La legislazione urbanistica: cenni diacronici



La possibilità di fabbricare edifici, di edificare, costituisce indubbiamente una delle facoltà che si pongono come essenziali rispetto al suolo. Questa attività, che un tempo si svolgeva senza particolari vincoli, è stata via via infrenata da una normativa sempre più stringente, soltanto da ultimo contraddetta da una legislazione dalle maglie più ampie .

Il primo provvedimento normativo emanato in materia dallo Stato postunitario è la Legge 20 marzo 1865 n. 2248 per l'unificazione amministrativa del Regno, il cui allegato A), prevedeva la facoltà dei Consigli comunali di deliberare sui "regolamenti di igiene, edilità e polizia locale" ed il cui allegato C) concernente la sanità pubblica, attribuiva al Sindaco il potere di "rimuovere le cause di insalubrità del vicinato". Il relativo regolamento di esecuzione (approvato con R.D. 8 giugno 1865, n. 2321) faceva menzione dei "piani regolatori dell'ingrandimento e di livellazione, o di nuovi allineamenti delle vie, piazze o passeggiate pubbliche" come contenuto fondamentale del regolamento edilizio. Si trattava di prescrizioni comunque riguardanti il solo nucleo abitato, non estensibili al rimanente territorio comunale.

L'ulteriore Legge 25 giugno 1865, n. 2359 veniva a disciplinare soprattutto l'espropriazione di aree finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche. Con essa si attribuirono agli enti locali più incisivi strumenti di controllo in tema di urbanistica. Punti qualificanti dell'intervento normativo possono essere considerate le seguenti previsioni:

  1. la facoltà (per ciascun Comune) di adottare un piano di ampliamento, sempre tuttavia riguardante l'abitato e non l'intero territorio comunale. Detto piano conteneva "le norme da osservarsi nell'edificazione di nuovi edifici, al fine di provvedere alla salubrità dell'abitato ed alla più sicura, comoda e decorosa sua disposizione;
  2. l'obbligatorietà della demolizione delle costruzioni eseguite in violazione delle disposizioni del piano e la condanna del proprietario contravventore al pagamento di una multa nota1. Vennero adottati i primi "piani urbanistici" italiani: a Firenze nel 1865, a Roma del 1873, a Milano e Bologna nel 1889. In forza di tali disposizioni, che prevedevano agevolazioni tributarie per le costruzioni da eseguire nell'ambito della pianificazione adottata, venivano adottati criteri di determinazione dell'indennità di esproprio diversi rispetto a quello del valore di mercato del bene.

Nel frattempo venne emanata la Legge 15 gennaio 1885, n. 2892 per il risanamento della città di Napoli. Essa incrementò la misura dell'indennità di esproprio, collegando il calcolo della stessa non più al solo valore venale dell'immobile (estremamente basso, per il notevole degrado degli edifici) bensì in base alla media tra detto valore ed il coacervo dei fitti dell'ultimo decennio (che, al contrario, erano estremamente elevati). Questo criterio fu, in linea di massima, accolto da molte leggi speciali successive ed esteso anche all'esecuzione di piani regolatori disciplinanti situazioni ben diverse rispetto a quella del risanamento di Napoli: si pensi alla Legge 25 marzo 1913, n. 553 sul risanamento di Catania, Legge 26 giugno 1913, n. 776, sul piano regolatore di Genova, etc.

Il R.D.L. 15 aprile 1926, n. 765, sancì poi all'art.20 l'obbligatorietà del piano regolatore per tutti i Comuni stazioni di cura, soggiorno e turismo. Con il "piano regolatore di Roma", (Legge 24 marzo 1932, n. 355) si vennero ad individuare le diverse zone funzionali della città e degli impianti pubblici.

Note

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Occorre però precisare che la Legge del 1865 non prevedeva la necessità di alcuna autorizzazione a costruire; solo il R.d.l. 25 marzo 1935, n.640 convertito nella Legge 23 dicembre 1935, n.2471 introdusse per tutti i Comuni l'obbligo di chiedere l'autorizzazione preventiva da parte di chi volesse edificare all'interno dei centri abitati. Competente al rilascio era il Podestà, al quale spettava altresì di ordinare la sospensione dei lavori in caso di inosservanza della norma.
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