La cautela sociniana


La fattispecie disciplinata dall’art. 550, nota come cautela sociniana, attribuisce al legittimario beneficiato della nuda proprietà di un bene il cui valore comprenda anche in tutto o in parte la disponibile, il diritto di scegliere tra: a) dare esecuzione alla disposizione (in tal modo subendo la compressione del proprio diritto per effetto del concorso dell’usufrutto che lo grava), oppure b) abbandonare la nuda proprietà della porzione disponibile, conseguendo la parte corrispondente alla legittima in proprietà piena. Vale anche l’ipotesi inversa: è possibile infatti che il testatore abbia disposto di un legato non già avente ad oggetto l’usufrutto, bensì la nuda proprietà, lasciando al legittimario l’usufrutto il cui valore ecceda la disponibile. La sorte è del tutto analoga, avendo il riservatario scelta tra le due opzioni sopra espresse. Nell’ipotesi in cui il legittimario scelga per conseguire la proprietà piena, abbandonando la disponibile, è comunque escluso che il legatario assuma la qualità di erede. Come appare chiaro, la norma è l’espressione del principio (art. 549) in forza del quale la legittima si acquista libera da pesi e condizioni, in proprietà piena. Non importa se, capitalizzando il valore dell’usufrutto in base all’età del legatario al quale esso fosse stato lasciato dal disponente, il valore netto della nuda proprietà del cespite che profitta al riservatario risulta superiore a quello della sua porzione legittima: in ogni caso egli può optare, sia pure riducendo il valore netto del lascito, per conseguire il bene in proprietà piena. La legge gli consente infatti di produrre un risultato diverso da quello pianificato dal testatore. Il diritto di scelta riconosciuto ai legittimari dalla norma in esame possiede natura di diritto potestativo (Tribunale Napoli, 17 aprile 1997). È sufficiente la manifestazione di voler conseguire il diritto in proprietà piena affinché si produca una modificazione della sfera giuridica del legatario, che si trova in una situazione giuridica definibile in chiave di soggezione. V’è al riguardo chi ha parlato di “successione contro il testamento” proprio per colpire il concetto della prevalente protezione delle ragioni dei legittimari pur anche prescindendo da una valutazione di tipo economico circa la effettiva lesione della quota di riserva. Questa forza speciale della cautela sociniana invita ad una precisazione in merito al rapporto che si pone tra tale istituto e l’azione di riduzione. Mentre quest’ultima ha quale scopo la reintegrazione quantitativa, tramite un percorso processuale, della quota attribuita per legge al riservatario (quota pregiudicata dalle disposizione o donative o testamentarie), la cautela sociniana si propone anzitutto di eliminare l’elemento aleatorio costituito dall’incerta durata della vita dell’usufruttuario, prescindendo dal dato meramente valoriale e quantitativo. In tale direzione la sua operatività è immediata (Tribunale Savona, 2 maggio 2007), non avendo bisogno di una sentenza: Caso mai essa potrebbe aver quale riferimento il diverso tema della contestazione delle concrete modalità con le quali si fosse concretizzato l’esercizio del diritto del legittimario. La relativa pronunzia in materia avrebbe natura semplicemente dichiarativa in relazione ad una modificazione giuridica che già si sarebbe prodotta per effetto della scelta del legittimario. V’è di più: mentre l’azione di riduzione mira a reintegrare il legittimario dal punto di vista quantitativo, il rimedio in esame invece si propone di far conseguire a costui una protezione di tipo qualitativo, a prescindere, anzi anche in contrasto rispetto ad un profilo meramente valoriale (Cass. civile, sez. II, 511/1995). Infatti il presupposto è costituito dall’eccedenza del valore del lascito rispetto al valore della porzione riservata. Quanto alla forma dell’atto di scelta, va rilevato come la legge sia del tutto silente. Per questo motivo si ritiene che il legittimario possa esprimere l’opzione anche tacitamente, per facta concludentia (Cass. Civ., Sez. II, 3894/2012). Va messo in luce, al riguardo, come la scelta non si sostanzi in un atto avente natura abdicativa. Si tratta piuttosto di una manifestazione di volontà intesa a ricusare l’operatività di una disposizione del de cuius, alla quale la legge collega contemporaneamente l’effetto quantitativo di “restringere” la portata economica del lascito a quello della sola disponibile, nonché l’ulteriore effetto qualitativo di far conseguire al legittimario il diritto in proprietà piena. Esso si palesa come del tutto divergente rispetto alla rinunzia all’eredità di cui all’art. 519, atto per la quale la legge prevede invece una forma solenne. La considerazione sollecita l’interprete a domandarsi se la natura giuridica dei due atti sia o meno omogenea. Indubbiamente negoziale l’atto di rinunzia all’eredità. Non altrettanto a dirsi per l’atto di scelta di conseguire la legittima in proprietà piena: l’effetto della manifestazione di un intento siffatto è rigidamente previsto dalla legge senza che il riservatario possa dar prova di una differente volontà. Coerente sarebbe ipotizzarne la natura di mero atto giuridico. Questa costruzione avrebbe il pregio di spiegare anche il riferito diverso regime formale dei due atti in considerazione. Quanto detto si rafforza se si considera che la dichiarazione del riservatario di voler abbandonare la parte eccedente la porzione legittima e di conseguire la piena proprietà della stessa non sortisce alcun effetto traslativo, piuttosto collegato alla disposizione di ultima volontà. L’aspetto problematico ha piuttosto a che fare con la recettizietà di tale dichiarazione: quando infatti venissero in esame diritti reali immobiliari, l’esigenza di rendere noto ai terzi le vicende dei beni implicati nel procedimento successorio assume importanza decisiva. Non per tale motivo, tuttavia, si deve ritenere soggetto a trascrizione l’atto di scelta del legittimario, quanto piuttosto l’atto, avente natura divisionale, con il quale costui concretamente attui tale opzione coinvolgendo il legatario destinatario della complementare disposizione.

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