Beni culturali e normativa urbanistica



Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/04 ) contiene una compiuta disciplina degli aspetti di protezione e conservazione dei beni culturali, alla quale è dedicato l'intero capo III della parte I. L'art.20 del Codice esordisce annoverando gli interventi vietati: esso stabilisce infatti che i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tale da recare pregiudizio alla loro conservazione. Il successivo art.32 del Codice prevede che il Ministero (nella persona del Direttore regionale, ai sensi dell'art.20 del D.P.R. 8 giugno 2004 n.173, normativa che ha previsto l'articolazione delle competenze ministeriali) possa imporre al "proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali, ovvero provvedervi direttamente" nota1.
Il successivo art.21 del Codice stabilisce quali interventi sia invece possibile eseguire previa autorizzazione dal Ministero , tra i quali spicca la rimozione o la demolizione, anche se seguita dalla ricostruzione . Il IV comma della detta disposizione prescrive, con un'espressione di chiusura, che l'esecuzione di opere e di lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente nota2. Ciò vale a determinare sempre e comunque l'esigenza di munirsi del provvedimento anche in relazione a lavorazioni qualificabili in chiave di ordinaria amministrazione (si pensi alla sostituzione di serramenti esterni di un edificio). Ai sensi del V comma della norma apri l 'autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell'intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni. Da notare come in materia l'art.8 del D.P.R. 8 giugno 2004, n.173 abbia previsto l'intervento della Direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici. Il Direttore generale, tra l'altro (si pensi alle prescrizioni di tutela indiretta di cui all'art.45 del Codice), può autorizzare gli interventi di demolizione e rimozione definitiva di cui all'art.21 in parola.
Il procedimento finalizzato all'emissione del provvedimento autorizzativo è scolpito dall'art. 22 del Codice nota3.
La norma prescrive che, con l'eccezione delle ipotesi di cui agli artt. 25 e 26 del Codice (nei quali occorra indire una conferenza di servizi tra amministrazioni ovvero vi sia da valutare l'impatto ambientale delle opere), l'autorizzazione prevista dal IV comma dell'art. 21 del Codice relativa ad interventi in materia d'edilizia pubblica e privata è rilasciata entro il termine di centoventi giorni dalla ricezione della richiesta da parte della soprintendenza. La soprintendenza può domandare chiarimenti o elementi integrativi di giudizio: nel caso il detto termine è sospeso fino al ricevimento della documentazione richiesta. Non è l'unico motivo di sospensione: il III comma dell'art. 22 del Codice infatti prevede che, quando sorga l'esigenza di procedere ad accertamenti di natura tecnica, la soprintendenza ne da preventiva comunicazione al richiedente ed il termine è sospeso fino all'acquisizione delle risultanze degli accertamenti d'ufficio e comunque per non più di trenta giorni. Una volta che il termine sia comunque spirato, il richiedente può diffidare l'amministrazione a provvedere. La norma, che nel testo originario si chiudeva con la previsione di un'ipotesi di silenzio-assenso, è mutata per effetto del D.Lgs. 24 marzo 2006, n.156 . Il richiedente è infatti semplicemente legittimato ad agire in base all'art.21 bis della Legge 1034/71.
L'art. 23 del Codice, il cui titolo "Procedure edilizie semplificate" sembrerebbe alludere ad un regime più snello rispetto a quello ordinario ed, in effetti, deve essere rettamente inteso. Esso si limita infatti a chiarire che, qualora gli interventi autorizzati ai sensi dell'art. 21 necessitassero anche di titolo abilitativo in materia edilizia, sarebbe possibile il ricorso alla denuncia di inizio attività, nei casi previsti dalla legge. A tal fine l'interessato, all'atto della denuncia, trasmette al comune l'autorizzazione conseguita, corredata dal relativo progetto. Dunque il senso della norma è unicamente quello di consentire che gli aspetti urbanistici diversi rispetto a quelli connessi all'autorizzazione della soprintendenza possano comunque essere gestiti, dal punto di vista squisitamente urbanistico, anche per il tramite delle procedure alternative e semplificate rispetto al conseguimento del permesso di costruire.
L'art. 24 del Codice considera invece unicamente gli interventi da compiersi sui beni pubblici, come pure il successivo art.25 .
Le eventuali situazioni d'urgenza che possano evidenziarsi sono trattate dall'art. 27 del Codice: nel caso possono essere effettuati gli interventi provvisori indispensabili per evitare danni al bene tutelato, purché ne sia data immediata comunicazione alla soprintendenza, alla quale sono tempestivamente inviati i progetti degli interventi definitivi per la necessaria autorizzazione nota4.
Tuttavia in questa, come in altre ipotesi, ex art. 28 del Codice, il soprintendente può ordinare la sospensione di interventi iniziati contro il disposto degli articoli 20 , 21 , 25 , 26 e 27 del Codice ovvero condotti in difformità dall'autorizzazione. Al soprintendente spetta altresì la facoltà di ordinare l'inibizione o la sospensione d'interventi relativi alle cose indicate nell'art. 10 , anche quando per esse non siano ancora intervenute la verifica di cui all'art. 12, II comma , o la dichiarazione di cui all'art. 13 nota5.
Deve altresì ricordarsi che l'art. 26 del Codice prevede per alcune opere la valutazione di impatto ambientale.

