Particolarmente controversa è la configurazione dell'elemento causale nella donazione. La difficoltà del tema ha indotto parte della dottrina
nota1 a sostenere un intrinseco difetto di causa, cioè l'acausalità della donazione.
Questo contrasterebbe evidentemente con l'espressa qualificazione della
donazione come contratto operata dall'art.
769 cod.civ.: se si osserva che l'art.
1325 cod.civ. prevede al numero 2 la causa come elemento essenziale di ogni contratto, senza eccezione alcuna, non si vede come negare che anche la donazione ne sia dotata
nota2.
Prevale un'ulteriore concezione, che ha riscontrato fortuna sia in dottrina sia in giurisprudenza:
la causa della donazione sarebbe inscindibilmente connessa all'elemento soggettivo che si individua nell' animus donandi nota3.
La difficoltà consiste nel distinguere questo animus rispetto ai motivi che animano il contraente, ciò che ha determinato a ritenere che la causa della donazione sarebbe particolarmente debole, labile. Vi è chi
nota4 ha posto questa debolezza in correlazione inversa alla forza del requisito formale proprio della donazione che, come è noto, rende indispensabile il ricorso all'atto pubblico in relazione al quale si palesa necessaria l'assistenza dei testimoni (cfr. art.
782 cod.civ., art.
48 l.n.).
Il riflesso oggettivo di questa impostazione corrisponde alla concezione della causa della donazione come fondata sul depauperamento del donante cui segue il correlativo arricchimento del donatario. Tale arricchimento dovrebbe essere concepito dal punto di vista giuridico, come attribuzione in assenza di un corrispettivo, non già da un punto di vista economico, come concreto incremento patrimoniale del donatario
nota5.
Pur nell'estrema labilità dell'elemento causale occorre differenziare quest'ultimo rispetto ai motivi. La causa, costante, consisterebbe sempre e comunque nell' animus donandi concepito come volontà di arricchire l'altra parte producendo un parallelo depauperamento. I motivi potrebbero invece variare: Tizio dona a Caio un appartamento per affetto; Mevio dona al nipote Filano un appezzamento di terreno per dimostrare di non essere da meno del fratello, il quale in passato aveva donato a Primo, figlio di Mevio, un magazzino. Non si può riferire dell'irrilevanza dei motivi ovvero di una rilevanza limitata alla regola di cui all'art.
1345 cod.civ., in forza del quale soltanto il motivo illecito comune ai contraenti rende nullo il contratto. Ai sensi dell'art.
787 cod.civ. l'errore sul motivo (quando il motivo stesso risulti dall'atto), sia esso errore di fatto ovvero di diritto e sia il solo determinante per il disponente rende impugnabile la donazione. Analogamente, ex art.
788 cod.civ. il motivo illecito, sempre risultante dall'atto ed a condizione che sia l'unico ad esplicare forza determinante, cagiona la nullità dell'atto (Cass. Civ. Sez. II,
2695/92 ). A questo proposito l'affermazione secondo la quale il motivo deve risultare dall'atto non significa che debba essere espressamente enunciato, potendo anche ritrarsi interpretativamente, sia pure in base alle risultanze dell'atto stesso. L'onere impossibile (originariamente) (Cass. Civ. Sez. II,
4560/93 ) o illecito, che in sostanza non fa
che riflettere uno speciale motivo del donante, ai sensi dell'art.
794 cod.civ., o si considera come non apposto ovvero rende nulla la donazione (se unico determinante).
Particolari difficoltà pone l'utilizzo di clausole condizionali (sia sospensive, sia risolutive) utilizzate dal donante in funzione di coazione psicologica sul donatario: si pensi alla donazione condizionata al raggiungimento di una certa età senza aver contratto matrimonio. Il problema si risolve in base allo scopo in concreto perseguito. Una cosa è condizionare l'effetto della liberalità al fatto di rimanere liberi di stato fino al venticinquesimo anno (ciò che non viene a coartare gravemente la libertà del donatario), ben altra cosa sarebbe la previsione del raggiungimento del sessantesimo anno (termine che importerebbe sicuramente una grave violazione di tale libertà).
Come è evidente, in tutte le ipotesi non vengono comunque alla ribalta i motivi valutati in capo ad entrambi i contraenti. L'attenzione della legge è incentrata esclusivamente sul donante, a riprova del peculiare atteggiarsi della causa della donazione.
Un diverso profilo di apprezzamento dell'elemento causale della donazione, sia pure limitatamente agli aspetti tributari, consiste nell'eventuale fruizione del negozio per realizzare intenti elusivi. Così è stato sostenuto che la donazione di un terreno edificabile effettuata dal padre al figlio il quale poi abbia a rivenderlo subito dopo, configura un'operazione simulata, effettuata soltanto per eludere il pagamento dell'imposta sulle plusvalenze realizzate. In senso contrario è stato deciso che la permuta realizzata dal donatario, il quale in esito alla donazione abbia trasferito il terreno a chi a propria volta gli abbia ceduto un appartamento, realizza uno scambio contrassegnato dalla finalità di pianificazione dei rapporti familiari ((Cass. Civ., Sez. V, sent. n.
29182/2017)), incombendo sul fisco provare l'interposizione di cui al III comma dell'art.37 del d.p.r. 1973 n.600.
Note
nota1
Cfr. Capozzi,
Successioni e donazioni, II, Milano, 1982, p.790.
top1nota2
E' quanto osserva Torrente,
La donazione, Milano, 1956.
top2nota3
Sostiene questa tesi Balbi,
La donazione, in Trattato di dir.civ., dir. da Grosso e Santoro-Passarelli, Milano, 1964.
top3nota4
Gorla,
Il contratto, Milano, 1954, p.85.
top4nota5
Messineo,
Manuale di diritto civile e commerciale, IV, Milano, 1954, p.5.
top5Bibliografia
- BALBI, La donazione, Milano, Tratt. dir. civ. dir. da Grosso-Santoro Passarelli, vol. IX, 1964
- CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, II, 1982
- GORLA, Il contratto, Milano, 1954
Prassi collegate