Diritto di godimento della casa familiare ex art. 337 sexies cod.civ.. Nel giudizio di divisione va tenuto conto del minor valore del bene. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 8202 del 22 aprile 2016)

L’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l’immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo (opponibile anche ai terzi per nove anni, e, in caso di trascrizione, senza limite di tempo ) che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l’altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane astretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non sia eventualmente modificato, sicché nel giudizio di divisione se ne deve tenere conto indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all’uno o all’altro coniuge ovvero venduto a terzi. Di conseguenza, è dunque giuridicamente corretto, in sede di divisione, tenere conto di tale decurtazione indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all’uno o all’altro coniuge (o posto in vendita, nel caso di non frazionabilità in natura del patrimonio comune).

Commento

(di Daniele Minussi)
I coniugi pervengono alla divisione dell'immobile precedentemente da loro acquistato in comune. Occorre o meno tener conto del peso economico consistente nell'assegnazione di esso ad uno di loro? La Corte da risposta affermativa al quesito: indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all'uno o all'altro coniuge ovvero posto in vendita, bisogna tenere presente la diminuzione di valore del bene (anche se viene chiaramente riferito come la misura di tale riduzione sia una questione di merito, come tale estranea al giudizio di Cassazione). Le conseguenze sono importanti: se infatti la casa valesse 100 e il diritto di abitazione 20, in divisione cadrebbe soltanto 80, da ripartire in via paritetica tra i coniugi.

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