Il recesso del socio (società di persone)



Ai sensi dell'art. 2285 cod. civ. , dettato in tema di società semplice, tuttavia applicabile anche alle altre società di persone, è attribuito ad ogni socio il diritto di recedere dal contratto sociale nota1.

Il recesso è consentito in ogni tempo nel caso in cui la durata della società sia stata pattuita a tempo indeterminato (ovvero con durata superiore alla normale vita umana: cfr. Tribunale di Roma, Sez. III, 21224 del 22 ottobre 2015; Tribunale di Roma, 4 marzo 2015; Tribunale di Napoli, 10 dicembre 2008), soltanto per giusta causa nell'ipotesi in cui sia stata prevista una determinata durata nota2. In quest'ultima ipotesi, vale a dire quando la società sia contrassegnata da una scadenza predeterminata, è pur sempre possibile che i soci si intendano per far venir meno il vincolo limitatamente ad uno solo di essi. Non si tratterà tuttavia di recesso, bensì di scioglimento del vincolo sociale per mutuo consenso. Il tutto all'esito di un vero e proprio accordo contrattuale che vedrà la partecipazione di tutti i soci. Diversamente il recesso deve esser qualificato come atto unilaterale avente natura recettizia, la cui efficacia si produce non appena portato a conoscenza della società (donde l'irrilevanza delle vicende successive: cfr Cass. Civ., Sez. VI-I, 21036/2017). L'eventuale successiva revoca del recesso già comunicato è praticabile nel tempo che precede la liquidazione della partecipazione, ma a condizione che sussista il consenso unanime degli altri soci (cfr. Cass. Civ., Sez.I, 20544/09). Vi sono speciali vincoli formali oppure la dichiarazione di recesso deve reputarsi a forma libera? In quest'ultimo senso si veda la già citata pronunzia (Tribunale di Roma, 4 marzo 2015). Va da sè che, in tal caso appare assai problematico l'eventuale profilo probatorio: come infatti poter dar conto m,agari a distanza di tempo dell'intervenuta presa di conoscenza della dichiarazione di recesso? Chi sarebbe il destinatario della stessa? Tutti i singoli soci o soltanto alcuni tra gli stessi? In quest'ultimo senso pare essere orientata la soluzione scelta dallo stesso Tribunale, appena un mese più tardi (Tribunale di Roma, 20 aprile 2015). D'altronde va rilevato come sia stata addirittura recuperata interpretativamente in chiave di recesso la domanda di uno dei coniugi in comunione legale dei beni che si trovassero tra loro in società ed intesa ad ottenere l'accertamento della comproprietà dei beni social (Cass. Civ. Sez. I, ord. 8222/2020).

Il problema della giusta causa del recesso è analogo a quello generale della risoluzione del contratto per inadempimento: esso deve considerarsi legittimo quando sia la reazione ad una condotta illegittima dell'altro (o degli altri) socio (o soci) tale da far venir meno il rapporto di fiducia, l' affectio societatis (Tribunale di Verona, 25 gennaio 1994 ; Tribunale di Pavia, 19 aprile 1991 ; Cass. Civ. Sez. I, 1602/00) nota3. L'eventuale concorso tra più cause di scioglimento del rapporto sociale deve essere risolto in base alla priorità di quella i cui estremi si sono cronologicamente verificati prima (Cass. Civ. Sez. I, 134/87 ; Tribunale di Isernia, 3 gennaio 2007).

In esito al legittimo esercizio del diritto di recedere occorre liquidare al socio il valore della quota sociale. Il nodo problematico consiste nell'apprezzamento delle concrete modalità di liquidazione della quota. Si discute, in particolare, se debba essere ricompreso il valore dell'avviamento: a tale quesito sembra debba essere data risposta affermativa (Cass. Civ. Sez. I, 4210/92).

