Testamento pubblico



Ai sensi dell'art. 603 cod.civ. il testamento pubblico consiste a tutti gli effetti in un atto pubblico (art. 2699 cod.civ.) e, come tale, fa piena prova sia della provenienza del documento da colui che lo ha formato, sia di quanto costui attesta esser accaduto al suo cospetto (art. 2700 cod.civ. ). Esso viene ricevuto dal notaio assistito dai testimoni.

E' il notaio che esercita la funzione di adeguamento: il testatore manifesta le proprie ultime volontà, le quali vengono appropriatamente ridotte in iscritto solennemente, alla presenza dei testi, dall'ufficiale rogante (art. 47 l.n.). Come è evidente lo strumento possiede indubbi vantaggi. Si tratta di un atto che può essere fatto anche da coloro che non sono in grado di scrivere. Inoltre il notaio, pur senza poter suggerire il concreto contenuto delle disposizioni, deve compiere un rigoroso accertamento circa l'effettiva volontà del disponente, esercitando un'indubbia funzione di ausilio e di guida tecnica (illustrando l'eventuale natura lesiva della porzione legittima di una disposizione, facendo comprendere la differenza tra un lascito a titolo di erede ed uno a titolo di legato, etc.). A fronte di questi aspetti positivi con altrettanta evidenza se ne pongono anche di svantaggiosi: si pensi al difetto di segretezza insito nella forma pubblica, con particolare riferimento all'assistenza dei testimoni.

Al testamento pubblico sono applicabili in primo luogo le norme del codice civile, in via subordinata e sussidiaria la legge notarile (Legge 89/1913). Si badi alla rilevanza di ulteriori disposizioni, quali la legge sui ciechi (3 febbraio 1975 n. 18), che ha previsto speciali modalità di assistenza per la partecipazione dei non vedenti all'atto.

L'eventuale contrasto tra disposizioni contenute nel codice civile e la normativa di cui alla legge notarile non può che essere risolto nel senso della prevalenza del primo sia in quanto legge cronologicamente successiva, sia per l'espresso modo di disporre dell'art. 60 l.n. nota1.

Venendo ad un esame più specifico, gli artt. 603 cod.civ. e 51 l.n. prescrivono una serie di stringenti requisiti formali.

Ai sensi della prima disposizione il testamento pubblico è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni, i quali svolgono la funzione di garantire e di poter provare successivamente la correttezza dello svolgimento delle operazioni di cui in seguito nota2 .

Una volta costituito in atto ed identificato il testatore (art. 49 l.n. ), assunti i testimoni nonché gli eventuali fidefacienti (art.51 n.4 l.n.) e l'interprete, accertata l'idoneità di essi, dato atto dell'eventuale giuramento dell'interprete, il testatore, in presenza dei testimoni, dichiara al notaio la sua volontà, la quale è ridotta in iscritto a cura del notaio stesso. Questi dà lettura del testamento al testatore in presenza dei testimoni. Di ciascuna di tali formalità è fatta menzione nel testamento a cura del notaio nota3 .

Pure il muto ed il sordo (espressione che sostituisce la precedente "sordomuto" per effetto dell'art. 1 della Legge 95/2006) possono fare testamento pubblico. Essi si devono a tal fine servire di un interprete (art. 603 cod. civ., art. 57 l.n.), secondo le prescrizioni di cui alla legge notarile. Per il caso in cui il testatore non conosca la lingua italiana si applicano gli artt. 54 e 55 l.n. .

Il testamento deve indicare il luogo, la data del ricevimento nonché l'ora della sottoscrizione (n.11 dell'art.51 l.n.); il tutto deve inoltre essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni (dagli eventuali fidefacienti e dall'interprete) ed infine dal notaio. Se il testatore non può sottoscrivere, o può farlo solo con grave difficoltà, deve dichiararne la causa: il notaio deve menzionare questa dichiarazione prima di quella afferente alla lettura dell'atto. Tale menzione tiene luogo, quale equipollente, della mancanza di sottoscrizione e pertanto non va effettuata nell'ipotesi in cui il testatore abbia comunque, sia pure in maniera difficoltosa, portato a termine la sottoscrizione (Cass. Civ., Sez. II, 2743/12).

Per il testamento del muto o sordo si osservano le norme stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici ai quali prendono parte questi soggetti. Qualora il testatore sia incapace anche di leggere, devono intervenire quattro testimoni.

