Il recesso nel contratto di appalto



L'art. 1671 cod.civ. prevede l'attribuzione ex lege al committente di un diritto potestativo di recedere unilateralmente ad nutum dal contratto di appalto, pur quando fosse stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio (Cass. Civ. Sez. I 8565/93 ) nota1. In questo caso tuttavia il committente deve tenere indenne l'appaltatore in relazione alle spese sostenute, ai lavori eseguiti ed al mancato guadagno nota2. La regola è stata ritenuta applicabile non soltanto all'appalto che ha ad oggetto il compimento di un'opera, ma anche a quello che si riferisce all'effettuazione di servizi (Tribunale di Milano 10-06-98 ; Cass. Civ. Sez. II 8254/97 ). Il recesso deve essere considerato immediatamente operativo e prescinde dall'accertamento della gravità e dell'importanza dell'eventuale inadempimento dell'appaltatore, ciò che rileverebbe ai fini della risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1453 cod.civ. (Tribunale di Roma 18-09-2001 , Cass. Civ., Sez. II, 5237/1983).
Le leggi speciali prevedono una particolare disciplina del diritto di recesso della p.a. in tema di opere pubbliche, soprattutto con riferimento alle modalità di formazione della volontà di esercizio del medesimo (Cass. Civ. Sez. I 1114/95 ), anche se le posizioni contrattuali delle parti rimangono pur sempre assoggettate alla disciplina privatistica (Cass. Civ. Sez. Unite 2/93).
Esercitato il diritto di recesso, il committente acquista ogni diritto sull'opera già eseguita nota3.
Secondo l'opinione prevalente l'art. 1671 cod.civ. si fonderebbe sullo speciale rilievo che svolge nell'appalto l' intuitus personae nota4: una volta che fosse venuta meno la fiducia nell'impresa appaltatrice, viene data al committente la possibilità di sciogliersi dal vincolo contrattuale senza troppi problemi, ovviamente facendo salvi i diritti dell'appaltatore (anche in relazione al lucro cessante). A tal fine si ribadisce come non occorra la preventiva effettuazione di un sindacato relativo a specifici fatti di inadempimento dell'appaltatore, a meno che non si faccia questione di risarcimento del danno, ciò che tuttavia darebbe ingresso ad un tema differente ( Cass. Civ. Sez. II 6814/98).
Anzi, l'introduzione di una domanda di risoluzione preclude l'operatività del recesso esercitabile dal committente ex art. 1671 cod.civ.
(Cass. Civ. Sez. II 7649/94).
E' anche possibile che il committente non abbia più interesse a portare avanti il lavoro e che ciò lo induca a valutare come più opportuno recedere dal
contratto.
Un'ipotesi differente è quella di cui all'art. 1660 cod. civ., norma che attribuisce ad entrambe le parti il diritto di recedere quando si palesano in corso d'opera variazioni rispetto al progetto. Se queste variazioni superano il sesto del costo complessivo dell'opera, l'appaltatore ha la possibilità di recedere dal contratto e ottenere un'indennità per il lavoro svolto fino a quel momento nota5. Il committente può invece recedere, corrispondendo un equo indennizzo, qualora le variazioni siano di notevole entità (dunque pur quando fossero di importo inferiore al sesto rispetto al costo complessivo) nota6.
Una terza ipotesi di recesso viene individuata nel caso che l'appaltatore alieni l'azienda: in applicazione del'art.2558, II comma cod.civ., il committente potrà recedere dal contratto nel quale è subentrato l'acquirente che non dia sufficiente affidamento nota7. Speciali norme sono dettate in tema di opere pubbliche, allo scopo di garantire la possibilità di conoscere le maggiorazioni di costo dei lavori, quali ad esempio la tempestiva iscrizione nel registro di contabilità delle riserve intese ad ottenere il riconoscimento dei maggiori costi di esecuzione ( Cass. Civ. Sez. I 13399/99).

Note

nota1

Questa disposizione normativa si pone come una deroga sia all'art.1373, I comma cod.civ., che impedisce il recesso in caso di inizio di esecuzione del contratto, sia del II comma, che regolamenta il caso dei contratti di durata, atteso che l'appalto è semplicemente un contratto ad esecuzione prolungata: cfr.Mangini-Bruggi, Il contratto di appalto, in Giur.sist. di dir.civ. e comm., dir. da Bigiavi, Torino, 1997, p.482.
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nota2

Il committente può recedere per qualsiasi motivo, senza necessità di fornire giustificazioni e senza alcun obbligo di preavviso (salvo diversa pattuizione delle parti), poiché le conseguenze derivanti dal recesso (normativamente disciplinate) sono tali da porre l'appaltatore al riparo da pregiudizi (Rubino, L'appalto, in Trattato di dir.civ.it., dir. da Vassalli, Torino, 1980, p.830).
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nota3

Franceschetti-De Cosmo, Dei singoli contratti, Napoli, 1998, p.324.
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nota4

Così Musolino, Il contratto di appalto, Rimini, 2000, p.360.
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nota5

Il diritto dell'appaltatore recedente ad ottenere l'indennità è rimesso all'equo apprezzamento del giudice, che può negarlo soltanto in casi estremi, quando cioè si formi la convinzione che il recesso non solo non abbia provocato danno all'appaltatore, ma gli abbia addirittura procurato un vantaggio (Rubino, L'appalto, in Trattato di dir.civ.it., dir. da Vassalli, Torino, 1980,p.463).
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nota6

Il diverso modo di esprimersi della norma, che parla di indennizzo, mentre il
comma precedente utilizza il termine indennità, viene interpretato nel senso
che l'indennizzo debba essere liquidato con maggiore ampiezza e che, perciò, debba essere commisurato non solo all'utilità dei lavori eseguiti dall'appaltatore, bensì al prezzo pattuito, tenendo anche conto delle spese
sostenute e dei danni subiti per quella parte della sua organizzazione imprenditoriale rimasta inutilizzata a causa del recesso dell'appaltante: Cass. Civ. 05 luglio 1968, n.2283 (testo in Musolino, p.365) (Così Giannatasio, L'appalto, in Trattato di dir.civ. e comm., dir. da Cicu e Messineo, Milano, 1977, p.192 e Cagnasso, Il contratto di appalto, in Trattato di dir. comm. e dir. pubbl. dell'economia, dir. da Galgano, vol.XVI, Padova, 1991, p.691).
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nota7

Rubino, cit., p.90.
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Bibliografia

  • CAGNASSO, Il contratto di appalto, Padova, Tratt.dir.civ.e dir.pubbl. econ. Galgano, XVI, 1991
  • FRANCESCHETTI-DE COSMO, I singoli contratti, Napoli, 1998
  • GIANNATTASIO, L'appalto, Milano, Tratt. dir. civ. e comm. diretto da Cicu-Messineo, vol. XXIV, t. 2, 1977
  • MANGINI-BRUGGI, Il contratto di appalto, Torino, Giur.sist.di dir.civ.e comm. Bigiavi, 1997
  • MUSOLINO, Il contratto di appalto, Rimini, 2000
  • RUBINO, L'appalto, Torino, Trattato Vassalli, 1980

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