Mentre negli altri casi di cessazione del rapporto sociale limitatamente ad un socio (si consideri la liquidazione della quota del socio defunto ovvero la deliberazione di esclusione) la relativa modificazione del contratto sociale è comunque il prodotto di un fatto naturale ovvero di una volontà di tutti i soci (o della maggioranza degli stessi), è evidente che altrettanto non può dirsi per il recesso. Nell'ipotesi in considerazione viene introdotta una causa modificativa dei patti sociali che interviene unilateralmente, in una situazione presumibilmente contenziosa. Risulta infatti evidente che gli altri soci potrebbero non concordare sull'esistenza della giusta causa nè sulle
conseguenze circa la permenanza del vincolo sociale.E' per tale motivo che parte della dottrina configura il recesso come da esercitarsi comunque giudizialmente nota4 : proprio perché apparirebbe incongruo che una modificazione di questa portata alla struttura dei patti sociali possa intervenire probabilmente o comunque potenzialmente contro la volontà degli altri soci. Certo è che, nel caso in cui si proceda ad un accertamento giudiziale, non sarà possibile effettuare quegli adempimenti pubblicitari che sarebbero funzionali ad escludere la permanenza della responsabilità illimitata e solidale del recedente rispetto alle obbligazioni sociali (Cass. Civ., Sez.I, 28225/08). Questa situazione può ben definirsi come potenzialmente assai pregiudizievole per il recedente. Si pensi al fallimento della società che non potrà non riguardare anche quello, personale, del socio (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 13838/13).

Occorre poi rendersi conto che qualunque evento provochi la riduzione del capitale, ai sensi dell'art. 2306 cod. civ. (norma che si riferisce alle società in nome collettivo ed a quelle in accomandita semplice, non alle società semplici), mediante rimborso ai soci delle quote corrisposte o liberazione di essi dall'obbligo di ulteriori versamenti, è assoggettato alle regole della norma citata. La riduzione del capitale può essere dunque eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, sempre che, entro questo termine, nessun creditore sociale abbia fatto opposizione.

Che cosa significa questo?

Se i creditori sociali non sono d'accordo devono manifestare la loro opposizione alla riduzione entro tre mesi dall'iscrizione nel registro delle imprese. Legittimati sono i creditori sociali anteriori all'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese. L'opposizione può essere proposta in qualsiasi forma, anche verbalmente (oltre che con domanda giudiziale) nota5. Essa ha quale effetto quello di sospendere l'esecuzione della modificazione dei patti sociali. Nelle more del giudizio, il Tribunale può comunque disporre che la riduzione abbia egualmente luogo, previa prestazione da parte della società di idonea garanzia a tutela degli interessi dell'opponente.

Eccezion fatta per la riduzione per perdite, la disciplina esposta va applicata per ogni riduzione di capitale. Vale a dire ogniqualvolta che occorre procedere alla liquidazione della quota del socio recesso, escluso o defunto, salvo che i restanti soci provvedano con mezzi propri e senza ricorrere ai beni sociali. In concreto sarà dunque possibile che un singolo socio possa far risultare il proprio recesso per giusta causa da una società in nome collettivo, pur quando gli altri soci non siano a ciò disponibili?

Dovendosi osservare che, secondo l'opinione dominante nota6, la dichiarazione di recesso non è comunque soggetta a forma particolare, potendo anche risultare da comportamenti concludenti, ai fini dell'effettuazione della necessaria pubblicità presso il registro delle imprese occorrerà pur sempre che si faccia luogo:
  1. al perfezionamento di un atto, ancorché unilaterale, da comunicarsi alla società (o agli altri soci) nota7;
  2. ad una dichiarazione ricognitiva dell'intervenuto recesso verbale, in relazione alla modificazione dei patti sociali che ne scaturisce.
La concreta eseguibilità dell'operazione, la quale importa riduzione del capitale e rimborso di attività a dedursi dal patrimonio della società, sarebbe inoltre subordinata al trascorrere dei tre mesi previsti dall'art. 2306 cod. civ. , secondo quanto già esposto.

Da ultimo è il caso di precisare che, in esito al recesso, il socio non può dirsi gravato da un divieto di concorrenza, analogamente a quanto disposto dall'art.2557 cod. civ. nel caso di cessione dell'azienda (Cass. Civ. Sez. I, 6169/03 ).

