Interessi usurari



La nozione di interessi usurari prende le mosse dal II comma dell'art. 1815 cod.civ. , dettato in materia di mutuo. La norma stabilisce che, se gli interessi pattuiti sono usurari, la relativa clausola è nulla e gli interessi non sono conseguentemente dovuti al mutuante. Va osservato come tale valutazione possa emergere anche dalla considerazione della pattuizione degli interessi moratori: cfr. Cass. Civ., Sez. I, 350/13. Tanto più quando la misura degli stessi non già vada a sostituirsi rispetto a quelli corrispettivi, ma addirittura si sommino a questi ultimi (Tribunale di Parma, 25 luglio 2014, Cass. Civ., Sez.VI 5598/2017 Cass. Civ., Sez. VI-I, 23192/2017).
Si tratta di un'ipotesi di nullità parziale nota1, nella quale cioè all'invalidità della clausola non segue la caducazione dell'intero atto, bensì soltanto della parte viziata. La relativa questione è inoltre rilevabile d'ufficio dal giudice ai sensi dell'art. 1421 cod.civ., anche nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, decreto emesso in base alla clausola invalida a cagione della computazione usuraria degli interessi (Cass. Civ., Sez. I, 24483/13).
Anteriormente alla novella (L. 7 marzo 1996, n. 108) la giurisprudenza era ferma nel ritenere che la figura ricorresse ogniqualvolta e soltanto si potessero reputare sussistenti tutti i requisiti ai fini del perfezionamento del reato di usura (art. 644 cod.pen.). In particolare, non sarebbe stato sufficiente dar conto dell'esorbitanza della misura degli interessi, occorrendo la parallela prova degli ulteriori due elementi costituiti dallo stato di bisogno del mutuatario nonché del consapevole approfittamento di tale condizione da parte del mutuante nota2 (Tribunale di Milano, 06/04/1995 ; Cass. Civ. Sez. III, 5956/79; Cass. Civ. Sez. II, 1329/77). Come è evidente, l'accertamento di una siffatta situazione poneva aspetti di notevole complessità probatoria.
La legge 7 marzo 1996 n. 108, emanata sulla scorta della rilevanza socio-economica dal problema dell'usura, è venuta ad incidere in questa situazione rivoluzionando i criteri di accertamento della natura usuraria della pattuizione degli interessi.
In particolare, costituiscono interessi usurari quelli superiori ai tassi medi praticati da banche e intermediari finanziari, rilevati trimestralmente dal Ministro del Tesoro (l. 7 marzo 1996, n. 108), nell'ipotesi in cui risultino "sproporzionati" (espressione di natura elastica). Devono tuttavia sempre essere considerati usurari i tassi che superano del 50 % i saggi pubblicati. Successivamente (all'esito dell'entrata in vigore del d.l. 70/2011) il criterio è stato mutato: il c.d. "tasso soglia" è quello risultante dal tasso medio, incrementato del 25% sulla cui base applicare un ulteriore aumento di 4 punti.
Anche le conseguenze dell'accertamento della natura usuraria degli interessi mutano rispetto a quelle di cui al testo originario dell'art. 1815 cod.civ. : il nuovo testo del II comma della norma pur disponendo, come il precedente, nel senso della nullità della clausola, aggiunge che non sono dovuti interessi, mentre in precedenza era previsto che il saggio dovuto fosse automaticamente ridotto alla misura legale . Questa disposizione può essere interpretata come una sanzione di natura accessoria rispetto a colui che abbia pattuito interessi usurari (cfr. Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 27442/2018 secondo la quale la norma si riferisce soltanto agli interessi corrispettivi e non a quelli moratori convenzionali, con la conseguenza che, in caso di superamento del tasso soglia per questi ultimi, risulterebbero pur sempre dovuti nella misura legale).
Risultano dunque completamente rivoluzionati i criteri che integrano la fattispecie. Anteriormente alla modifica, accanto ad un elemento oggettivo, peraltro indeterminato, non essendo prefissato il tasso al di là del quale la misura dell'interesse poteva ritenersi usuraria, si ponevano i due precitati elementi soggettivi l'uno da valutarsi in capo all'usurato (stato di bisogno), l'altro in capo al soggetto attivo (approfittamento consapevole di tale condizione).
Ai sensi dell'art. 1 della Legge 7 marzo 1996, n. 108 il reato di usura si perfeziona attualmente anche soltanto in presenza di elementi oggettivi nota3(misura del tasso superiore a quello medio praticato dalle banche, incrementato della metà, dovendosi intendere nella nozione di tasso il c.d. TEGM (vale a dire il tasso effettivo globale medio comprensivo cioè di tutte le spese alle quali il mutuatario è comunque assoggettato onde accedere al credito: cfr. sul tema, in ogni caso, Appello di Torino, 27 gennaio 2014 che ha sancito l'irrilevanza delle istruzioni della Banca d'Italia; si veda anche Tribunale di Reggio Emilia, 9 luglio 2015, che ha statuito come nel computo del TAEG vadano riportati anche i costi assicurativi).
Permane l'apprezzabilità dell'elemento soggettivo consistente nella condizione del mutuatario che versi in una situazione di difficoltà economica, ma soltanto in relazione a quella che si può ritenere un'estensione della figura
nota4. Come sopra già riferito, sono infatti usurari ai sensi dell'art. 2 della legge del 1996 anche gli interessi o gli altri vantaggi o compensi che risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro, tenuto conto delle concrete modalità del fatto e del tasso medio praticato per operazioni similari ogniqualvolta il mutuatario si trovi appunto in una situazione di difficoltà economica.
