Conservazione del decoro architettonico, utilizzo delle cose comuni e limitazioni contenute nel regolamento condominiale. (Cass. Civ., Sez. VI-II, ord. n. 11502 dell'8 aprile 2022)

Si riconosce all'autonomia privata la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell'interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà. Inoltre, il regolamento può validamente derogare alle disposizioni dell'art. 1102 cod.civ., giungendo al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio.
Le modificazioni apportate da uno dei condomini, in violazione del divieto previsto dal regolamento di condominio, connotano tali opere come abusive e pregiudizievoli e configurano l'interesse degli altri partecipanti al condomino ad agire a tutela della cosa comune.
La nozione di decoro architettonico, contemplata dall'art. 1120 cod.civ., comma 4, dall'art. 1122 cod.civ., comma 1, e dall'art. 1122-bis cod.civ., e sottesa, anche ai limiti di uso della cosa comune ex art. 1102 cod.civ., attiene a tutto ciò che si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, cioè alla sua particolare struttura e fisionomia estetica ed armonica, che contribuisce a dare ad esso una sua specifica identità. Ai fini della tutela del decoro architettonico dell'edificio condominiale, non occorre che il fabbricato abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale fisionomia sia stata già gravemente ed evidentemente compromessa da precedenti interventi sull'immobile.

Commento

(di Daniele Minussi)
Con la pronunzia in commento la S.C. ha confermato la decisione impugnata con la quale non soltanto era stato deciso, a fronte di una clausola del regolamento che imponeva il divieto di intraprendere "alcuna operazione esterna che modifichi l'architettura, l'estetica o simmetria del fabbricato", che la trasformazione dell'unità immobiliare destinata a negozio di alimentari in cinque autorimesse (con aperture basculanti al posto delle vetrine preesistenti) fosse lesiva del decoro architettonico per il forte impatto visivo sull'armonia degli elementi strutturali della facciata, ma anche aveva statuito nel senso della validità della ulteriore altra clausola del medesimo regolamento condominiale, istitutiva del divieto di ingombro del cortile comune.

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