La causa e la forma della cessione del contratto



La cessione del contratto non configura un contratto astrattamente connotato né da una causa né da una forma tipica (se non per quanto attiene alla causa residuale di cui si dirà in seguito).

La stessa locuzione adoperata dal legislatore per designare la figura, vale a dire "cessione", evoca semplicemente l'effetto generico del trasferimento, senza peraltro riferire dell'elemento causale sottostante nota1.

Vi può pertanto essere una cessione del contratto a titolo oneroso (vendita di contratto) o anche a titolo gratuito (donazione di contratto) ogniqualvolta la posizione contrattuale del cedente sia contrassegnata da un contenuto patrimonialmente utile, vantaggioso.

La cessione del contratto può così intervenire a titolo di permuta, a titolo di transazione, solvendi causa, vale a dire per effettuare un pagamento.

Diviene evidente che essa può, a buon diritto, essere qualificata come atto a causa variabile nota2.

Più frequentemente è possibile che non risulti perspicuo intendere la portata economica della cessione: si pensi al contratto di appalto che venga ceduto senza corrispettivo da un'impresa ad un'altra, perché quella cedente non è in grado di far fronte alle obbligazioni che il contratto stesso implica a carico dell'appaltatore, mentre per la cessionaria, comunque, l'assunzione dell'appalto rappresenta un affare economicamente vantaggioso. Se nell'atto di cessione (stipulato senza l'assistenza di testimoni) viene riferito il difetto di corresponsione di un prezzo per la cessione esso non si può considerare nullo alternativamente per difetto di causa o per difetto di forma.

In questo caso sia la parte cedente sia quella cessionaria considerano il subingresso della seconda e l'uscita di scena della prima il frutto di un equilibrio economico che non rende necessaria alcuna correzione dal punto di vista della previsione di un corrispettivo a favore dell'una o dell'altra parte. Non si tratterebbe certo di una donazione perché non v'è animo liberale nella parte cedente. D'altra parte non vi sarebbe neppure vendita, in quanto non viene né fissato né corrisposto un prezzo.

L'elemento causale deve in queste ipotesi essere rinvenuto autonomamente nella stessa natura della posizione oggetto del trasferimento: si tratta di una posizione composita, comprensiva cioè sia della posizione attiva sia di quella passiva nota3. In altri termini, la cessione del contratto appare connotata, in difetto di ulteriori segnali che valgano a qualificarla diversamente, come ex se dotata di una propria causa tipica, ancorchè residuale, causa che vale sempre e comunque a mantenere fermo il trasferimento della posizione contrattuale  nota4.

La cosa non è senza conseguenze anche a livello di requisiti formali: è chiaro che una cessione di contratto effettuata a titolo di donazione non potrebbe sottrarsi alla forma ad substantiam dell'atto pubblico e dell'assistenza dei testimoni (art. 782 cod.civ., art. 48, l. 16 febbraio 1913, n. 89 ), una cessione a titolo di transazione alla forma ad probationem per quest'ultima richiesta dalla legge (art. 1967 cod.civ.). Qualora il contratto fosse connotato dalla libertà della forma, altrettanto dovrebbe concludersi per la cessione del medesimo (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 12384/99 )nota5. Di particolare importanza è mettere a fuoco la possibilità che il consenso del contraente ceduto sia desunto addirittura per facta concludentia, dunque per il tramite di una manifestazione di volontà ricostruibile soltanto indirettamente (Cass. Civ. Sez. II, 3102/87 ).

Più interessante è valutare se, date le cose dette, possa desumersi una regola generale afferente al collegamento formale e, per l'effetto, sostenere che, indipendentemente dalla produzione di uno degli effetti di cui all'art. 1350 cod.civ., la cessione di un contratto per il quale la forma scritta è imposta ad substantiam debba essere assoggettato al medesimo requisito formalenota6 . Si pensi all'ipotesi del contratto preliminare di vendita immobiliare. La giurisprudenza ha dato al quesito una risposta positiva (Cass. Civ. Sez. II, 1216/93 ; Cass. Civ. Sez. II, 7752/92 ). E' di tutta evidenza come questo esito interpretativo si ponga in contrasto con un asserito principio generale, immanente nell'ordinamento, di libertà delle forme nota7 .

La variabilità della causa non potrà non importare la conseguente applicazione della normativa, specifica per ogni tipo contrattuale, in tema di capacità giuridica, di rilevanza dei vizi del volere e dei requisiti ai fini dell'annullabilità (cfr. artt. 428 , 1445   cod.civ.).

Note

nota1

Così Carresi, La cessione del contratto, Milano, 1950, p.54, per il quale "la cessione del contratto non ha una causa individuata, tipica e costante, come hanno i negozi causali veri e propri, ma assume volta a volta la causa del contratto base".
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nota2

Alpa-Fusaro, voce Cessione del contratto, in Dig. Discipline priv., 1988, p.340.
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nota3

Sottolinea la esistenza di una situazione complessa costituita da diritti ed obblighi quale oggetto del trasferimento operato dalla cessione del contratto Rubino, La compravendita, in Trattato di dir.civ. e comm., dir.da Cicu e Messineo, Milano, 1971, p.229.
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nota4

Un recente indirizzo interpretativo riconosce la causalità autonoma della cessione del contratto, individuandola ora nel trasferimento della situazione attiva e passiva globalmente considerata (Briganti, voce Cessione del contratto, in Enc.giur. Treccani, II, p.5 e Clarizia, La cessione del contratto, in Comm.cod.civ., Milano, 1991, p.50), ora nell'identificazione con gli interessi dei partecipanti all'operazione (De Nova, La cessione del contratto, in Trattato di dir. priv., dir. da Rescigno, vol.X, Torino, 1982, p.652), ma non rileva la residualità di questa causa negoziale. Detta residualità deve essere colta nel fatto che ben potrebbe la cessione comportare primariamente la corresponsione di un prezzo tra le parti o un arricchimento di una parte a fronte di un eventuale depauperamento dell'altra. Si pensi alla cessione del contratto che intervenga a titolo oneroso (sostanzialmente una vendita del contratto) o a quella che attribuisca evidenti vantaggi al cessionario pur senza comportare a carico di costui alcun esborso in favore del cedente.
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nota5

In proposito la dottrina ha sostenuto che l'art.1407 cod.civ. , al di là della rubrica, non contiene una disciplina effettiva relativamente alla forma della cessione del contratto: si è quindi ritenuto che tale carenza fosse indice di un favor del legislatore verso la libertà della forma del contratto di cessione (in questo senso Andreoli, La cessione del contratto, Padova, 1951, p.44).
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nota6

Così Lepri, La forma della cessione del contratto, Padova, 1993, p.62.
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nota7

Ravvisa questo contrasto anche Carbone, Struttura e funzione del contratto di cessione, in Il contratto in generale, t.6, in Tratt. di dir.priv., vol.XIII, Torino, 1999, p.303.
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Bibliografia

  • ALPA-FUSARO, Cessione del contratto, Dig. disc. priv., 1988
  • ANDREOLI, La cessione del contratto, Padova, 1951
  • CARBONE, Struttura e funzione del contratto di cessione, Torino, Trattato di diritto privato, XIII, 1999
  • CARRESI, La cessione del contratto, Milano, 1950
  • CLARIZIA, La cessione del contratto, Milano, Comm. Schlesinger, 1991
  • DE NOVA, La cessione del contratto, Torino, Trattato Rescigno, X, 1982
  • LEPRI, La forma della cessione del contratto, Padova, 1993

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