La natura usuraria del tasso dovrebbe essere valutata nel momento del perfezionamento del contratto nota5, non avendo importanza le successive eventuali variazioni che fossero intervenute nella struttura di mercato dei tassi.Questo assunto è oggetto di una vivace polemica. In proposito si è posto all'attenzione degli interpreti il problema di quelle convenzioni, stipulate anteriormente alla legge del 1996, contenenti la previsione della determinazione di un tasso di interessi da considerarsi ex post "fuori legge". Secondo un orientamento si potrebbe addirittura parlare di un'ipotesi di nullità parziale sopravvenuta (Tribunale di Firenze, 10/06/1998, cfr. anche Cass. Civ. Sez. I, 14899/00) applicandosi la nuova disciplina anche alle pregresse pattuizioni. E' stata altresì prospettata, con riferimento ad interessi moratori la cui misura fosse divenuta usuraria a causa dell'entrata in vigore della nuova normativa, la sostituzione di diritto del tasso divenuto fuori legge(Cass. Civ. Sez. I, 5286/00).
A fronte di queste osservazioni, è stata, al contrario, dichiarata la inapplicabilità dei nuovi criteri ai contratti anteriormente stipulati, sulla scorta della irretroattività dell'apprezzamento dell'esistenza di elementi costitutivi della fattispecie, in base ad una norma non vigente al tempo della conclusione del contratto (Tribunale di Roma, 04/06/1998). Questo problema è stato affrontato dal d.l. 394/2000 ("Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996 n.108, recante disposizioni in materia di usura") convertito con legge 24/01 , in forza del quale è stato precisato all'art.1 "si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti... indipendentemente dal loro pagamento" nota6. In questo modo il nodo è stato risolto nel senso di ancorare la valutazione della usurarietà degli interessi al tempo della conclusione del contratto. Ciò ha portato il Tribunale di Benevento (con ordinanza 04/05/2001) a sollevare innanzi al Giudice delle Leggi questione di legittimità costituzionale della norma, sotto il profilo della presunta violazione degli artt.3, 24, 35, 41 , 47 e 77 Cost.. Il Giudice delle leggi si è successivamente pronunziato (Corte Costituzionale 29/02) dichiarando l'incostituzionalità soltanto del II e del III comma dell'art. 1 del predetto D.l. 394/00 (convertito con legge 24/01), rigettando le domande sollevate dal Tribunale di Benevento. La Consulta ha espunto dalla norma il riferimento al termine iniziale del 2 gennaio 2001 ai fini della applicazione della sostituzione della misura degli interessi relativi alle rate di rimborso dei contratti di finanziamento a tasso fisso (con ciò palesando che tale sostituzione operi anche nel tempo precedente, sia pure limitatamente ad un giorno, vale a dire quello di entrata in vigore della legge interpretativa). Analogamente ha disposto per il III comma che riferiva della misura del tasso di sostituzione (sempre in relazione alle rate con scadenza a decorrere dal 3 gennaio 2001). E' stato conseguentemente deciso che la disciplina della legge 108/96 non possa applicarsi ad un contratto di mutuo stipulato prima dell'entrata in vigore di essa (nella fattispecie ad una negoziazione conclusa nel 1979: cfr. Cass. Civ. sez. III, 4380/03).
Successivamente sono intervenute le SSUU, sancendo questa linea di pensiero, mettendo fuori gioco il concetto stesso di "usurarietà sopravvenuta" (cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, 24675/2017).
Merita comunque di essere segnalata un'ulteriore impostazione: secondo il Tribunale di Bologna (Tribunale di Bologna, 19/06/2001) infatti l'art. 1 del D.l. 394/00 non impedirebbe l'applicazione della dinamica di sostituzione legale del tasso, secondo il meccanismo già evocato dalla S.C. con la sentenza 5286/2000 . Il significato del predetto art. 1 del D.l. 394/00 sarebbe quello di escludere la rilevanza civilistica, sotto il profilo della non debenza degli interessi, delle condotte aventi rilevanza penale e concretantesi nel perfezionamento del reato di usura (cfr., in questo senso, Cass. Civ., Sez. I, 9405/2017).
E' necessario precisare che, secondo un'interpretazione minoritaria nota7, il contratto di mutuo in relazione al quale fossero stati pattuiti interessi usurari, venendo a costituire una fattispecie penalmente rilevante (art. 644 cod.pen. ) indipendentemente dalla rilevanza civilistica del fenomeno, avrebbe comunque importato la grave conseguenza della nullità (virtuale) indotta dalla violazione di norma imperativa (tale per l'appunto quella penale che vieta e punisce l'usura). Prevale l'opposto parere nota8, confortato anche dalla considerazione delle conseguenze attualmente previste dal II comma dell'art. 1815 cod.civ., vale a dire non già la spettanza degli interessi ridotti nella misura legale, bensì la "cancellazione" di ogni remunerazione del capitale. Insomma: si verifica la conversione legale del mutuo da oneroso a gratuito (cfr. Tribunale di Como, 13 luglio 2017). Si osservi per di più che la conseguenza della nullità del contratto importerebbe comunque la restituzione della somma data a mutuo, ciò che sicuramente rappresenterebbe un danno per il mutuatario.

