La compravendita effettuata in funzione di garanzia reale



L'ipotesi più cospicua tra le fattispecie contrattuali tipiche qualificate da un pratico utilizzo in funzione di garanzia del credito è sicuramente la vendita, con particolare riferimento a quella avente ad oggetto beni immobili.

Si ipotizzi che Primo richieda a Secondo un prestito per sovvenire ad urgenti esigenze economiche e che quest'ultimo intenda garantire il proprio credito. Lo strumento appropriato consiste nella costituzione di un'ipoteca volontaria. Qualora Primo risultasse inadempiente rispetto all'obbligo di restituzione della somma al termine convenuto, Secondo potrebbe agire esecutivamente sull'immobile, soddisfacendosi sul ricavato all'esito del procedimento esecutivo (nel corso del quale altri creditori potrebbero intervenire, facendo eventualmente valere ulteriori cause legittime di prelazione). Se le parti vogliono andare per le spicce e, in particolare, Secondo non si fida di Primo, temendo l'esistenza di creditori privilegiati, esse possono subire la tentazione di utilizzare lo schema della vendita piegandolo alla finalità di garanzia. Primo trasferisce a Secondo l'immobile di sua proprietà con patto di riscatto, con un patto di retrovendita, inserendo nel contratto una clausola condizionale che deduce variamente l'evento della restituzione della somma mutuata o della mancata restituzione di essa (ovviamente dedotta quale mero rimborso del prezzo).

E' evidente la potenziale contrarietà di siffatte convenzioni rispetto al divieto di cui all'art. 2744 cod.civ.. Detta norma prevede, in particolare, la nullità del patto (commissorio) con il quale le parti si accordano che, in difetto del pagamento del debito nel termine fissato, la proprietà del bene sul quale cade la garanzia reale viene trasferita al creditore. Ciò anche quando il patto sia successivo alla costituzione di detta garanzia. Non altrettanto è a dirsi, invece, quando il trasferimento sia utilizzato per ripianare, in tutto o in parte, un debito scaduto (Cass. Civ., Sez. II, 1075/2016).
La regola si propone da un lato di evitare che il debitore possa essere indotto alla conclusione di una alienazione a condizioni estremamente gravatorie per il bisogno di liquidità, dall'altro che gli altri eventuali suoi creditori siano pregiudicati per il fatto della sottrazione di un bene appartenente al loro debitore alla massa attiva, ed ancor di più alla procedura esecutiva prevista dalla legge nota1.

Vietato è anche il cd. patto commissorio obbligatorio, vale a dire la promessa di vendita della cosa data in garanzia, sotto condizione della mancata restituzione della somma mutuata nota2, come anche l'atto che prevedesse un siffatto effetto come conseguenza della proroga di un credito già scaduto ed originariamente sprovvisto di una garanzia (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 20420/2020).

La giurisprudenza considerava in modo non omogeneo la legittimità delle convenzioni citate. A questo proposito era solita un tempo la distinzione tra vendita con patto di riscatto immediatamente produttiva di effetti traslativi (ancorchè stipulata per scopo di garanzia) e vendita improduttiva di un'efficacia vera e reale, nella quale il momento dell'efficacia coincideva con quello dell'inadempimento del debitore rispetto all'obbligo di restituzione della somma mutuatagli. La prima pattuizione era ritenuta legittima e non contrastante con il divieto del patto commissorio, in quanto corrispondente in tutto e per tutto allo schema tipico della vendita con patto di riscatto o con patto di retrovendita ( Cass. Civ. Sez. II 7385/86). Nella fattispecie l'alienazione produce effetti immediati: la proprietà passa subito all'acquirente (mutuante) e, nell'ipotesi in cui, nel momento stabilito per l'esercizio del diritto di riscatto, l'alienante-debitore non fosse in grado di restituire il prezzo all'acquirente-creditore, si verificherebbe il definitivo consolidamento del diritto in capo al secondo, nel senso che il primo perde la possibilità di riacquisire la proprietà del bene.

