L'anatocismo



L'anatocismo, la corresponsione di interessi anatocistici, consiste nell'automatica imputazione a capitale della somma di denaro maturata in un determinato periodo sul debito in linea capitale . Ciò implica che, nel successivo periodo di computazione degli interessi questi si calcolino relativamente ad un importo capitale costituito dalla misura originaria incrementata da quella degli interessi già maturati. Come è evidente il fenomeno importa un notevole incremento del debito che si accresce al trascorrere dei periodi di maturazione degli interessi.
In linea di principio la legge (art. 1283 cod. civ. ) esclude l'anatocismo, cioè la possibilità che la somma costituita dalla capitalizzazione degli interessi scaduti produca automaticamente nuovi interessi, rendendo così più complesso il controllo sui costi complessivi dell'operazione nota1.
La norma citata prevede infatti che gli interessi scaduti possono essere capitalizzati e produrre a propria volta interessi soltanto quando questa conseguenza sia prevista dagli usi oppure si tratti di interessi già scaduti da almeno sei mesi ed intervenga una convenzione tra le parti in tal senso nota2 (Cass. Civ. Sez. I, 4920/87 ;Cass. Civ. Sez. I, 6735/88) oppure una domanda giudiziale nota3 (Cass. Civ. Sez. II, 103/86 ;Cass. Civ. Sez. I, 5781/84) rivolta ad ottenere il pagamento sia degli interessi scaduti, sia degli interessi sugli interessi dovuti. La norma è stata ritenuta applicabile alle sole obbligazioni pecuniarie (in esse compreso il debito dell'Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente: Cass. Civ. Sez. V, 7408/01), dunque ai debiti di valuta, con l'esclusione dei debiti di valore nota4 (Cass. Civ. Sez. Unite, 6476/84 ; Cass. Civ. Sez. III, 7082/94).
Giova rilevare che, nella prassi quotidiana, contrariamente alla regola legale ai sensi della quale l'anatocismo sembrerebbe l'eccezione, nei rapporti con gli istituti di credito l'anatocismo corrisponde alla regola. Secondo gli usi (normativi?) bancari infatti, nell'ambito del rapporto di conto corrente il cliente ordinariamente corrisponde interessi anatocistici sulle somme delle quali risulta debitore addirittura sulla base di una capitalizzazione che interviene trimestralmente.
Questa conseguenza viene fatta risalire alla ritenuta natura di usi normativi delle norme uniche bancarie messe a punto dall'ABI nel 1952 in tema di conto corrente per corrispondenza. Il richiamo effettuato in ciascun singolo contratto intercorrente tra l'utente e l'istituto di credito a dette prescrizioni non si porrebbe dunque in contrasto con il disposto di cui all'art. 1283 cod. civ. .
Sul punto, la cui enorme rilevanza pratica è appena il caso di sottolineare, intervenne la S.C., cambiando radicalmente la propria impostazione (Cass. Civ. Sez. I, 2374/99 ; Cass. Civ. Sez. I, 12507/99). La clausola che consente la capitalizzazione anatocistica non avrebbe potuto definirsi come corrispondente ad un uso avente carattere normativo (vale a dire la specie di uso che può valere, ai sensi dell'art. 1283 cod. civ. , a rovesciare la regola secondo la quale gli interessi sugli interessi non sono dovuti). V'è tuttavia di più: la Cassazione ebbe a reputare che la clausola di rinvio sarebbe stata inficiata da nullità ex art. 116 t.u. 385/93 (t.u. in materia bancaria e creditizia). Successivamente la S.C., pronunziatasi a Sezioni Unite, ebbe modo, riprendendo la citata pronunzia della I Sezione 2374/99, di precisare la non corrispondenza ad usi normativi (dunque l'illegittimità) della clausola anatocistica di capitalizzazione trimestrale degli interessi anche con riferimento al tempo precedente la detta pronunzia (Cass. Civ. Sez. Unite, 21095/04). Va rilevato come tale nullità sia eccepibile anche dal garante, addirittura in riferimento a contratto autonomo di garanzia (Cass. Civ., Sez. I, 371/2018).