Note

nota1

Già l'art. 21 del t.u. 490/99 imponeva speciali obblighi di conservazione. I beni culturali non potevano infatti essere demoliti o modificati senza l'autorizzazione del Ministero. Essi non potevano altresì essere adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico od artistico oppure tali da creare pregiudizio alla loro conservazione o integrità. La verifica della compatibilità degli interventi di competenza ministeriale non escludeva un intervento dell'ente locale nel medesimo ambito con finalità diverse e rientranti nelle proprie competenze, quali sono quelle di contemperare le esigenze di estetica e ambientale e architettonica con quelle commerciali e del traffico (così Tar del Lazio, 4422/00 ).
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nota2

Una volta imposto regolarmente il vincolo per il tramite della notifica trascritta, il bene culturale del privato veniva assoggettato alla particolare disciplina prevista dagli artt.11 e ss. della Legge 1089/39 (legge già abrogata dall'art. 166 del D.Lgs. 490/99, e la cui abrogazione è stata inoltre disposta dall'art. 2 e dall'allegato 1 del D.L. 200/08), che imponevano precisi obblighi a carico dei privati per garantire la conservazione dei beni o la loro integrità. L'art.18 della legge cit. in particolare prevedeva l'obbligo di sottoporre alla preventiva autorizzazione della competente soprintendenza i progetti di opere di qualunque genere che si intendessero eseguire. Per quest'autorizzazione la c.d. Bassanini- bis apri aveva previsto una sorta di silenzio -assenso volto ad agevolare i tempi per la realizzazione degli interventi in materia di edilizia pubblica e privata sui beni d'interesse storico e artistico (si trattava dell'art. 12 , V e VI comma, della Legge 15 maggio 1997, n. 127). In relazione a detta disposizione, l'art. 24 del t.u. 490/99 aveva successivamente prescritto che l'approvazione prevista dall' art. 23 del t.u. (che disciplinava qualsiasi progetto di opere da effettuare), relativa ad interventi in materia d'edilizia pubblica e privata era rilasciata entro il termine di novanta giorni dalla presentazione della richiesta. Qualora la soprintendenza avesse chiesto chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, il termine indicato sarebbe stato sospeso fino al ricevimento della documentazione. Ove la soprintendenza avesse proceduto ad accertamenti di natura tecnica, il termine sarebbe stato sospeso fino all'acquisizione delle risultanze degli accertamenti d'ufficio e comunque non oltre trenta giorni. Decorso tale termine, previa diffida a provvedere nei successivi trenta giorni, le richieste d'approvazione si sarebbero intese come accolte.
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nota3

Gli artt. 23 e ss. t.u. stabilivano importanti prescrizioni urbanistiche. I proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dei beni culturali indicati hanno l'obbligo di sottoporre alla soprintendenza i progetti delle opere di qualunque genere che intendano eseguire, al fine di ottenerne la preventiva approvazione.
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nota4

Ai sensi del previgente art. 27 del t.u. nel caso di assoluta urgenza potevano essere eseguiti i lavori provvisori indispensabili per evitare danni notevoli al bene tutelato, purché ne fosse data immediata comunicazione alla soprintendenza, alla quale erano inviati nel più breve tempo i progetti dei lavori definitivi per l'approvazione.
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nota5

L'art. 28 del t.u. disciplinava la possibilità di sospensione dei lavori (cfr. art. 20 della previgente Legge 1089/ 39). Il soprintendente poteva ordinare la sospensione dei lavori iniziati contro il disposto degli artt. 23 , 26 e 27 ovvero condotti in difformità dall'approvazione.
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Prassi collegate

  • Cass. civile, sez. Unite del 2011 numero 5518 (09/03/2011)
  • Vendita di immobile gravato da ipoteca, utilizzazione del prezzo come pagamento del creditore ipotecario e revocatoria fallimentare
  • Quesito n. 301-2006/C, Condono edilizio, bene appartenente al patrimonio culturale e commerciabilità
  • Riflessioni a margine della sentenza Corte Costituzionale 223/2005 in tema di norme urbanistiche su beni culturali e distanze legali

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