Facoltà di uso della cosa comune



Ogni partecipante alla comunione può servirsi del bene comune in relazione ai poteri che scaturiscono dalla specie del diritto che cade in comunione (come comproprietario, come coenfiteuta, cousufruttuario, cousuario ecc.).
Ciò a condizione che egli non alteri la destinazione della cosa e non impedisca agli altri contitolari analoga fruizione in rapporto al diritto spettante a ciascuno. E' possibile anche un utilizzo inconsueto del bene comune, comunque sempre tale da non rendere agli altri contitolari impraticabile una pari fruizione (Appello di Roma, 21/11/2012). E' altresì possibile la modifica del bene comune, quando non venga alterata l'entità materiale di esso ovvero la trasformazione della sua destinazione (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 945/13 che individua la distinzione tra uso più intenso del bene comune ed innovazione).

Queste regole, poste dall'art. 1102 cod.civ. , meritano una particolare attenzione: che cosa significa, in particolare, che ogni contitolare può servirsi della cosa senza pregiudizio del pari potere degli altri in accordanza al diritto di ciascuno?

L'espressione è anzitutto significativa del fatto che non vi è una relazione definita tra quota intesa come espressione percentuale della partecipazione di un soggetto alla comunione e utilizzo della cosa nota1.

Se Tizio, Caio e Sempronio sono contitolari il primo per un nono il secondo ed il terzo per quattro noni ciascuno di una striscia di terreno adibita a passaggio comune, funzionale al raggiungimento di tre lotti di terreno ciascuno di proprietà esclusiva dei tre, questo non significa che Tizio ha la possibilità di transitare per un numero di quattro volte inferiore agli altri due contitolari.

Si tratta di mettere a fuoco il meccanismo della attribuzione integrale delle facoltà in cui si estrinseca il diritto in comune nel suo conciliarsi con la non esclusività della fruizione: a ben vedere ciò evoca propriamente l'essenza della concezione della comunione quale proprietà plurima parziaria.

L'esempio fatto serve a chiarire il concetto: anche Tizio, che pure è titolare per un solo nono della proprietà della striscia di terreno, può fruire pienamente dell'utilità che esso è idoneo a fornire (ecco perchè si parla di attribuzione integrale delle facoltà). In questo senso Tizio può fare transito tutte le volte che desidera esattamente come Caio e Sempronio. Il transito consiste e si esaurisce in un'attività temporanea che non esclude l'analoga contemporanea condotta degli altri contitolari. Il limite che ciascuno dei partecipanti alla comunione rinviene nell'utilizzo della cosa è unicamente quello di non impedire l'analoga fruizione da parte degli altri contitolari (ciò spiega invece il riferimento alla non esclusività). Tizio (ma questo può essere detto anche per Caio e Sempronio) non può sostare nella striscia di terreno bloccando il passaggio (Cass. Civ., Sez. II, 27940/13; Cass. Civ. Sez. II, 1499/98; Cass. Civ. Sez. II, 4566/90). Diversamente dovrebbe dirsi per il caso in cui il parcheggio potesse essere praticato senza che ciò impedisse il pari utilizzo da parte degli altri contitolari (Cass. Civ. Sez. II, 11433/93; Cass. Civ. Sez. II, 11268/98) nota2. Quando l'uso frazionato della cosa comune impedisce il pari utilizzo, si sostanzia in un'appropriazione (cfr. in riferimento alla copertura del tetto: Cass. Civ. Sez. II, 2126/2021; Cass. Civ. Sez. II, ord. 41490/2021). Per essere legittima essa deve essere consentita da tutti gli altri condomini. Tale consenso, se si tratta di beni immobili, deve a pena di nullità risultare per iscritto (Cass. Civ., Sez. II, 14694/2015). Il tema è particolarmente delicato in riferimento ai c.d. "diritti di uso perpetuo e trasmissibile" relativi a porzioni di enti comuni condominiali assegnati quali pertinenze ad unità immobiliari acquistate da singoli condomini. Si pensi a porzioni di giardino antistanti singole unità immobiliari poste a piano terra, oppure a porzioni di cortile adibite a parcheggio quando non siano state oggetto di frazionamento ed attribuzione in proprietà esclusiva, facendo parte di enti comuni condominiali.
Questi diritti, come ha avuto modo di stabilire la S.C. a Sezioni Unite, non possono essere ritenuti avere natura reale, potendo, al più, essere qualificabili come situazioni soggettive aventi natura obbligatoria (Cass. Civ. Sez. Unite, 28972/2020). In ogni caso possono vigere ulteriori limitazioni, quali risultanti anche da delibere dell'assemblea condominiale che subordino specifiche modalità di fruizione del bene comune a precisi presupposti di fatto o di diritto (cfr. Cass. Civ. Sez. II, ord. 19044/2021). Cosa riferire dell'unità immobiliare appartenente in comunione pro quota a tutti i condomini e destinata a portineria? Secondo la S.C. tale limitazione della fruizione del bene si giustificherebbe alla stregua della regola di cui all'art.1379 cod.civ. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 26980 del 17 settembre 2022).