La contrarietà della convenzione alla norma imperativa di cui all'art. 2744 cod.civ. sarebbe stata ravvisabile soltanto nell'ipotesi in cui la vendita non fosse produttiva di immediata efficacia nota3, rimanendo il debitore nella disponibilità del bene e gli effetti traslativi si fossero manifestati soltanto in esito all'inadempimento dell'alienante rispetto all'obbligazione di restituzione della somma mutuata. L'evento inadempimento avrebbe cioè determinato il passaggio della proprietà del bene, analogamente al meccanismo proprio del patto commissorio, funzionando da condizione sospensiva rispetto all'effetto traslativo della vendita.

Secondo questa opinione, in definitiva, in tutti i casi in cui la vendita avesse prodotto effetti veri e reali (vale a dire produttiva dell'effetto traslativo immediato della proprietá che è proprio dell'atto di alienazione) non sarebbe risultata nulla per contrarietá al disposto di cui all'art. 2744 cod.civ. a motivo della differenza del meccanismo giuridico di attribuzione della proprietà.

La causa (in concreto) di garanzia, che pure poteva accomunare le ipotesi, non era ritenuta sufficiente per poter incidere negativamente sull'atto di disposizione.

Tale orientamento della giurisprudenza corrisponde alla linea di pensiero prevalente fino alla pronunzia delle Sezioni Unite della Cassazione intervenuta nel 1989 (Cass. Civ. Sez. Unite, 1611/89).

La S.C., intervenendo sulla questione, venne a porre un differente principio, imperniato sull'indifferenza del meccanismo giuridico per il cui tramite si realizza l'acquisto definitivo della proprietà in capo al creditore acquirente. Quello che conta è unicamente la considerazione del comune intento delle parti di costituire una garanzia. Sia nel caso in cui la vendita produca effetti traslativi immediati (funzionando l'inadempimento come condizione risolutiva rispetto alla possibilità da parte del debitore di divenire nuovamente proprietario del bene), sia nell'ipotesi in cui la vendita risulti produttiva di efficacia reale soltanto in esito all'inadempimento del debitore alienante (funzionando detto inadempimento come condizione sospensiva rispetto all'effetto del trasferimento della proprietà del bene in capo all'acquirente) quello che conta è unicamente l'intento dei contraenti di porre in essere un atto che costituisce un mero simulacro di vendita, costituendo in realtà una convenzione intesa a dar vita ad una garanzia reale atipica.
Non importa, in altri termini, il fatto che la vendita produca effetti immediati ovvero che tali effetti siano procrastinati con riferimento all'evento dell'inadempimento. Ciò che vale è che all'inadempimento del debitore sia connessa in funzione di garanzia la vendita effettuata nota4.

E' evidente che, seguendo questa impostazione concettuale, si è finiti per compiere un sindacato della rispondenza della causa in concreto rispetto alla causa in astratto del contratto utilizzato dalle parti. Rinvenendo una divergenza tra i due momenti oggetto di verifica, reputata altresì la contrarietà della causa in concreto rispetto alla norma di cui all'art. 2744 cod.civ., si impone la conseguente declaratoria della nullità dell'accordo nota5.

In seguito la giurisprudenza non ha più abbandonato questo indirizzo, che si iscrive in quello più vasto inteso a consentire la verifica della causa in concreto, soggettiva, pur quando il contratto corrisponda ad un negozio tipico (Cass.Civ. Sez. II 10648/94; Cass. Civ. Sez. II 1657/96; Cass. Civ., Sez. VI, 20956/11 Cass. Civ., Sez. II, 1675/12; Cass. Civ., Sez. II, 10986/13; Cass. Civ., Sez. I, 8957/2014; Cass. Civ., Sez. II, 23670/2015; Cass. Civ. Sez. II, 41124/2021) e sia previsto il trasferimento effettivo del bene (Cass. Civ. Sez. II, 19288/09). Ci si è spinti fino a reputare, sia pure sulla scorta della frode alla legge di una pluralità di atti tra loro collegati (art. 1344 cod.civ.), non indispensabile neppure la coincidenza tra parte acquirente e soggetto creditore (Cass. Civ., Sez.II, 5426/10) in relazione ad un'ipotesi in cui la società acquirente era partecipata in via esclusiva da soggetti prossimi congiunti del creditore). Il principio è stato successivamente ribadito sia in riferimento al profilo soggettivo, sia a quello effettuale, irrilevanti quando la causa in concreto sia volta a perseguire la finalità vietata (Cass. Civ. Sez. II, 27362/2021).
Neppure gioverebbe aver configurato la fattispecie in chiave di mero patto marciano (ordinariamente considerato legittimo) quando, per la vaghezza delle previsioni dello stesso, non fosse idoneo a garantire il conseguimento al debitore del supero tra l'importo del debito e valore del bene (Cass. Civ. Sez. III, 844/2020).

