal momento che la volontà del testatore non può che ricavarsi dagli elementi concretamente istitutivi testualmente presenti nella scheda testamentaria (Cass.Civ. Sez. II, 6339/82) nota6.

Va detto, inoltre, come un risultato pratico affine alla diseredazione potrebbe essere conseguito indirettamente, per il tramite di una dichiarazione del testatore che affermasse nell'atto di ultima volontà di aver già provveduto in vita a soddisfare le ragioni del legittimario con atti di liberalità. E' tuttavia il caso di osservare come non appaia sufficiente una mera enunciazione di tal genere, essendo il legittimario terzo rispetto ad essa, dovendo piuttosto essere provata nei fatti l'intervenuta esecuzione delle allegate liberalità in favore del soggetto preterito o leso (Cass. Civ., Sez. II, 11737/13).

Note

nota1

L'istituto era conosciuto nel diritto romano: la diseredazione consisteva in una sorta di sanzione privata (che si aggiungeva alle più gravi ipotesi di indegnità) la cui irrogazione era riservata al pater familias. Costui ben poteva escludere dalla successione i propri eredi necessari nei cui confronti non nutrisse sentimenti favorevoli. Nei tempi più antichi la relativa facoltà non conosceva limiti, che vennero successivamente introdotti nel diritto giustinianeo. Nelle codificazioni la diseredazione è scomparsa.
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nota2

Come invece sembra sostenere il Capozzi, Successioni e donazioni, t.1, Milano, 1983, p.133.
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nota3

Bin, La diseredazione. Contributo allo studio del contenuto del testamento, Torino, 1966, p.239; Rescigno, Le successioni testamentarie. Nozioni generali, in Successioni e donazioni, vol.I, Padova, 1994, p.652; Trabucchi, L'autonomia testamentaria e le disposizioni negative, in Riv.dir.civ., 1970, p.48; Lipari, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970, p.240. Si fa leva, più specificamente, sulle disposizioni che sono qualificate da un contenuto patrimoniale anche al di fuori del disposto di cui al I comma dell'art. 587 cod.civ.. Si pensi all'art. 733 cod.civ. (assegno divisionale semplice), all'onere di cui all'art. 647 cod.civ., alla dispensa dalla collazione ex art. 737 cod.civ.. Tuttavia è sufficiente al riguardo rammentare che è proprio in base alla ricognizione di tali disposizioni aventi carattere patrimoniale espressamente previste dalla legge che si viene a contrapporre la serie delle disposizioni patrimoniali tipiche e nominate al c.d. contenuto atipico del testamento, che si sostanzierebbe nelle disposizioni non aventi carattere patrimoniale. L'argomento dunque, lungi dal fondare l'ammissibilità della diseredazione, finisce per favorire la tesi contraria.
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nota4

Cicu, Diseredazione e rappresentazione, in Riv.trim. di dir.proc.civ., 1956, p.385; Ferri, Se debba riconoscersi efficacia ad una volontà testamentaria di diseredazione, in Foro pad., 1965, vol. I, c.53; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol.III, Milano, 1952, p.47; Cariota Ferrara, Successioni per causa di morte, vol.I, Napoli, 1956, p.27; Torrente, voce Diseredazione, in Enc.dir., vol.XIII, 1964, p.102.
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nota5

Sottolinea le difficoltà ad interpretare la reale volontà del testatore Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in Tratt.dir.civ. e comm., dir. da Cicu e Messineo e continuato da Mengoni, vol.XLIII, Milano, 1990, p.94: si pensi all'ipotesi di un erede legittimo in sesto grado che il testatore non abbia neppure mai visto in vita.
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nota6

Questa soluzione viene criticata da coloro (Corsini, Appunti sulla diseredazione, in Riv.not., 1996, p.1103) che sottolineano come questa presunta volontà positiva, cioè istitutiva, normalmente manchi nel testatore il quale si limita a formulare una disposizione meramente negativa, mostrando così indifferenza per chi gli succederà.
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Bibliografia

  • BIN, La diseredazione contributo alla studio del contenuto del testamento , Torino, 1966
  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 1983
  • CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977
  • CICU, Diseredazione rappresentazione, Riv.trim.dir.proc.civ., 1956
  • CORSINI, Appunti sulla diseredazione, Riv.not., 1996
  • FERRI, Se debba riconoscersi efficacia ad una volontà testamentaria di diseredazione, Foro pad., 1965
  • LIPARI, Autonomia privata e testamento, Milano, Studi di diritto civile, 1970
  • MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria., Milano, Tratt.dir.civ. dir. da Cicu e Messineo, XLIII, 1990
  • RESCIGNO, Successioni e donazioni, Padova, I, 1994
  • TORRENTE, Diseredazione, Enc.dir., XIII, 1964
  • TRABUCCHI, L'autonomia testamentaria e le disposizioni negative, Riv.dir.civ., 1970

Prassi collegate

  • Disposizione di diseredazione accompagnata da disposizione modale

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