Imputazione ''ex se''


Il II comma dell’art. 564 cod. civ. prescrive che “in ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato”. Questo significa che, una volta calcolata la porzione legittima spettante a ciascun riservatario, costui deve imputare alla propria quota quanto ricevuto a titolo liberale dall’ereditando. Un esempio potrà valere meglio ad illustrare il concetto. Se Tizio ha donato in vita al figlio Primo un immobile del valore di 100 e al figlio Secondo una somma di denaro pari a 50, costoro devono, una volta apertasi la successione, al fine di calcolare la legittima loro spettante, decrementare il valore di tali lasciti già ricevuti. Ipotizziamo che Tizio lasci, morendo, un patrimonio di 250, avendo quali eredi la moglie Caia e i due figli menzionati ed avendo disposto di un legato di 100 a favore dell’amico Quintiliano. Prima di tutto occorre effettuare la riunione fittizia. Poiché il relictum è pari a 250 e il donatum 150, in assenza di passività, l’intera massa ammonta a 400. La porzione legittima sarà, in questo caso, ai sensi dell’art. 540, pari a 100 sia per la coniuge (presumendo per semplicità che non sia da computare il diritto di abitazione sulla casa coniugale), sia per ciascuno dei figli. Come dunque attribuire i beni pari a 250 lasciati da Tizio? Una volta soddisfatto il legato in favore di Quintiliano infatti residuerebbero solo 150, palesemente insufficienti a soddisfare le ragioni dei tre legittimari. Prima però di concludere sul punto occorre procedere all’imputazione ex se di cui all'art. 564, comma 2. Così Primo dovrà, a valere sulla propria porzione di riserva pari a 100, decontare il valore della donazione ricevuta in vita dal padre. Poiché tale valore è pari a 100, egli non potrà vantare alcun diritto sul relictum, essendo già state soddisfatte le sue ragioni di legittimario. La stessa operazione, svolta relativamente alla posizione di Secondo, dà luogo ad un differente risultato: infatti costui dovrà imputare alla propria porzione soltanto 50, dovendo dunque essere a lui assegnato, a valere sul relictum, altri 50. Infine Caia, che non ha ricevuto donazioni in vita dal marito, soddisferà le proprie ragioni di legittimaria sul residuo relictum, pari a 100. Quanto riferito è un’ipotesi assai semplice e naturalmente nella pratica si possono verificare ben altre complessità. Se ad esempio il legato in favore di Quintiliano fosse stato di 150, esso sarebbe stato soggetto a riduzione. A questo punto occorre interrogarsi se l’operazione di imputazione alla propria quota di legittima sia fenomeno costante e necessario. La risposta, negativa, si ritrae dal III comma dell’art. 564 che analizzeremo separatamente con riferimento all'istituto della dispensa dalla imputazione.
Si badi al fatto che l'operazione in esame potrebbe entrare in gioco anche una volta eliminato (es: in esito alla pronunzia di nullità: cfr: Cass. Civ. Sez. VI-II, 5421/2020) il titolo costituito dall'atto tra vivi posto in essere dal testatore che avesse per tale via attribuito un bene già contemplato in un precedente testamento, la cui relativa disposizione venisse così a tornare efficace.

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