Note

nota1

Si tratta di un diritto potestativo, personale, indivisibile, non convenzionalmente escludibile e recettizio, dal momento che si perfeziona non appena giunge a conoscenza degli altri soci (Tribunale di Milano, 02 settembre 1996 ). Da questo momento si ritiene altresì non sarebbe neppure revocabile (Tribunale di Milano, 28 gennaio 1997).
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nota2

Campobasso, Diritto commerciale, vol. II, Torino, 1997, p. 108. Nulla esclude però la possibilità che i soci possano prevedere ipotesi di recesso convenzionale: devono trattarsi di casi diversi da quelli contemplati dalla norma (in ogni caso inderogabili, per cui anche una eventuale specificazione dei casi di giusta causa non sarebbe idonea ad escludere altre ipotesi non contemplate). Tuttavia potrebbero essere previste altre cause di recesso che andrebbero ad integrare la disciplina legale: ne sono esempio quelle clausole che prevedano ipotesi di recesso per perdita del capitale sociale o per mancata distribuzione di utili per uno o più anni.
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nota3

Più liberale è l'opinione di quella dottrina che ritiene costituiscano giusta causa di recesso non solo inadempimenti e scorrettezze dei soci o degli amministratori (come la condotta immorale del socio, la violazione degli obblighi contrattuali di fedeltà e lealtà, la trascuratezza e gli abusi da parte degli aministratori), ma anche fatti oggettivi riguardanti la persona del recedente (quali malattia, età avanzata, trasferimento in altra sede) (in questo senso Ghidini, Società personali, Padova, 1972, p. 534 e Cottino, Diritto
commerciale, vol. II, Padova, 1987, p. 225), il dissidio insanabile tra le persone dei soci, l'impossibilità per il socio di seguire l'andamento della società (di questa opinione D'Avanzo, voce Recesso, in N.mo Dig.it., p. 1047).
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nota4

Così Galgano, Diritto commerciale, vol. II, Bologna, 1982, p. 127.
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nota5

Ferrara, Gli imprenditori e le società, Milano, 1984, p. 307.
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nota6

Cfr. Colussi-Roversa, in Comm. cod. civ., diretto da Cendon, vol. V, Torino, 1997, p. 350.
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nota7

Non si dubita, infatti, del carattere recettizio del recesso anche in relazione ai casi in esame: si veda Colussi-Roversa, op. cit., p. 850.
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Bibliografia

  • CAMPOBASSO, Diritto commerciale 2. Diritto delle società, Torino, II, 1997
  • COLUSSI RAVERSA, Torino, Comm.cod.civ.Cendon, V, 1997
  • COTTINO, Diritto commerciale, Padova, I- t. 2, 1987
  • D'AVANZO, voce Recesso, N.mo Dig.it.
  • FERRARA, Gli imprenditori e la società, Milano, 1984
  • GALGANO, Diritto commerciale II, Le società, Bologna, II, 1982
  • GHIDINI, Società personali, Padova, 1972

Prassi collegate

  • Quesito n. 14-2016/I, Recesso nelle società di persone e conseguenze della mancata liquidazione del receduto
  • Quesito n. 309-2015/I, Efficacia del recesso nelle società personali e legittimazione all’atto ricognitivo del nuovo assetto societario
  • Risoluzione N. 100/E, Assegnazione agevolata ai soci
  • Studio n. n. 73-2017/T, Assegnazioni, cessioni e trasformazione agevolate, profili fiscali nella scelta della soluzione
  • Quesito n. 101-2015/I, Recesso legale ordinario da s.n.c. e mancato rispetto del termine trimestrale di preavviso
  • Quesito n. 351-2014/I, Clausola riguardante la liquidazione in natura in caso di recesso da snc
  • Studio n. 74-2011/T, Profili fiscali del recesso dalla società e dell’assegnazione di beni ai soci
  • Quesito n. 206-2010/I, Recesso nella snc e rinunciabilità al termine di preavviso
  • Quesito n. 71-2010/I, Irreperibilità dell'unico accomandatario di s.a.s
  • Studio n. 40-2008/E, I riflessi sulle procedure esecutive conseguenti all'abrogazione dell'obbligo di allegazione della certificazione energetica
  • Ricostruzione unitaria dell'efficacia del recesso societario

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