Legato in conto di legittima



L'espressione "legato in conto di legittima" di per sè, evocherebbe tutte le ipotesi in cui il legittimario fosse destinatario di un legato senza che, parallelamente, il testatore avesse disposto a di lui favore la dispensa dall'imputazione ex se (art.564, III comma, cod.civ.) ovvero, in senso diametralmente opposto, abbia qualificato il legato come sostitutivo della porzione legittima. Un siffatto beneficio a titolo particolare dovrebbe essere comunque considerato un lascito a valere sulla porzione legittima, dunque effettuato come in conto di essa.

Ciò premesso, la legge viene invece a disciplinare il caso esclusivamente dall'angolo visuale del legittimario rinunziante, ponendo le opportune prescrizioni per temperare i diritti degli altri beneficiari non legittimari. L'art.552 cod.civ. prevede la sorte dei lasciti a titolo donativo ovvero di legato che siano stati effettuati dal donante o dal testatore in conto di legittima . L'ipotesi è quella del legittimario che faccia rinunzia all'eredità senza che, parallelamente, abbia modo di operare la rappresentazione (giacchè l'efficacia di quest'ultima determinerebbe la devoluzione della chiamata al discendente del legittimario rinunziante). Cosa accade delle donazioni fatte in vita dal de cuius ovvero dei legati che costui abbia destinato al legittimario rinunziante? Ai sensi della disposizione in esame, le dette liberalità vengono ritenute, dovendo tuttavia essere computate sulla porzione disponibile (a meno che, ovviamente, non vi sia stata espressa dispensa dall'imputazione ai sensi dell'art.564 cod.civ.).

In primo luogo giova chiarire che, stante la natura mobile della quota di legittima, la rinunzia del riservatario può avere l'effetto di modificarne l'entità e, correlativamente, di ampliare la porzione disponibile. Si faccia il caso di Tizio che lascia, morendo, due figli Primo e Secondo. La quota di legittima ammonta a due terzi ex art. 537 cod.civ.. Si ponga che Primo rinunzi all'eredità. In esito alla retroattiva eliminazione della delazione in favore di costui, la quota riservata a Secondo corrisponderà alla metà dell'asse. A ciò segue, come è stato rilevato, che la liberalità a titolo di donazione o di legato rinvenga un "margine più ampio di imputabilità alla disponibile" nota1.

Così, in relazione all'esempio appena fatto, poniamo che Tizio abbia disposto in vita una donazione avente un valore di 400 in favore di Primo. Se alla morte di Tizio il relictum ammonta a 500, la legittima dovrà essere calcolata in 600 ( relictum = 500 + donatum =400, totale 900; 2/3 di 900 in presenza dei due figli Primo e Secondo = 600). Se Primo non rinunzia all'eredità del padre, egli potrà ritenere la donazione, parimenti conseguendo la porzione legittima spettantegli, fino ad un valore massimo complessivo di 600 (dal momento che la quota riservata a Secondo è comunque pari a 300). Ipotizzando che Primo abbia invece rinunziato all'eredità paterna, la situazione muta. La porzione legittima sarà infatti pari a 450 ( relictum+donatum : 2). Secondo beneficierà di 450, Primo potrà mantenere la donazione fattagli per 400 e rimarrà un valore pari a 50 quale disponibile.

Fino a qui nessun problema. La questione si pone tuttavia quando vengano in considerazione ulteriori beneficiati non rivestenti la qualità di legittimari. Se infatti è vero quanto abbiamo detto in relazione all'ampliamento della disponibile (connessa alla natura mobile della quota di riserva), è altrettanto vero che i lasciti fatti al legittimario rinunziante senza dispensa dall'imputazione dovranno gravare sulla disponibile. E' chiaro che, in tal modo, è ben possibile che qualche ulteriore beneficiario di liberalità (tanto donativa, quanto a causa di morte) possa essere pregiudicato da questo "restringimento" della disponibile causato dalla perdita della qualità di legittimario del rinunziante.

Si ponga mente all'ipotesi in cui, nell'esemplificazione fatta, venga introdotto Quintiliano, erede nominato nel testamento per un valore di 180. Ipotizziamo che sia Primo, sia Secondo abbiano ad accettare l'eredità. Mentre Secondo, legittimario conseguirà la propria parte (pari a 300) sul relictum (pari a 500), Primo dovrebbe imputare alla porzione legittima spettantegli quanto ricevuto in donazione ai sensi dell'art.564 cod.civ. . Ciò sia nei confronti del coerede legittimario, sia in riferimento all'erede non legittimario contro il quale non potrà dunque agire in riduzione. Egli dunque, dopo aver ricevuto 400 a titolo donativo, non potrà che conseguire ulteriori 20 sul relictum, dovendo cedere il passo all'erede Quintiliano quanto al residuo 180.

