Provvedimenti giudiziali di assegnazione della casa familiare



Il diritto alla fruizione di una casa di abitazione può essere costituito anche in forza di apposito provvedimento giudiziale assunto in sede di separazione personale tra i coniugi.

Ai sensi dell'art. 155 quater cod.civ. , come introdotto dalla Legge 8 febbraio 2006, n.54 (contenente la disciplina sull'affido condiviso) il godimento della casa familiare è attribuito dal giudice tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli.
La disposizione è stata integralmente abrogata dall’art. 106, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014 ai sensi di quanto disposto dall’art. 108, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 154/2013.

Attualmente l'art. 337 sexies cod. civ., introdotto dalla predetta novella, prescrive che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli.
Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'art.2643 cod.civ..
In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.

Come appare evidente, la norma appare assai più articolata rispetto a quella precedente, anche se gran parte delle considerazioni già svolte in riferimento all'assegnazione come configurata dalla norma previgente, possono essere ritenute valide anche per la figura che emerge dalla novellazione.
In questo senso si può ripetere come non risulti ostativo all'attribuzione della casa coniugale il fatto che i figli siano divenuti maggiorenni, ogniqualvolta non siano, senza colpa, economicamente non autosufficienti (Cass. Civ. Sez. I, 1198/06). Dell'assegnazione viene tenuto conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. In ogni caso lo scopo del provvedimento è quello di proteggere gli interessi della prole al mantenimento dell'ambiente domestico, esclusa ogni finalità di sovvenzione economica al coniuge più debole (Cass. Civ. Sez. I, 3934/08; Cass. Civ. Sez. I, 2338/06). Occorre osservare come la tutela in cui si sostanzia l'assegnazione della casa familiare fosse stata accordata (anche prima dell'entrata in vigore della Legge del 2006) anche a protezione della prole naturale. Il Giudice delle leggi infatti si è espresso riconoscendo, pur in difetto di esplicita norma, tale diritto in capo al genitore affidatario a seguito della cessazione della convivenza di fatto con l'altro genitore (Corte Cost., 394/05). La protezione accordata dalla norma in esame è così forte da sovrapporsi addirittura al diritto di terzi (per un'applicazione che addirittura prescinde dal rapporto di coniugio, imperniandosi sulla protezione del rapporto di mera convivenza more uxorio, si veda Cass. Civ., Sez. I, 17971/2015).
E' il caso di osservare come spesso i genitori di uno degli sposi abbiano a concedere in comodato l'appartamento che viene adibito a casa coniugale. In tale ipotesi l'assegnazione può venire effettuata senza che i comodanti abbiano la possibilità di esercitare il diritto di recesso (Cass.Civ. Sez.Unite, 13603/04; cfr. la successiva Cass. Civ., Sez. Unite, sent. n. 20448/2014 che ha puntualizzato i criteri alla cui stregua valutare le esigenze del comodante a porre termine al rapporto ai sensi dell'art. 1809 cod.civ.). Tale ratio non ricorre tuttavia qualora l'assegnazione dell'immobile sia avvenuta in via d'urgenza una volta che avesse già avuto luogo la separazione di fatto (Cass. Civ., Sez. I, 16141/13). Neppure si può dire ricorra l'intento da parte del comodante di destinare l'immobile a casa coniugale quando il bene sia stato concesso ben prima delle nozze al solo figlio (Appello di L’Aquila, 16 ottobre 2013).

La stabilità di questo diritto è subordinata all'effettiva permanenza nella casa dell'assegnatario. Prosegue infatti la norma in commento, disponendo che esso venga meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. L'ultimo comma dell'art.155 quater cod.civ. prevedeva che, nell'ipotesi in cui uno dei coniugi cambiasse la residenza o il domicilio, l'altro coniuge potesse chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell'affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.
Giova poi far presente come fosse stata rimessa al Giudice delle leggi la questione della legittimità costituzionale della norma pregressa, nella parte in cui importa la revoca del diritto di godimento della casa familiare nell'ipotesi di nuove nozze del coniuge divorziato affidatario di prole minorenne o comunque convivente con figli maggiorenni non autosufficienti (Tribunale di Firenze, 13 dicembre 2006 ). La Corte Costituzionale, sul punto, aveva tuttavia rigettato la relativa questione, rilevando come la normativa in materia dovesse essere interpretata, a protezione della prole, nel senso dell'indispensabilità in ogni caso di un provvedimento giudiziale ai fini della cessazione del diritto de quo, escluso dunque ogni automatismo de jure (Corte Cost., 308/08 ).