Il difetto dei cennati requisiti è sanzionato dall'art. 606 cod. civ. con la nullità per quanto riguarda la mancata redazione per iscritto da parte del notaio delle dichiarazioni del testatore nonché il difetto di sottoscrizione di costui o del notaio. Dall'esame congiunto degli artt. 60 e 58 l.n. emerge che la più grave delle sanzioni invalidanti riguarda anche l'omissione dell'indicazione dell'ora. A questo proposito si pone il problema del coordinamento dell'art. 606 cod.civ., ai sensi del quale ogni difetto formale ulteriore rispetto a quelli previsti dalla stessa disposizione cagionerebbe mera annullabilità, con le cennate disposizioni della legge notarile che aggiungono ulteriori cause di nullità (art.58 l.n. ). Si può osservare che la legge notarile precede l'emanazione del codice civile del 1942, inserendo le disposizioni di essa nel sistema del previgente codice: non a caso il riferito art.60 l.n. prescrive l'applicabilità delle disposizioni del capo in cui è inserito anche ai testamenti ed agli altri atti, in quanto integrative e non contrastanti con la disciplina del Codice civile, del Codice di procedura civile o qualunque altra legge. Sembra così che la stessa legge notarile si preoccupi di risultare sussidiaria rispetto ad altre fonti. E' altresì evidente che la questione è proprio quella di verificare, dato il tenore letterale dell'art. 606 cod.civ., se la prescrizione di cause di nullità ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma si possano porre come integrative del sistema delineato dal codice ovvero in contrasto con la normativa nella misura in cui "per ogni altro difetto di forma il testamento può essere annullato." (art.606 II comma cod.civ. ) nota4. I giurisprudenza si è reputato che la mera mancanza della menzione dell'orario di sottoscrizione dia luogo a mera annullabilità (Cass. Civ., Sez. II, 8366/12), sia pure senza una precisa presa di posizione in relazione al riferito combinato disposto degli artt. 60 e 58 l.n..

Può validamente il notaio aver in precedenza predisposto l'atto sulla scorta della volontà dichiarata dal testatore senza la presenza dei testimoni (avendo cioè raccolto la volontà del testatore in assenza dei testimoni) oppure deve nuovamente provvedere alla redazione del testamento alla presenza di essi?

Prevale l'opinione più liberale nota5 : quello che conta è che il testatore esprima chiaramente la propria volontà alla presenza dei testimoni. Se anche questa volontà corrisponde a quanto già scritto dal notaio su indicazione del testatore medesimo viene raggiunto lo scopo della legge che è quello di evitare che si imputi a chi sottoscrive l'atto una volontà, un intento che non corrisponde al proprio.

Note

nota1

Analogamente Marmocchi, Forma dei testamenti, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, Padova, 1994, p.823.
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nota2

Azzariti-Martinez, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1963, p.401.
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nota3

Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, vol.II, Milano, 1964, p.172.
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nota4

Sul problema la dottrina è divisa. Alcuni (Gangi, cit., p.262) ritengono che l'annullabilità sia comminata solo per la violazione delle forme prescritte dal codice civile e non anche per quelle richieste dalla legge notarile. Altri (Santarcangelo, La forma degli atti notarili, Roma, 1994, p.285) invece, sulla base della prevalenza dell'art.606 cod.civ., affermano (ciò che appare condivisibile) che l'annullabilità del testamento costituisca costantemente la conseguenza della violazione di qualunque adempimento formale diverso da quelli previsti dall'art.606 , I comma cod.civ. (anche se per esso la legge notarile prescrive la nullità).
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nota5

In questo senso Gangi, cit., p.179. Contra Marmocchi, cit., p.831, per il quale la funzione dei testimoni nel testamento pubblico non si limita ad accertare che la dichiarazione scritta corrisponda alla dichiarazione orale, ma si estende a garantire la veridicità del documento anche nella sua formazione, oltre che nel suo contesto finale. Una siffatta interpretazione, tuttavia, determinerebbe una intromissione dei testimoni nell'attività di redazione tipica del notaio, che non è riscontrabile altrove all'interno del nostro ordinamento.
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Bibliografia

  • AZZARITI-MARTINEZ, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1982
  • GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Milano, 1964
  • MARMOCCHI, Forma dei testamenti, Padova, Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, I, 1994
  • SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, Roma, 1994

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