Limitazione o soppressione delle ipotesi legali di recesso del socio nelle società di capitali: illegittimità della relativa previsione statutaria. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 2979 del 16 febbraio 2016)

Il recesso legale del socio, sancito dagli artt. 2523 e 2437 c.c. (nei rispettivi testi anteriori alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 6 del 2003), non può essere limitato o soppresso, neppure da clausole statutarie, senza violare la norma di legge attributiva del diritto potestativo, mentre, qualora tale facoltà trovi la sua fonte nelle clausole statutarie e, dunque, sorga con l'atto costitutivo come manifestazione della volontà negoziale, è suscettibile di essere disciplinata e conformata attraverso clausole che specifichino le situazioni legittimanti il relativo esercizio, oppure lo limitino o condizionino, prevedendo (come nella specie) la necessità, per la sua efficacia, di una positiva constatazione del consiglio d'amministrazione circa l'effettiva ricorrenza della situazione legittimante il recesso stesso.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia, che si riferisce ad ipotesi disciplinata dalle disposizioni antecedenti l'entrata in vigore della riforma del diritto societario del 2003, possiede una valenza ancora attuale. Nulla può dirsi infatti mutato dal punto di vista della inoperatività della volontà dei soci in ordine alla eliminazione del diritto soggettivo di far venir meno il rapporto sociale nelle ipotesi previste dalla legge.

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