La tutela paesaggistica e ambientale



La protezione del paesaggio e dell'ambiente ha una storia discretamente recente nota1. L'istituzionalizzazione a livello centrale della tutela dei detti beni trae origine dalla Legge 8 luglio 1986, n. 349 , con la quale venne istituito il Ministero dell'ambiente. Esso deve curare di assicurare la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall'inquinamento (art. 1, I comma L.349/86). Sembra che l'ambiente sia stato configurato come un bene immateriale oggetto di tutela in sede civile, amministrativa, penale.
In particolare, ai sensi dell'ormai abrogato art. 18 della Legge 349/86 "qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato ", con la previsione che nella sentenza di condanna il giudice " dispone, ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile ". Ad occuparsi del tema è succeduto nel tempo il c.d. "codice dell'ambiente" (D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 ), il cui art. 300 definisce come "danno ambientale" "qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima". Il II comma della disposizione cit. precisa inoltre l'oggetto specifico colpito dalla condotta pregiudizievole, individuandolo negli habitat naturali protetti, nelle acque interne e costiere, nel terreno.
Titolare dell'azione di risarcimento è lo Stato, nonchè gli enti pubblici territoriali esponenziali delle collettività locali (Regioni, Province, Comuni) sui cui territori incidono i beni che abbiano subito l'atto lesivo.Le associazioni di protezione ambientale possono intervenire nei relativi giudizi civili ed addirittura proporre ricorsi nei giudizi amministrativi per l'annullamento di atti amministrativi illegittimi.
La Legge-quadro 18 maggio 1989, n. 183 , in parte modificata per effetto della Legge 179/02, successivamente abrogata per effetto dell'entrata in vigore del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/06) introduceva una normativa specifica " per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo". La legge intendeva riferirsi sia agli interventi per la difesa del suolo in senso proprio (cioè del terreno), sia al risanamento ed alla disciplina delle acque ed alla "tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi " (art. 1, I comma Legge 183/89 ) nota2. La materia attualmente risulta disciplinata dal D.Lgs. 152/06 (c.d. "codice dell'ambiente").
Tornando indietro nel tempo, con la Legge 28 agosto 1989, n. 305 venne predisposto il contenuto e le procedure intese a dar vita al primo programma triennale dell'azione pubblica per la tutela dell'ambiente (ora soppresso dall'art.68 del D.Lgs. 112/98 ) nota3.Per il tramite della Legge-quadro 6 dicembre 1991, n. 394 concernente le "aree protette" (parchi nazionali, parchi naturali regionali, riserve naturali statali e regionali, aree protette marine, monumenti naturali, oasi di protezione naturalistica, zone umide di particolare rilevanza internazionale) si diede poi una disciplina sostitutiva rispetto a tutti gli altri interventi di pianificazione del territorio che potessero avere attinenza con la tutela di dette aree nota4.
Così brevemente composto un quadro sommariamente riepilogativo dei principali interventi normativi in materia, è il caso di rammentare la vita effimera del c.d. Testo Unico in materia di beni culturali ed artistici emanato con D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (portante, tra l'altro, abrogazione espressa della Legge 1497/39 nonchè, come detto, della Legge 431/85, ad eccezione dell' art.1 ter e dell' art.1 quinquies ).
La sistemazione dell'intera materia infatti non durò che alcuni anni, precisamente fino all'entrata in vigore del c.d. Codice dei beni culturali e paesaggistici di cui al D. Lgs. 42/04 . Il corpo normativo detta infatti una apposita disciplina finalizzata alla protezione dei beni in parola, dedicandovi l'intera parte III. Ai fini della detta legislazione (art.131 del Codice, come modificato dall'art.2 del D.Lgs. 63/08) per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni.
La definizione di beni paesaggistici è data dall'art. 134 del Codice . Sono tali:
a) gli immobili e le aree di cui all'art. 136 , individuati ai sensi degli artt.138 , 139 , 140 e 141 ;
b) le aree di cui all'art. 142 ;
c) gli ulteriori immobili ed aree specificatamente individuati a termini dell'art. 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli artt. 143 e 156 .
Per quanto attiene agli immobili ed alle aree di cui all'art.136 del Codice (come modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 63/08), vengono in esame:
a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali ;
b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;
d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.
In riferimento invece alle aree di cui all'art. 142 del Codice (come modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 63/08), la detta norma prevede che siano comunque sottoposti alle disposizioni di questo Titolo per il loro interesse paesaggistico:
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
e) i ghiacciai e i circhi glaciali;
f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del D.Lgs.18 maggio 2001, n. 227;
h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448 ;
l) i vulcani;
m) le zone di interesse archeologico.
Perno della pianificazione del territorio è il piano paesaggistico di cui all'art. 143 del Codice . L 'elaborazione di esso si articola in fasi distinte, dettagliatamente descritte dalla norma.
Per quanto attiene all'incidenza delle disposizioni di protezione del territorio sull'attività edilizia privata è il caso di fare riferimento all'art. 146 del Codice (come modificato dall'art.2 del D.Lgs.68/03 nonchè dall'art. 4, comma 16, lett. e), n. 1), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, dall'art. 39, comma 1, lett. b), n. 1), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, dall’art. 3-quater, comma 1, D.L. 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 ottobre 2013, n. 112, e, successivamente, dall'art. 12, comma 1, lett. a), D.L. 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2014, n. 106), ai sensi del quale è necessario munirsi di preventiva autorizzazione. In primo luogo i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'art. 142 , o in base alla legge, a termini degli artt. 136, 143, I comma, lettera d) , e 157 , non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. Prosegue la norma disponendo al II comma che i soggetti indicati al I comma, hanno l'obbligo di sottoporre alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione e di astenersi dall'avviare lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione. Sempre secondo l'art. 146 , III comma, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, è individuata la documentazione a corredo del progetto.

Sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, ai sensi del comma 1, salvo quanto disposto all'articolo 143, commi 4 e 5. Il parere del soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d), nonché della positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della regione interessata, dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante ed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione

A mente del VII comma dell'art. 146 del Codice, l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, ricevuta l'istanza, verifica se ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'art. 149, I comma . Qualora non ricorrano, verifica se l'istanza sia corredata della documentazione di cui al III comma, provvedendo, ove necessario, a richiedere integrazioni.
Entro quaranta giorni dalla ricezione dell'istanza, l'amministrazione effettua gli accertamenti circa la conformità dell'intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall'interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché dando comunicazione all'interessato dell'inizio del procedimento ai sensi delle vigenti disposizione di legge in materia di procedimento amministrativo.
Tale ultima comunicazione costituisce avviso di inizio del relativo procedimento, ai sensi e per gli effetti della Legge 7 agosto 1990, n. 241 .
La soprintendenza comunica il parere entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. L'amministrazione competente entro il termine di venti giorni dalla ricezione del parere della soprintendenza, rilascia l'autorizzazione o comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo, ai sensi dell'art. 10 bis L. 241/90.
Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo dell' VIII comma senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione può, ai sensi del IX comma dell'art. 146 del Codice, indire una conferenza di servizi che si pronuncia entro il termine di quindici giorni. In ogni caso decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione provvede sulla domanda di autorizzazione.
Decorso inutilmente il termine indicato all'ultimo periodo dell'VIII comma senza che l'amministrazione si sia pronunciata, è data facoltà agli interessati di richiedere l'autorizzazione alla regione, che provvede anche mediante un commissario ad acta entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Laddove la regione non abbia affidato agli enti locali la competenza al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica e sia essa inadempiente, la richiesta di rilascio in via sostitutiva è presentata alla competente soprintendenza.
L'autorizzazione paesaggistica:
a) diventa efficace dopo il decorso di trenta giorni dalla sua emanazione;
b) è trasmessa in copia, senza indugio, alla soprintendenza che ha emesso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente al parere, alla regione ovvero agli altri enti pubblici territoriali interessati e, ove esistente, all'ente parco nel cui territorio si trova l'immobile o l'area sottoposti al vincolo.
L'art. 149 del Codice prevede anche la possibilità che alcuni interventi edilizi possano essere compiuti anche in difetto di autorizzazione. Fatta salva l'applicazione dell'art. 143, IV comma, lettera a) , non è comunque richiesta l'autorizzazione prescritta dagli artt. 146 , 147 e 159 :
a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;
b) per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;
c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'art. 142, I comma, lettera g) , purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.
Va rilevato come la sanabilità delle opere edilizie abusive sia subordinata alla sussistenza di requisiti tassativi, tra gli altri quello della realizzazione nel tempo che precede l'imposizione del vincolo paesistico o ambientale (Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. n. 1935/2017).
L'art. 150 del Codice (come modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 63/08 ) contiene inoltre disposizioni relative all' inibizione o sospensione dei lavori.
E' infine il caso di rammentare come l'art. 159 del Codice preveda il procedimento di autorizzazione in via transitoria, possibile cioè fino a che non sia stata approvazione dei piani paesaggistici.