Dal punto di vista economico questa situazione è apparsa immediatamente di eccezionale importanza. L'orientamento riferito avrebbe aperto la porta alla possibilità di proporre, da parte di chiunque avesse avuto posizioni a debito nell'ambito di contratti di conto corrente, domanda intesa alla restituzione delle somme indebitamente percepite dalla Banca a titolo di interessi composti. Per di più si mise a fuoco come, ogniqualvolta la banca avesse preteso di applicare interessi moratori sulle rate di mutuo scadute e rimaste impagate, in effetti avrebbe finito per fare ricorso all'anatocismo. Ciò dipende dal metodo di ammortizzazione della somma mutuata usualmente impiegato dagli istituti di credito. Poichè questi solitamente prevedono il rimborso del finanziamento in forza di rate composte da una quota di capitale via via crescente ed una quota di interessi correlativamente decrescenti (capitalizzazione alla "francese"), appare evidente come l'applicazione su detti ratei di ulteriori interessi (moratori) non possa non avere natura anatocistica, quantomeno in relazione alla parte di rata afferente agli interessi convenzionali (Cass. Civ. Sez. III, 2593/03). Come appare chiaro la problematica rischiava di assumere proporzioni enormi.
Per questo motivo il legislatore emanò immediatamente il D. Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, il cui art. 25 , innovando l'art. 120 del t.u. 385/93, ha previsto una nuova modalità di calcolo degli interessi maturati sugli interessi. In particolare venne delegato al CICR (Comitato interministeriale credito e risparmio) il compito di stabilire modalità e criteri per la produzione degli interessi anatocistici. Notevole fu la previsione della sanatoria delle clausole afferenti alla produzione degli interessi in esame per il tempo anteriore a quello di vigenza del provvedimento legislativo in commento. In buona sostanza la capitalizzazione pregressa rimaneva salva, essendo stata prevista l'inefficacia (che avrebbe potuto essere fatta valere soltanto dal cliente) delle clausole soltanto per l'ipotesi del mancato adeguamento alle nuove prescrizioni.
La Corte Costituzionale, investita della vicenda sub specie del vizio di eccesso di delega del III comma dell'art. 25 del D. Lgs. 4 agosto 1999, n. 342 ne ha decretato l'illegittimità costituzionale (Corte Cost., 425/00 ), venendo a determinare una situazione di estrema incertezza alla quale il legislatore ha ancora posto mano.
Sulla vexata quaestio ebbe però a ulteriormente pronunziarsi, a Sezioni Unite, la S.C., la quale da un lato sancì che il dies a quo per il calcolo del termine prescrizionale decennale, ai fini della proposizione dell'azione di ripetizione dell'indebito, decorre dalla chiusura del rapporto di conto corrente, dall'altro che, una volta dichiarata l'invalidità della previsione anatocistica (trimestrale), essa non può aver luogo neppure annualmente (Cass. Civ., Sez. Unite, 24418/10). Giova osservare che la prova del pagamento degli interessi anatocistici (o addirittura usurari) grava sul correntista, che ben può domandare alla banca gli estratti conto che li comprovano (cfr. Tribunale di Lanciano, sent. n. 271/2016).
Si aggiunga che, ai sensi dell'art. 140 del Codice del consumo è stata reputata proponibile la domanda di un'associazione di consumatori rivolta ad un istituto di credito ed intesa ad ottenere l'inibitoria (ciò che si sostanzia in un risultato pratico positivo di facere) rispetto alla richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite in base alla clausola che prevedeva la corresponsione di interessi anatocistici trimestrali (Cass. Civ., Sez. I, 10713/2016).
Successivamente venne emanata un'ulteriore norma (art. 2, comma 61 del D.L. 225/10, conv. con legge n.10/2011), inserita nel consueto "decreto milleproroghe" di fine d'anno, con la quale è stato disposto non soltanto che il termine prescrizionale in subiecta materia abbia a decorrere dal giorno dell'annotazione in conto corrente della posta passiva relativa qui in discussione (così indicando una sorta di operazione di ermeneutica coatta dell'art. 2935 cod.civ.), ma addirittura la non ripetibilità delle somme versate a tale titolo nel tempo precedente la data del 27 febbraio 2011. La Corte Costituzionale non mancò di intervenire dichiarando l'illegittimità costituzionale di siffatte prescrizioni, violatrici non soltanto del canone fondamentale della irretroattività delle norme aventi carattere interpretativo, bensì anche della fondamentale norma dell'art. 3 Cost. sia sotto il profilo della irragionevolezza, sia della difettosità di motivi imperativi di interesse generale che possano giustificare un tale profilo effettuale, anche alla luce dell'art.6 della Convenzione dei diritti dell'uomo (Corte Cost., 78/12).