Notevole era inoltre l'espressa previsione della sottoposizione del provvedimento giudiziale di assegnazione e di revoca della stessa alla formalità della trascrizione. In un senso non del tutto perspicuo, tale trascrivibilità era abbinata alla previsione dell'opponibilità ai terzi ai sensi dell'art. 2643 cod.civ. (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 15367/2015). Come è stato osservato, la norma da ultimo citata si limita a disporre un elenco di atti da trascrivere, senza stabilire l'efficacia dell'esecuzione della relativa formalità nota1. Gli effetti primari della trascrizione sono infatti contemplati dall' art.2644 cod.civ.. La portata della norma in commento era tale da mutare radicalmente il quadro che si ricavava dal previgente art. 155 cod.civ. . Dubbi infatti erano stati espressi circa la consistenza della situazione soggettiva scaturente dalla norma in riferimento al diritto di abitazione conseguente all'assegnazione giudiziale al coniuge assegnatario della prole. La giurisprudenza sembrava orientata nel senso della qualificazione di esso in chiave di diritto personale di godimento, ancorchè atipico (Cass. Civ. Sez. I, 4420/88 ), non riconducibile al diritto reale di abitazione (Cass. Civ. Sez.II, 18883/05 ). V'è comunque da rilevare come la Corte Costituzionale, con sentenza 454/89 , avesse dichiarato l'illegittimità costituzionale della detta norma, nella parte in cui non prevedeva, ai fini dell'opponibilità ai terzi, la trascrizione del provvedimento giudiziale dell'assegnazione della casa coniugale. Notevole è , invece, che non sia prevista dalla legge la trascrizione della domanda giudiziale di assegnazione. La questione dell'eventuale illegittimità costituzionale degli artt. 2652 e 2653 cod.civ. nella parte in cui non prevedono la detta formalità è stata dichiarata inammissibile dal Giudice delle Leggi (cfr. Corte Cost., 142/07).

Efficacia dirimente ai fini dell'opponibilità conseguente all'esecuzione della trascrizione, è stata successivamente contemplata dall'art. 6, VI comma , Legge 898/70 come modificato dall'art. 11 della Legge 74/87. La situazione era, al riguardo, mutata in esito alla novellazione di cui alla Legge 54/2006 (il cui art.4 , cosa assolutamente rilevante, aveva avuto l'effetto di estendere la portata delle disposizioni in commento anche alla fase dello scioglimento degli effetti civili del matrimonio). Se infatti il provvedimento non trascritto poteva essere reputato opponibile ai terzi, sia pure nei più modesti limiti di cui all'art.1599 cod.civ., dopo la novellazione più non poteva essere invocata l'efficacia di tale norma. Conseguentemente la risoluzione dei conflitti tra coniuge assegnatario del godimento del bene e terzo avente causa dal proprietario dello stesso doveva essere risolto sempre e solamente in base al criterio dirimente di cui all'art.2644 cod.civ. fondato sulla priorità della trascrizione (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 7776/2016 in tema di prevalenza dei diritti del creditore ipotecario che vanti iscrizione antecedente la trascrizione del provvedimento di assegnazione; cfr. anche Cass. Civ., Sez. III, 9990/2019). A conferma di tale esito interpretativo è possibile considerare anche gli effetti dell'eventuale azione revocatoria ordinaria (art.2901 cod.civ.) promossa dal coniuge assegnatario avverso l'atto di disposizione posto in essere dal coniuge proprietario dell'immobile che ne avesse disposto in forza di atto trascritto anteriormente al titolo giudiziale costitutivo del diritto qui in esame. E' stato infatti deciso nel senso dell'inutilità dell'esperimento del detto rimedio (il quale, come tale, è inteso unicamente a far dichiarare l'inefficacia dell'atto di disposizione ai limitati fini di ricostituire la garanzia generica del credito costituita dall'integrità del patrimonio del debitore disponente) da parte del coniuge assegnatario il cui titolo sia stato trascritto successivamente all'atto di acquisto dell'avente causa dal coniuge proprietario dell'immobile (Cass. Civ. Sez. II, 11830/07).

In definitiva ancor più perplessa rispetto al passato si palesava la natura del diritto di assegnazione in godimento in parola, la cui connotazione quale diritto reale segna un punto a favore con riferimento alla disciplina della pubblicità del titolo costitutivo.

L'introduzione del nuovo art. 337 sexies cod.civ. pare ricalcare lo schema della previgente normativa. E' stato infatti sancito espressamente che il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643 cod.civ.. Quanto alla consistenza del diritto soggettivo di abitazione, la giurisprudenza ha avuto modo di reiterare la valutazione in chiave di "atipico diritto personale di godimento" (cfr. Cass. Civ., Sez.II, 17843/2016).
Certamente un diritto atipico, se è vero che secondo la citata pronunzia, di esso non si dovrebbe tener conto a livello di valorizzazione del bene immobile nel giudizio divisionale tra coniugi nel corso del quale la casa familiare fosse stata assegnata al coniuge attributario del diritto. La decisione viene a ribaltare l'esito interpretativo contrario, sostenuto appena poco tempo prima dalla stessa S.C. (cfr. Cass. Civ., Sez.II, 8202/2016). La non assimilabilità ad un mero diritto personale di godimento risulta altresì dalla sua prevalenza in relazione all'alienazione effettuata dal titolare della piena proprietà, successivamente venuto meno (Cass. Civ., Sez. I, 772/2018).

Giova infine precisare come il coniuge assegnatario non possa essere considerato in conseguenza del provvedimento giudiziale quale possessore del bene, bensì mero detentore, ancorchè qualificato. Non potrebbe dunque costui invocare, ricorrendone gli ulteriori presupposti, l'usucapione del bene immobile (Cass. Civ. Sez. II, ord. 18028/2023).

Note

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Zaccaria, La nuova disciplina in materia di pubblicità del provvedimento di assegnazione della casa familiare, in Studium luris, n.3,2006, pp.255 e ss.
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Bibliografia

  • ZACCARIA, La nuova disciplina in materia di pubblicità del provvedimento di assegnazione della casa familiare, Studium Iuris, n. 3, 2006

Prassi collegate

  • Quesito n. 348-2014/T, Rinuncia del coniuge assegnatario a diritto di abitazione ex art. 155-quater cc
  • Brevi notazioni sulla recente legge in tema di affidamento condiviso

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