L'art.
556 cod.civ. prevede che, allo scopo di determinare l'ammontare della quota disponibile (cfr.
Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 15613 del 16 maggio 2022), occorre formare una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte. Da tale massa si sottraggono i debiti (compresi quelli scaturenti da fidejussione a garanzia di passività di terzi, sia pure subordinatamente all'impossibilità di agire in via di regresso a causa dell'insolvenza del debitore principale: cfr.
Cass. Civ. Sez. II, 32804/2021). Indi si riuniscono fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione. L'operazione, per l'appunto appellata
riunione fittizia, viene anche sommariamente descritta come il risultato dell'apprezzamento del
relictum, detratto il
debitum, aggiungendosi poi l'eventuale
donatum (per tale intendendosi anche quanto riconducibile a
negotium mixtum cum donatione : cfr., in tema di conferimento di azienda,
Cass. Civ. Sez. VI-II, 26299/2021).
Prosegue la norma facendo riferimento agli artt.
747 e ss. cod.civ., dettati in materia di collazione, precisando dunque che il valore dei beni donati debba essere determinato in base alle dette regole.
Una volta così formato l'asse ereditario, si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre e, correlativamente, la porzione di riserva da attribuirsi a ciascun legittimario. Senza aver compiuto tale operazione non è dato di poter neppure parlare di lesione della legittima (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-II,
22325/2017; cfr. anche
Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 36990 del 16 dicembre 2022). Va da sè che questa porzione sia variabile: essa muta in dipendenza del numero e della categoria dei legittimari che vengono alla successione. Il nostro ordinamento ha infatti optato per il sistema della quota mobile, che varia cioè in base a tali parametri. Così se un figlio soltanto viene alla successione del padre a costui toccherà una porzione legittima pari alla metà dell'asse. Venendo alla successione il coniuge e tre o più figli la quota riservata al coniuge sarà pari al quarto, mentre due quarti complessivamente spetteranno ai figli tutti. In ogni caso la disponibile non può essere inferiore ad un quarto dell'asse.
Assai rilevante è mettere a fuoco l'ultima delle operazioni in cui consiste la riunione fittizia. Si tratta della valorizzazione delle donazioni effettuate in vita dal
de cuius. La riunione è "fittizia" perchè, a differenza della collazione (che può essere effettuata o per conferimento in natura o per imputazione, comunque sempre in maniera concreta ed effettiva), si tratta di un'operazione meramente contabile. L'attivo netto dell'asse viene soltanto sulla carta incrementato dal valore del
donatum.
Come detto esso può essere costituito dai beni di cui il defunto ha disposto a titolo di donazione diretta o indiretta. Il valore deve essere stimato secondo il valore al momento dell'apertura della successione per quanto attiene ai beni immobili ed ai beni mobili, (artt.
747 e
750 cod.civ.); per il denaro in riferimento al valore nominale (art.
751 cod.civ.).
A cosa serve la riunione fittizia?
Una volta calcolata la quota disponibile e la quota indisponibile si esaurisce l'operazione, per lo più funzionale all'esercizio dell'azione di riduzione (ma non soltanto: cfr.
Cass. Civ. Sez. II, ord. n. 14193/2022). La riunione fittizia, nel suo raccordarsi con l'eventuale promuovimento dell'azione di riduzione, vede l'esigenza di dar corso ad un'ulteriore fase del procedimento inteso a verificare se o meno vi sia lesione della quota di legittima. Viene in considerazione la c.d. imputazione
ex se, che consiste nell'imputare alla quota di spettanza del legittimario le liberalità al medesimo fatte (e non semplicemente dichiarate come tali: cfr. Cass. Civ., Sez.II,
11737/13) ed in relazione alle quali non vi sia stata dispensa da parte dell'ereditando (art.
564 cod.civ.). Infatti al legittimario, con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante, devono essere imputate le donazioni effettuate in vita dall'ereditando (Cass. Civ., Sez. II,
12919/12). Va precisato al riguardo come sia del tutto irrilevante l'aspetto cronologico del momento in cui la liberalità è stata effettuata rispetto al tempo in cui il soggetto ha assunto la qualità di legittimario (cfr. Cass. Civ., Sez.II,
4445/2016). In effetti l'unico momento rilevante è quello dell'apertura della successione.
Nulla ha a che fare con l'istituto in esame, se non a livello lessicale, la "riunione" del valore delle donazioni effettuate (eventualmente anche rispetto ai lasciti ereditari), appellata come "coacervo", finalizzato alla percezione dell'imposta di successione. Si tratta del meccanismo in forza del quale, nel previgente sistema ad aliquote progressive, doveva sommarsi il valore di tutte le donazioni effettuate in vita dal de cuius con quello proprio dell'eredità ai fini della determinazione dell'aliquota con la quale colpire tali lasciti. Una volta abbandonato questo sistema in funzione di quello, attualmente in vigore, contrassegnato da aliquote fisse, si è discusso circa la sopravvivenza del meccanismo. La risposta della giurisprudenza è stata negativa (
Cass. Civ. Sez. V, 22738/2020; Cass. Civ., Sez. V, sent. n.
24940/2016;. anche CTP Rimini, Sez. I, sent. n.
36/2018).