Individuazione dei legittimari, rapporti tra gli stessi


L'art. 536 definisce i legittimari come coloro a favore dei quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione. Tali soggetti si identificano con il coniuge, i figli, gli ascendenti. Ai figli sono equiparati gli adottivi. Le disposizioni che andiamo ad assumere in considerazione sono state novellate per effetto dell’entrata in vigore, a far tempo dal 7 febbraio 2014, del D. Lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, portante riforma della filiazione. L’espunzione della differenza tra figli naturali e figli legittimi, come anche della limitazione della qualifica di legittimari ai soli ascendenti legittimi, ha comportato non irrilevanti modificazioni in riferimento al precedente assetto. Il prosieguo dell’art. 536 evoca la dinamica della rappresentazione disponendo che, a favore dei discendenti dei figli, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli. La quantificazione della porzione legittima in favore dei figli è operata dall’art. 537: “salvo quanto disposto dall'articolo 542, se il genitore lascia un figlio solo, a questi è riservata la metà del patrimonio. Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli.” Per poter rettamente intendere la portata della norma è indispensabile procedere alla lettura congiunta dell’art. 542, espressamente evocato dall’art. 537. La norma assume infatti in considerazione il concorso del coniuge, in virtù del quale le quote riferite subiscono una modificazione in senso ovviamente riduttivo: “se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, a quest'ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge. Quando i figli, sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli, è effettuata in parti uguali.” Dunque la quota destinata al singolo figlio muta non solo in dipendenza del numero dei figli, ma anche in relazione al concorso con il coniuge del defunto. Il figlio unico è erede necessario in ragione di metà dell’asse, ma se concorre con l’altro genitore la quota si riduce di un terzo. Se i figli sono due, a ciascuno spetta un terzo qualora manchi l’altro genitore, altrimenti la loro porzione scende ad un quarto. La presenza di figli ulteriori non incide sulla attribuzione complessiva a loro della porzione riservata ai discendenti, determinando soltanto una ripartizione paritetica all’interno di tale quota, da suddividersi per capi. È stato soppresso del tutto il diritto di commutazione in favore dei figli legittimi rispetto a quelli naturali. La posizione del coniuge è contemplata dall’art. 540, a mente del quale “a favore del coniuge è riservata la metà del patrimonio dell'altro coniuge, salve le disposizioni dell'articolo 542 per il caso di concorso con i figli.” Dunque il coniuge da solo è erede necessario per la metà, mentre nel caso di concorso con i discendenti (il cui numero diviene ininfluente) la quota si riduce ad un quarto, come già detto. Il co. 2 dell’art. 540 contempla altresì l’attribuzione al coniuge dei diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Sulla natura di prelegato ex lege di tale attribuzione e su come abbia a gravare sulla disponibile e, solo per il caso in cui ne superi il valore, sulla porzione legittima prima del coniuge, poi dei figli, ci siamo già intrattenuti. L'art. 548 riserva al coniuge separato gli stessi diritti di quello non separato, purché non gli sia stata addebitata la separazione. In caso contrario la legge gli riconosce solo un assegno vitalizio, purché già titolare di quello alimentare. Infine la successione degli ascendenti viene disciplinata dall’art. 538: “Se chi muore non lascia figli, ma ascendenti, a favore di questi è riservato un terzo del patrimonio, salvo quanto disposto dall'articolo 544”. Quest’ultima norma, a propria volta, assume in considerazione il concorso tra ascendenti e coniuge. Con tutta evidenza non si dà invece concorso tra ascendenti e discendenti in quanto l’eventuale presenza di questi ultimi porrebbe fuori gioco i primi. Ai sensi dell’art. 544 “Quando chi muore non lascia figli, ma ascendenti e il coniuge, a quest'ultimo è riservata la metà del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto”. Cosa accade se v’è pluralità di ascendenti? Il quesito è risolto dall’ultimo comma degli artt. 538 e 544 che evocano lo stesse criterio: la quota di riserva ad essi attribuita è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall'art. 569, dettato in materia di successione ab intestato. Va infine fatta espressa avvertenza di come, ai sensi del co. 21° dell’art. 1 L. n. 76/2016, alle parti dell'unione civile si applicano gli artt. 536564 sussistendo una piena equiparazione ai fini successori tra unione civile e coniugio. Cosa accade se uno dei legittimari esprime rinunzia all'eredità? E' stato deciso al riguardo che non opera l'accrescimento, non estendendosi la portata dell'art. 522, dettato in tema di successione ab intestato, al diverso ambito della successione necessaria (Cass. Civ., Sez. II, 27259/2017).

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