Ancora in tema di mancanza di certificazione di abitabilità dell'immobile oggetto della vendita. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 4467 dell'11 febbraio 2022)

La mancata consegna al compratore del certificato di agibilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene; cosicché, ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda, la risoluzione non può essere pronunciata.
Nella vendita di immobili destinati ad abitazione, pur costituendo il certificato di abitabilità un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilità del bene, la mancata consegna di detto certificato costituisce un inadempimento del venditore che non incide necessariamente in modo dirimente sull’equilibrio delle reciproche prestazioni, sicché il successivo rilascio del certificato di abitabilità esclude la possibilità stessa di configurare l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio”.

Commento

(di Daniele Minussi)
Una cosa è non avere a disposizione la certificazione relativa all'abitabilità dell'immobile, altra cosa è che quest'ultimo sia privo del relativi requisiti. Questo è il punto fondamentale della pronunzia in commento, che si aggiunge alle molte già emanate sul tema dalla S.C., in un panorama nel quale, stante l'attuale normativa urbanistica, per lo più l'abitabilità viene conseguita in via indiretta per silenzio assenso. Il vero aspetto problematico è però proprio costituita dalla correttezza dell'iter procedimentale per il cui tramite giungere al provvedimento "silenzioso".
Va in ogni caso sottolineata l'estrema variabilità dell'atteggiamento della giurisprudenza. Si va da pronunzie secondo la quale la situazione in parola potrebbe costituire la fonte per una richiesta risarcitoria e fondamento per l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 cod.civ. (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 2196/2020; Cass. Civ. Sez. III, 1701/09) a decisioni statuenti in senso contrario: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 25427/2013). E' stato inoltre deciso che la mancata consegna del certificato costituisce fonte di danno risarcibile indipendentemente dall'accertata conformità dell'immobile rispetto al progetto approvato, (Cass. Civ., Sez. II, 23157/2013). In senso potenzialmente opposto si è tuttavia messo a fuoco come la mancata consegna del certificato non soltanto non determina l'automatica risoluzione del contratto preliminare, ma la stessa non può essere pronunziata quando sia successivamente accertata la sussistenza in concreto di tutti i requisiti necessari ai fini dell'abitabilità e che le difformità edilizie erano state sanate con la presentazione della domanda di sanatoria sulla quale si era formato il silenzio assenso (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 29090/2017). Va peraltro segnalato come, indipendentemente dalla negligenza degli uffici comunali, la mancata produzione del certificato di abitabilità richiesto dal promissario acquirente legittimi quest'ultimo non solo a rifiutarsi di stipulare il contratto definitivo di vendita (Cass. Civ., Sez. VI-II, 622/2019), ma anche a recedere dal contratto (Cass. Civ. Sez. II, ord. 9226/2020).

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