Diversamente andrebbe qualora il de cuius avesse dispensato il proprio figlio Primo dall'imputazione ex se ai sensi del III comma dell'art.564 cod.civ.. Questa dispensa infatti avrebbe l'effetto di far gravare il valore della donazione sulla disponibile e, soltanto per l'eventuale supero, sulla porzione legittima. Riprendendo l'esempio fatto, avendo la disponibile una consistenza di 300, la donazione (avente un valore di 400) fatta con dispensa dall'imputazione ex se esaurirebbe integralmente la disponibile, gravando per 100 sulla porzione legittima. All'apertura della successione Primo, oltre a mantenere quanto ricevuto per donazione, conseguirà anche il resto della legittima (300-100=200) in esito all'esperimento dell'azione di riduzione contro Quintiliano, erede nominato nel testamento.

Ora si ipotizzi che Primo abbia invece rinunziato all'eredità paterna. Per l'effetto la quota di riserva in favore del fratello Secondo si amplia fino a 450. Dal momento che, come s'è detto, il relictum è pari a 500, cosa ne sarà della parte di eredità pari a 180 lasciata a Quintiliano? E' proprio in relazione a siffatta eventualità che viene ad operare l'art.552 cod.civ. . Quando infatti non vi è stata espressa dispensa dall'imputazione, se per integrare la legittima spettante agli eredi è necessario ridurre le disposizioni testamentarie o le donazioni, restano salve le assegnazioni fatte dal testatore sulla disponibile che non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario avesse accettato l'eredità e si riducono le donazioni ed i legati fatti a quest'ultimo. In buona sostanza al legittimario non è consentito, a cagione della propria rinunzia, di immutare in senso peggiorativo la situazione dei beneficiati che non rivestano la qualità di riservatari . Se il legittimario (comunque beneficiato in forza di donazioni o di legati) intende rinunziare, ne subisce le conseguenze. Così nell'esempio sopra fatto, mentre Secondo conseguirà la porzione legittima spettantegli pari a 450, anche Quintiliano si gioverà del lascito ereditario per 180, mentre la donazione fatta al legittimario rinunziante Primo sarà soggetta a riduzione fino alla concorrenza di 130 (ed infatti: relictum 500+ donatum 400 = 900. Porzione legittima spettante a Secondo = 450. A valere sul relictum Quintiliano conseguirà immediatamente 180, mentre Secondo, al quale vanno i residui 320, potrà agire in riduzione nei confronti del fratello rinunziante Primo per i 130 che valgono ad integrare la propria porzione legittima).

Differente è la situazione nell'ipotesi di espressione da parte del de cuius della volontà di dispensare (art.564, III comma, cod.civ. ) il legittimario dall'imputazione ex se. Occorre al riguardo osservare che il riferimento fatto dall'art.552 cod.civ. all'espressa dispensa dall'imputazione assume una valenza del tutto peculiare. La dispensa dall'imputazione infatti rappresenta il contenuto di un'ulteriore liberalità la cui attivazione postula nel beneficiato la qualità di legittimario agente in riduzione. La legge permette che il legittimario dispensato abbia la possibilità di evitare di dover preventivamente imputare alla propria quota i lasciti già conseguiti e che, conseguentemente, questi vadano a gravare la disponibile fino ad eventualmente esaurirla e che debbano dunque essere computati sulla porzione legittima soltanto per l'eventuale supero. Come tuttavia poter dare un senso alla riferita disposizione nel caso che ci occupa? Non abbiamo forse detto che il legittimario rinunziante perde questa propria qualità, ciò che sortisce l'ulteriore effetto di modificare la quota mobile di legittima? Ebbene: l'articolo in esame viene a recuperare l'effetto della dispensa dall'imputazione, facendone un'applicazione per così dire "spuria". Riprendendo l'esemplificazione fatta, nell'ipotesi in cui Primo, donatario dispensato dall'imputazione ex se, abbia rinunziato all'eredità, comunque sarà anteposto a Quintiliano quanto alla possibilità di mantenere la liberalità. Secondo conseguirà la porzione legittima spettantegli pari a 450, mentre l'effetto della donazione fatta a Primo per un totale di 400 potrà essere mantenuta nei limiti della riserva a costui spettante. Il problema, caso mai, è la quantificazione dell'efficacia del disposto. Si potrebbe ritenere che la donazione debba essere mantenuta limitatamente al valore che avrebbe avuto la quota di riserva di Primo qualora non avesse rinunziato (pari a 300). In tal caso avrebbe luogo una situazione alquanto anomala: la quota di riserva di Secondo sarebbe pari a 450 (dal momento che il rinunziante non verrebbe computato tra i legittimari) mentre la donazione fatta a Primo verrebbe (seppur impropriamente) "imputata" alla legittima per 300.

In sostanza a Quintiliano rimarrebbe un valore di 150, essendo posto in una situazione comunque deteriore rispetto a quella in cui si sarebbe trovato qualora Primo avesse accettato. In tal caso infatti la quota di legittima di Primo e di Secondo sarebbe stata complessivamente pari a 600 e così Quintiliano avrebbe conseguito integralmente il lascito di 180, dovendo Primo imputare ex se il valore della donazione.

Note

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Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale: successione necessaria, in Tratt.dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo e continuato da Mengoni, vol.XLIII, t.2, Milano, 2000, p.162.
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Bibliografia

  • MENGONI, Successioni per causa di morte. Successione necessaria,, Milano, Trattato Cicu-Messineo, 1984

Prassi collegate

  • Quesito n. 5414/C, Legato in conto di legittima di bene ipotecato

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