Rilevabilità d'ufficio dell’usurarietà sopravvenuta del tasso di interesse. Conseguenze: applicazione del tasso normativamente previsto. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 9405 del 12 aprile 2017)

Qualora l’usurarietà del tasso d’interessi di un mutuo, originariamente pattuito in misura legittima, sia sopravvenuta nel corso dell’esecuzione del contratto e sia stata tempestivamente contestata - risultando applicabile, ratione temporis, la norma d’interpretazione autentica di cui all’art. 1 del d.l. n. 394/2000 (conv., con modif., dalla l. n. 24/2001) - il giudice del merito è comunque tenuto ad accertare l’usurarietà e, per la frazione temporale nella quale il superamento del tasso soglia sia effettivamente intervenuto, deve applicare il tasso previsto in via normativa, secondo la rilevazione trimestrale eseguita ai sensi dell’ art. 2 della l. n. 108/1996; non devono, però, applicarsi le sanzioni civili e penali stabilite dagli art. 644 c.p. e 1815, comma II, c.c..
Le norme che prevedono la nullità dei contratti con interessi che raggiungono la soglia dell’usura pur non essendo retroattive, comportano l’inefficacia delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore. Sul punto può intervenire d’ufficio il giudice se il rapporto non si è ancora concluso.

Commento

(di Daniele Minussi)
La fattispecie all'attenzione dei Giudici era costituita da un mutuo oneroso il cui tasso di interesse, originariamente pattuito in misura conforme alla legge, era divenuto, nel corso del tempo, non più tale. Quali le conseguenze? Non già la sanzione prevista dall'art. 1815 cod.civ., ma (all'esito dell'entrata in vigore della legge 241/2001) il meccanismo di sostituzione automatica di clausole in forza del quale al tasso eccedente la misura massima di legge si sostituisce il c.d. "tasso soglia", come determinato dalla l. 1996/108.

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