Note

nota1

In tal senso Libertini, in Comm. cod. civ., dir. da Cendon, vol. IV, Torino, 1999, p. 1478; Giampiccolo, Comodato e mutuo, in Tratt. dir.civ.it., dir. da Grosso e Santoro Passarelli, Milano, 1972, p.92 e Mastropaolo, I contratti reali, in Tratt.dir.civ., dir. da Sacco, vol.VII, Torino, 1999, p.499, i quali rilevano che il fondamento della soluzione normativa è da ricercare nell'esigenza di tutela del mutuatario: una disciplina, diversa dalla nullità parziale, che determinasse la immediata restituzione del prestito concessogli, potrebbe indurre il mutuatario ad astenersi dal denunciare l'usura.
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nota2

Parte della dottrina accoglie questa concezione: Venditti, Della nullità della clausola contenente stipulazione di interessi usurari, in Giust. civ., 1955, p. 642 e ss.; Simonetto, I contratti di credito, Padova, 1953, p. 281; Grassani, voce Mutuo (dir.civ.), in N.Dig.it., p.1051. Contra De Cupis, in Riv.dir.civ., vol. I, 1961, p. 504; Giampiccolo, cit., p. 85.
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nota3

Analogamente Quadri, La nuova legge sull'usura ed i suoi diversi volti, in Corriere giuridico, 1996, p. 363 e ss.; Alpa, Usura: problema millenario, questioni attuali, Nuova giur.civ.comm., vol. II, 1996, p. 182.
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nota4

Franceschetti-De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1998, p. 447.
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nota5

Teti, Profili civilistici della nuova legge sull'usura, in Riv. dir. priv., 1997, p. 481.
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nota6

Ancora una volta è il caso di stigmatizzare il ricorso del legislatore al sistema di qualificare una disposizione normativa in chiave di "interpretazione autentica" allo scopo di fornire al complesso delle sue disposizioni quell'efficacia retroattiva che sarebbe negata in via giudiziale. Per questa via, come appare evidente, viene ad instaurarsi un sostanziale conflitto con gli organi giudicanti, la cui interpretazione tende, al contrario, ad affermare una regola di segno opposto. Per una vicenda analoga, si consideri il tema della fidejussione omnibus in relazione al quale la l. 154/92 ebbe a novare l'art. 1938 cod.civ..
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nota7

Teti, cit., p. 490 e ss.; Manna, La nuova legge sull'usura, Torino, 1997, p. 151.
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nota8

Così Inzitari, Il mutuo con riguardo al tasso "soglia" della disciplina antiusura, allo jus variandi e al divieto dell'anatocismo, in Mutui ipotecari. Riflessioni giuridiche e tecniche contrattuali, Milano, 1999, p.103.
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Bibliografia

  • ALPA, Usura: problema millenario, questioni attuali, Nuova giur.civ.comm., II, 1996
  • DE CUPIS, Riv.dir.civ., I, 1961
  • FRANCESCHETTI-DE COSMO, I singoli contratti, Napoli, 1998
  • GIAMPICCOLO, Comodato e mutuo, Milano, Tratt.dir.civ. Grosso Santoro Passarelli, 1972
  • GRASSANI, Mutuo (dir.civ.), N.Dig.It.
  • INZITARI, Il mutuo con riguardo al tasso "soglia"della disciplina antiusura, allo jus variandi e al divieto dell'anatocismo, Milano, Mutui ipotecari, 1999
  • LIBERTINI, Torino, Comm.cod.civ.dir. da Cendon, V, 1999
  • MANNA, La nuova legge sull'usura, Torino, 1997
  • MASTROPAOLO, I contratti reali, Torino, Tratt.dir.civ.dir.da Sacco, 1999
  • QUADRI, La nuova legge sull'usura ed i suoi diversi volti, Corr.giur., 1996
  • SIMONETTO, I contratti di credito, Padova, 1953
  • TETI, Profili civilistici della nuova legge sull'usura, Riv.dir.priv., 1997
  • VENDITTI, Della nullità della clausola contenente stipulazione di interessi usurari, Giust.civ., 1955

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