Ebbene: in relazione a tale tormentato quadro è ancora una volta intervenuto il legislatore, il quale, ulteriormente novellando l'art. 120 TUB per effetto dell'art.1 comma 629 della legge 2013 n. 147, ha introdotto la seguente disposizione al II comma della precitata norma: "il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori, sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale". Cosa significa tale disposizione? Secondo l'interpretazione che pare prevalere non soltanto è vietata la capitalizzazione trimestrale degli interessi, ma addirittura quella annuale, con la conseguenza che gli interessi maturati sull'annualità pregressa devono essere distinti dal capitale, ancorchè poi vengano a confluire sulla medesima posta passiva, non potendo dunque mai generarsi interessi sugli interessi (cfr. Tribunale di Cuneo, 29 giugno 2015; cfr. anche Tribunale di Milano, 1 luglio 2015). Per effetto del DL 14 febbraio 2016, n. 18, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 8 aprile 2016, n. 49 il legislatore è nuovamente intervenuto modificando la disposizione in parola, precisandone la portata. Le lettere a) e b) del II comma sono attualmente così congegnate: "a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti; b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido: 1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1° marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; 2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l'addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l'autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l'addebito abbia avuto luogo." In data 10 settembre 2016 è stato successivamente pubblicato (GU Serie Generale n.212 del 10 settembre 2016) il decreto del Comitato interministeriale del Credito e Risparmio emanato in data 3 agosto 2016 sull'argomento. La nuova disciplina rinviene applicazione a far tempo dal giorno 1 ottobre 2016.

Note

nota1

Questa disposizione, espressione dell'antica lotta contro le "usure", vuole garantire trasparenza al rapporto obbligatorio, al fine di consentire al debitore, in qualsiasi momento, di poter calcolare l'ammontare esatto del suo debito: Quadri, Le obbligazioni pecuniarie, in Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, vol. IX, Torino, 1984, pp. 567-569; Sinesio, Interessi pecuniari fra autonomia e controlli, Milano, 1989, p. 51.
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nota2

La convenzione di anatocismo deve essere stipulata per iscritto a pena di nullità: Libertini, Interessi, in Enc. dir., pp. 136 e 137.La natura vessatoria della clausola contrattuale che la prevede potrebbe legittimare il consumatore ad un'eventuale impugnativa della stessa. E' il caso di osservare come, in materia, si dia una concorrente legittimazione in capo alle associazioni rappresentative in forza dell'art. 37 Codice del consumo. Cfr. in materia, anche se in relazione al previgente 3 della Legge 281 del 1998, quanto deciso dal Tribunale di Palermo, Sez. III, 22 giugno 2006 .
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nota3

Presupposto per l'anatocismo giudiziale è che il credito di interessi sia liquido (ciò si verifica solo se è liquida la prestazione principale): Libertini, in Comm. cod. civ., diretto da Cendon, Torino, 1999, p. 338.
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nota4

In tal senso Zaccaria, in Comm. breve al cod. civ., Padova, 1984, p. 864; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p. 579.Cfr. anche Cass. Civ. Sez.I, 1377/08, che ha deciso nel senso che sugli interessi liquidati con la pronunzia di primo grado possono essere richiesti interessi anatocistici con specifica domanda proposta in sede di gravame a condizione che si tratti di debito relativo ad interessi semplici dovuti per almeno sei mesi.
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Bibliografia

  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • LIBERTINI, Torino, Comm.cod.civ.dir. da Cendon, V, 1999
  • LIBERTINI, Interessi, Enc. dir.
  • QUADRI, Le obbligazioni pecuniarie, Torino, Trattato Rescigno, Obbliogazioni e contratti -I-, IX, 1999
  • SINESIO, Interessi pecuniari fra autonomia e controlli, Milano, 1989
  • ZACCARIA, Padova, Comm. breve cod.civ. di Cian-Trabucchi, 1984

Prassi collegate

  • Quesito n. 80-2014/C, Anatocismo e capitalizzazione degli interessi (il nuovo secondo comma dell’art. 120 tub)

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