Mandato oneroso o contratto di prestazione d'opera? In tema di recesso la cosa cambia. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 25668 del 15 ottobre 2018)

Nel contratto di prestazione d'opera professionale (qualificabile come tale e non come mandato), il cliente può recedere ad nutum, come previsto a suo favore dall'art. 2237, co. 1 c.c., anche in presenza di un termine finale. L'apposizione del termine, infatti, non esclude automaticamente la facoltà di recesso, piuttosto valendo a garantire il cliente che il prestatore d'opera sia vincolato per un certo tempo nei suoi confronti.
La presenza di un termine elimina la facoltà di recesso solo qualora si dimostri che l'intenzione delle parti, con l'apposizione dello stesso, fosse quella di escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita.

Commento

(di Daniele Minussi)
Mentre il Giudice di prime cure aveva qualificato la fattispecie in chiave di mandato oneroso, in grado di Appello essa era stata definita come contratto di prestazione d'opera intellettuale. il tutto non senza conseguenze giuridiche quanto al punto oggetto di controversia. Infatti mentre il mandato, che ha ad oggetto il compimento di atti giuridici, rientra nella c.d. locatio operis e, nell'ipotesi di recesso prima del tempo di scadenza, sussiste l'obbligo da parte del mandante di risarcire il danno, non altrettanto si può dire nel caso del contratto d'opera. In relazione ad esso, che ha ad oggetto il compimento di un'attività di tipo intellettuale, ben può darsi recesso ad eccezione dell'ipotesi in cui tale facoltà non sia stata espressamente rinunziata ai sensi dell'art. 2237 cod.civ.. La S.C. non ha ritenuto che la indicazione di un termine finale al contratto integrasse gli estremi di siffatta rinuncia.

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