Note

nota1

La tutela del paesaggio, dell'ambiente naturale, del patrimonio artistico e storico nazionale fino a tempi recenti era imperniata sulla normativa portata dalle seguenti leggi:
  • la Legge 1497/39 , sulla protezione delle bellezze naturali e panoramiche, abrogata dall'art.166 D.Lgs. 490/99 , normativa a propria volta venuta meno in esito all'entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/04 );
  • la Legge 1089/39 , sulla protezione delle cose di interesse artistico e storico, già abrogata dall'art.166 D.Lgs. 490/99 , normativa a propria volta venuta meno in esito all'entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/04);
  • il R.D. 1357/40, concernente il regolamento per l'applicazione della Legge 1497/39, già abrogata dall'art.166 D.Lgs 490/99 ;
  • la legge 382/75 e le norme delegate di cui al D.P.R. 616/77 . Un primo intervento innovatore veniva successivamente introdotto per effetto della Legge 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. legge Galasso), introduttiva di disposizioni finalizzate alla tutela delle zone di particolare interesse ambientale, già abrogata dall'art. 166 del D.Lgs. 490/99 (Testo Unico in materia di beni culturali ed artistici) ad eccezione dell'art. 1 ter e dell'art. 1 quinquies .
Le regole fondamentali che si traevano dall'intervento normativo da ultimo citato possono così riassumersi:
  • obbligatorietà per le Regioni della redazione dei piani territoriali e/o paesistici
  • esercizio di poteri sostitutivo dello Stato in caso di inadempienza delle Regioni in ordine ai predetti piani;
  • l'autorizzazione per l'esecuzione di opere da eseguirsi sugli immobili protetti diviene di competenza sia degli organi statali sia regionali: il Ministro per i beni culturali ed ambientali è attributario di un potere di veto in relazione a tali interventi.
  • Stato e regione sono titolari di poteri di vigilanza e di intervento nei casi di abusivismo, ai sensi del previgente art. 4 della Legge 47/85 ;
  • divieto di ogni trasformazione del territorio nelle zone vincolate all'adozione dei piani paesistici. top1

    nota

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nota2

In questo modo la tutela ambientale e del territorio veniva ad essere ripartita tra il Ministero dei lavori pubblici e il Ministero dell'Ambiente. Al Ministero dei LLPP competevano poteri propositivi relativi alla quasi totalità dei poteri che la legge affida, in materia, al Consiglio dei ministri.Al Ministero dell'Ambiente incombeva invece il compito di provvedere "all'esercizio delle funzioni amministrative di competenza statale in materia di tutela dall'inquinamento e di smaltimento dei rifiuti" (art. 5, III comma ).Questa ripartizione di competenze che valeva a separare interventi di programmazione e gestione del territorio e interventi volti a combattere le cause del degrado di esso, non sembrava tuttavia rispondere ad esigenze di snellezza operativa, essendo piuttosto causa dell'insorgenza di conflitti di competenza. Da segnalare nell'ambito dell'intervento normativo in commento la particolare tutela riservata ai corpi idrici. Gli interventi erano articolati secondo i piani di bacino (nazionale, interregionali e regionali) la cui gestione veniva demandata a nuove strutture organizzative predisposte sia centralmente sia interregionalmente. Soltanto i piani di rilievo regionale erano stati affidati esclusivamente alla disciplina delle Regioni. La pianificazione di bacino veniva attuata attraverso programmi triennali di intervento.Il piano di bacino si poneva con efficacia superiore a quella propria degli altri strumenti di pianificazione ambientale e possedeva una valenza di coordinamento nell'ambito delle attività volte alla tutela dell'ambiente nell'ambito di ciascun "bacino idrografico" in cui è suddiviso il territorio nazionale.Il piano di bacino "non può sostituirsi agli strumenti urbanistici" nella indicazione delle direttive generali e degli obiettivi specifici riferibili all'assetto del territorio.L'art. 17, VI comma, della Legge 183/89 attribuisce alle Regioni l'emanazione - entro 90 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale o nei Bollettini Ufficiali dell'approvazione del piano di bacino - delle disposizioni eventualmente necessarie per l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico.
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nota3

Il programma triennale (ora soppresso dall'art. 68 D.Lgs. 112/98) - approvato dal CIPE, sentite le competenti commissioni parlamentari - a norma dell'art. 1, III comma, della Legge 305/89 ha la funzione di stabilire la ripartizione per ambiti regionali e, ai fini del risanamento idrico, per bacino idrografico, delle risorse statali disponibili e dei finanziamenti comunitari e la definizione dei metodi e degli indirizzi atti a garantire l'integrazione tra risorse dello Stato ed altre risorse pubbliche e private.
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nota4

Per i parchi nazionali, che corrispondono ad entità sottoposte alla vigilanza del Ministro dell'ambiente vengono disciplinati i contenuti e la procedura di formazione del piano territoriale del parco.Il modello è quello della "zonizzazione", che si ripartisce in zone di riserva integrale, orientata, aree di protezione, aree di promozione.I pianiterritoriali di parco sostituiscono completamente i piani territoriali paesistici e gli ulteriori piani urbanistici per quanto attiene alla disciplina da essi prevista.Essi posseggono l'efficacia propria della dichiarazione di pubblico interesse e di urgenza ed indifferibilità per quanto attiene agli interventi in essi stabiliti.
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