Pretermissione integrale del legittimario nella successione testamentaria e nella successione ab intestato: qualità di terzo del legittimario che agisce in riduzione. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 12221 del 30 maggio 2014)

La totale pretermissione del legittimario si può avere sia nella successione testamentaria, sia nella successione ab intestato . Il legittimario può dirsi pretermesso nella successione testamentaria quando il testatore ha disposto a titolo universale dell'intero asse a favore di altri. In tal caso, ai sensi dell'art. 457 c.c., comma II, il legittimario non è chiamato all'eredità fino a quando l'istituzione testamentaria di erede non venga ridotta nei suoi confronti. Nella successione ab intestato , la pretermissione si verifica qualora il de cuius si sia spogliato in vita dell'intero suo patrimonio con atti di donazione, sicché, stante l'assenza di beni relitti, il legittimario viene a trovarsi nella necessità di esperire l'azione di riduzione a tutela della situazione di diritto sostanziale che la legge gli riconosce. A ciò consegue che il legittimario pretermesso, sia nella successione testamentaria sia in quella ab intestato , il quale impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce in qualità di terzo e non in veste di erede, condizione che acquista, solo in conseguenza del positivo esercizio dell'azione di riduzione, e come tale non è tenuto alla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio di inventario.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia fa il punto "panoramicamente" in tema di integrale pretermissione del legittimario. Tale condizione non si riscontra infatti soltanto nella successione regolata da testamento, bensì anche nell'ipotesi in cui, per effetto degli atti di disposizione effettuati dal de cuius in vita, al tempo dell'apertura della successione più non si riscontri alcun attivo nell'asse ereditario. Si pensi all'ipotesi in cui l'ereditando abbia disposto mediante atti di vendita dissimulanti altrettante donazioni, non lasciando, al tempo della sua morte, alcun bene. In questa ipotesi, come appare evidente, l'astratta designazione che la legge compie, individuando un erede (magari per attribuirgli le passività che fossero residuate) suonerebbe come beffarda per il legittimario preterito. Costui infatti, oltre che il danno per l'evidente ragione di subentrare nel debito, dovrebbe subire anche la beffa di non poter invocare la propria estraneità all'ereditando, agendo quale terzo per provare la simulazione degli atti di vendita. Esito ermeneutico, quest'ultimo, scongiurato dalla decisione in commento, che esclude conseguentemente che chi agisce debba accettare l'eredità con beneficio di inventario ai fini della procedibilità dell'azione..

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