Note

nota1

Circa la ratio del divieto normativo si devono segnalare diversi orientamenti dottrinali. Da un lato vi è chi la imputerebbe alla necessità di tutela del debitore (Martorano, Cauzione e pegno irregolare, in Riv. dir. comm., I, 1960, p. 115; Rubino, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm. già diretto da Cicu-Messineo e continuato da Mengoni, vol. XVI, Milano, 1971, p.1027), dall'altro alla tuteladella par condicio creditorum (Andrioli, Divieto del patto commissorio, in Comm.cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, Bologna Roma, 1955, p.53; Barbiera, Garanzia del credito e autonomia privata, Napoli, 1971, p.259). In considerazione delle particolari gravità della sanzione conseguente alla violazione della norma (nullità radicale del patto) si è altresì ritenuto che l'art.2744 cod. civ. esprime un principio inderogabile di ordine pubblico (Bianca, voce Patto commissorio, in N.mo Dig.it., p.717; Carnevali, voce Patto commissorio, in Enc.dir., p.499).
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nota2

Bianca, Il divieto del patto commissorio, Milano, 1957, p.117 e Stolfi, Promessa di vendita e patto commissorio, in Foro pad., 1957, vol.I, p.767; Triola, Il problema della liceità del c.d.patto commissorio obbligatorio, in Giur. agraria it.. vol. II, 1989, p.89.
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nota3

Così anche parte della dottrina: Rubino, op.cit., p.1025, Greco- Cottino, Della vendita, in Comm. al cod.civ. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1981, p.331 e Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. Cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, Torino, 1980, p.123.
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nota4

In questo senso si è schierata anche la dottrina più recente: cfr. Scalfi, voce Negozio giuridico, V, in Enc.giur.Treccani, p.6.
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nota5

Morello, Frode alla legge, in Dig.disc.priv., Torino, 1992, p.514.
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Bibliografia

  • ANDRIOLI, Divieto del patto commissorio, tutela dei diritti (Artt. 2740-2899), Bologna-Roma, Comm.cod.civ.a cura di Scialoja Branca, 1955
  • BARBIERA, Garanzia del credito e autonomia privata, Napoli, 1971
  • BIANCA, Il divieto del patto commissorio, Milano, 1957
  • BIANCA, voce Patto commissorio, N.mo Dig.it.
  • CARNEVALI, Patto commissorio, Enc.dir.
  • GRECO, COTTINO, Della vendita (Artt.1470-1547), Bologna-Roma, Comm. cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, 1981
  • MARTORANO, Cauzione e pegno irregolare, Riv.dir.comm., I, 1960
  • MIRABELLI, Dei singoli contratti, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1968
  • MORELLO, Frode alla legge, Torino, Dig.disc.priv.
  • RUBINO, La compravendita, Milano, 1962
  • SCALFI, Negozio giuridico, Enc. Treccani
  • STOLFI, Promessa di vendita e patto commissorio, Foro pad., I, 1957
  • TRIOLA, Il problema della liceità del c.d. patto commissorio obbligatorio, Giur.agraria it., II, 1989

Prassi collegate

  • Studio n. 157-2017/T, Trasferimenti immobiliari a scopo di garanzia nelle recenti riforme del credito bancario: inferenze fiscali

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