Incapacità di agire indifferenziata: l'amministrazione di sostegno



Per effetto dell'entrata in vigore della legge 9 gennaio 2004 n. 6 è stato conferito autonomo rilievo ad una situazione di minorata capacità di intendere o di volere che potrebbe essere appellata come indifferenziata. Il tutto allo scopo di rendere praticabile il ricorso al nuovo istituto della amministrazione di sostegno, configurato come alternativo tanto rispetto all'interdizione, quanto all'inabilitazione. E' infatti possibile nota1 ricorrere al detto strumento per ogni persona che, "per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi" (art.404 cod.civ. ). Nell'ipotesi la persona "può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio".

E' di non poco conto osservare come il legislatore abbia considerato in maniera del tutto succedanea qualsiasi minorazione tale da affliggere il corpo (cioè di natura fisica) o la mente (vale a dire psichica). Le dette menomazioni vengono in esame in quanto siano tali da produrre l'impossibilità per il soggetto di attendere ai propri interessi. La cosa notevole è che tale impossibilità possa essere anche soltanto parziale (dunque, a contrario, anche totale) ovvero temporanea (dunque, sempre a contrario, anche permanente). In questo senso è prevedibile che l'istituto venga in fatto a svuotare di pratica rilevanza l'interdizione e l'inabilitazione. A questi ultimi istituti si potrebbe fare ricorso quando non possono individuarsi nel caso pratico interventi di sostegno atti ad assicurare all'incapace una protezione maggiormente adeguata (Cass. Civ., Sez. I, 17962/2015).

D'altronde va sottolineato come l'amministrazione di sostegno non possa essere considerata il surrogato giudiziale di una procura o di un mandato: così non potrà essere utilizzata per sovvenire alle esigenze di un soggetto di età avanzata soltanto perchè costui non è dotato di competenze specifiche per svolgere determinati affari (Tribunale di Lamezia Terme, 20 dicembre 2012). Tale orientamento è stato ribadito nell'ipotesi di una persona, ultranovantenne, che comunque appariva ben consapevole della consistenza delle proprie sostanze (Tribunale di Vercelli, 16 ottobre 2015).
Sarà possibile utilizzare l'amministrazione di sostegno anche per sovvenire a situazioni non caratterizzate da stabilità e da permanenza. Si pensi al decorso non benigno di una malattia mentale, situazione nella quale è sicuramente meno penoso ricorrere all'amministrazione di sostegno piuttosto che utilizzare istituti quali l'interdizione o l'inabilitazione, assai più incisivi sulla personalità del soggetto. Per questo motivo l'istituto sarà preferito rispetto all'inabilitazione ed all'interdizione. Ciò non soltanto a cagione di una maggior flessibilità, bensì soprattutto per l'indiscutibile pregio di consentire al beneficiario di essere meno incisivamente colpito nella personalità sociale. Chiaro deve essere tuttavia il prezzo da pagare: una maggior complessità di gestione diacronica dell'amministrazione, una meno agevole percezione da parte dei terzi che avessero a contrattare con il soggetto affetto dalla menomazione dei limiti della capacità di negoziazione di costui e delle ipotesi in cui si palesi necessario l'intervento integrativo o sostitutivo dell'amministratore di sostegno. Costui sarà gravato infine di un non agevole compito, dovendo la di lui condotta essere "ritagliata su misura" rispetto al beneficiario ed al provvedimento di nomina assunto dal giudice tutelare. Non potrebbe tuttavia farsi ricorso all'amministrazione di sostegno semplicemente per assicurare la miglior cura del patrimonio di una persona semplicemente "fragile" a causa dell'età (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 29981/2020; In questo senso, ancor più incisivamente, si veda Cass. Civ., Sez. I, ord. n. 32542 del 4 novembre 2022).

Occorre inoltre sottolineare la differente natura giuridica dell'attività dell'amministratore di sostegno rispetto a quella propria del tutore o del curatore. La condotta di questi ultimi è incasellata nei due principali ambiti dell'ordinaria ovvero della straordinaria amministrazione: in relazione alla riferita distinzione occorre che ci si rivolga o meno al giudice affinchè il medesimo venga ad autorizzare, caso per caso ed a determinate condizioni, il compimento dell'atto. Nulla di tutto ciò nella fattispecie. L'approccio è assai meno dogmatico e non è fondato su distinzioni aprioristiche, assumendo in diretta considerazione il compimento di atti specifici e nominati che dovranno essere contemplati nel provvedimento. La valenza di quest'ultimo è dunque diversa rispetto a quella propria della nomina del tutore o del curatore, essendo la fonte del possibile compimento di una serie indeterminata di atti (anche se in relazione alla concreta effettuazione dei medesimi è comunque prospettabile la necessità di una preventiva richiesta di autorizzazione ai sensi degli artt. 374 e 376 cod.civ. richiamati, previa valutazione di compatibilità, dall'art.411 cod.civ. ). E' prevedibile che tutto questo alimenti dubbi ed incertezze, ma indubbiamente pone in primo piano la rilevanza della figura dell'amministratore di sostegno, le cui responsabilità paiono particolarmente gravose.

Giova infine precisare che, nello svolgere i propri compiti, l'amministratore deve tener conto dei bisogni e delle asprirazioni del beneficiario, criterio guida dell'intero istituto (anche se si è giunti a ipotizzare il ricovero in una struttura residenziale anche contro l'intento del beneficiario, pur non incapace di intendere e di volere: cfr. Tribunale di Vercelli, 28 marzo 2018). Il criterio sopra enunciato, espressamente assunto in considerazione dall'art. 410 cod.civ., come anche quello di cui al III comma dell'art. 418 cod.civ., rende ragione dell'eventuale scelta nel senso non già di fare ricorso alla misura in esame, bensì a quella, estremamente più restrittiva, dell'interdizione. Come è stato osservato, vi sono infatti casi in cui non ci si potrebbe attendere, tenuto conto della complessità degli atti di gestione e della personalità del beneficiario, altro se non una condotta oppositiva, concretamente di ostacolo alla corretta gestione degli affari della persona da proteggere (Tribunale di Vercelli, 31 ottobre 2014).

Note

nota1

Possibile, non obbligatorio, ribadendosi anche per tale via l'estrema flessibilità dell'istituto.
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Prassi collegate

  • Studio n. 623-2016/C, L’amministrazione di sostegno
  • Quesito n. 91-2014/A, Belgio – volontaria giurisdizione: nomina di amministratore provvisorio
  • Sugli atti dispositivi di beni immobili in italia appartenenti a adulto vulnerabile beneficiario di un regime di protezione instaurato all’estero
  • Studio n. 29/2005/T, Profili fiscali dell’atto di designazione dell’amministratore di sostegno
  • Studio n. 4858, Amministrazione di sostegno

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