La limitazione afferente al pari uso della cosa rinviene invece un rilievo specifico (ed allora può essere importante il riferimento all'entità della quota del diritto spettante a ciascuno) nell'ipotesi in cui la cosa stessa non sia suscettibile di una utilizzazione parallela da parte di ciascuno dei contitolari. Si pensi alla comproprietà di un miniappartamento in una località di mare: è evidente che se Tizio, Caio e Sempronio ne sono contitolari nella riferita misura di un nono il primo e quattro noni gli altri due, occorrerà in concreto predisporre un regolamento di utilizzo turnario nota3 con l'assegnazione di distinti periodi durante i quali ciascuno possa soggiornarvi nota4. Non è infatti ipotizzabile una fruizione contemporanea del bene da parte di tutti i contitolari (Cass. Civ. Sez. II, 13036/91 ). Per sindacare se l'utilizzo più intenso del bene comune da parte del contitolare debba reputarsi ammissibile occorre valutare anche la potenziale fruizione dello stesso da parte degli altri: ciò che conta è che tale utilizzo sia consonante rispetto alla destinazione originaria del bene e che non si sostanzi in una servitù (Cass. Civ. Sez. II, 25502/08). Peraltro la nozione di "pari uso" deve essere rettamente intesa, dovendo la fruizione paritetica della cosa essere ragguagliata alla previsione della presumibile e concreta utilizzazione della cosa comune da parte degli altri condomini (Cass. Civ., Sez.II, 21256/09). Talvolta non è agevole stabilire se l'utilizzo più intenso comporti una violazione delle regole poste dalla norma di cui all'art. 1102 cod.civ.: si pensi alla realizzazione di un terrazzo "a tasca" ricavato nel tetto (Cass. Civ., Sez. VI-II, ord. n. 36389 del 13 dicembre 2022).

L'ulteriore regola prevista dall'art. 1102 cod.civ. attiene al divieto di modificare la destinazione della cosa.

Se il diritto ricadente nella comunione è la proprietà, ai sensi dell'art. 1108 cod.civ. vi è la possibilità che la destinazione del bene, inalterabile da parte dei singoli partecipanti, possa essere modificata con deliberazione della maggioranza (Cass. Civ. Sez. II, 5002/78 ). Qualora invece si trattasse del diritto di usufrutto i partecipanti non potrebbero alterare la destinazione del bene nè singolarmente nè nella loro totalità perchè un siffatto potere esula dallo schema del diritto di usufrutto.

Il singolo compartecipe rinviene una proibizione di apportare modificazioni alla cosa soltanto quando ciò importi una modificazione della destinazione o della fruibilità di essa secondo il diritto di ciascun contitolare nota5.

Così ad esempio non può essere consentita la sottrazione stabile e permanente ancorchè parziale, di una porzione degli enti comuni da parte di un contitolare (Cass. Civ. Sez. II, 4449/84 ; Cass. Civ. Sez. II, 1911/87 ).

Nei limiti dei poteri assicurati dal diritto che cade in comunione, ogni partecipante può viceversa modificare la cosa, per esempio allo scopo di migliorarne il godimento apportando, a proprie spese, le necessarie modificazioni (Cass. Civ. Sez. II, 6608/82; Cass. Civ. Sez. II, 5000/93). Dato il modo di disporre dell'art. 1102 cod.civ. non è ammissibile, neppure nella eventuale minor misura consistente nell'incremento di valore della cosa, il recupero parziale delle spese sostenute in forza dell'azione generale di arricchimento nota6.

Le modifiche devono ritenersi consentite anche quando non siano migliorative: non devono tuttavia alterare nè la funzione nè l'estetica del bene. Quando non vi siano, ad esempio, opere esterne che alterino la facciata dello stabile, va esclusa la lesione al decoro architettonico dello stabile nell'ipotesi di trasformazione della soffitta in appartamento effettuata da uno dei condomini (Cass. Civ., Sez. VI, 1326/12). Al contrario, a fronte di specifica clausola del regolamento condominiale, è stato reputato lesivo del decoro architettonico e della estetica della facciata del condominio la conversione dei negozi a piano terra in autorimesse dotate di porte basculanti (Cass. Civ. Sez. VI-II, ord. 11502/2022).

Note

nota1

V. Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.463.
top1

nota2

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.575.
top2

nota3

Cfr. Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1979, p.316; Dossetto, Comunione (dir. civ.), in N.mo Dig. it., p.867; Guarino, Comunione (dir. civ.), in Enc. dir., p.258.
top3

nota4

Resta escluso che con tale regolamento si possa incidere sulla titolarità di ciascun partecipante alla comunione. E' possibile che si disponga unicamente in ordine al godimento della cosa.Si veda Branca, La comunione, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja- Branca, Bologna-Roma, 1982, p.69.
top4

nota5

V. Barassi, Proprietà e comproprietà, Milano, 1951, pp.711 e ss..
top5

nota6

Così, tra gli altri, Lener, La comunione, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p.308; Bianca, op.cit., p.464.
top6

Bibliografia

  • BARASSI, Proprietà e comproprietà, Milano, 1951
  • BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
  • BRANCA, La comunione, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja e Branca, 1982
  • DOSSETTO, Comunione, Padova, N.mo Dig. it., III, 1959
  • GUARINO, Comunione, Milano, Enc. dir, VIII, 1961
  • LENER, La comunione, Torino, Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, vol. 8, t. II, 1982

News collegate

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Facoltà di uso della cosa comune"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti