Forma del contratto risolutorio di preliminare avente ad oggetto beni immobili



Questione assai importante è quella del sindacato relativo alla forma del contratto risolutorio di un contratto preliminare che abbia ad oggetto beni immobili. Per impostare correttamente la questione, occorre notare che l'art. 1350 cod.civ. prevede l'indispensabilità del formalismo ad substantiam per le sole pattuizioni che abbiano come effetto quello di costituire, modificare o estinguere diritti reali immobiliari.
In altre parole, qualora non esistesse la norma di cui all'art.1351 cod.civ., che espressamente estende la forma vincolata alle pattuizioni preliminari, ogniqualvolta le medesime si riferiscano alla futura conclusione di contratti che trasferiscono diritti concernenti immobili, la forma di tali contratti preliminari sarebbe libera. Infatti il contratto preliminare, ex se, non ha certamente alcuno degli effetti previsti dalle ipotesi di cui all'art. 1350 cod.civ., sortendo mera efficacia obbligatoria. Esso produce, in altri termini, il semplice effetto di vincolare gli stipulanti alla conclusione del contratto definitivo. La sua efficacia in ordine al trasferimento di diritti reali immobiliari è, per così dire, mediata o dall'intervento successivo delle parti che pongono in essere il contratto definitivo o da quel surrogato giudiziale che è previsto dalla legge all'art. 2932 cod.civ. e che consiste nella emanazione di una sentenza costitutiva che tiene luogo del contratto definitivo non stipulato.

Quando non è dato di rinvenire alcuno degli "altri atti specialmente indicati dalla legge" di cui al n.13 dell'art. 1350 cod.civ. (ciò che si verifica per il preliminare ex art. 1351 cod.civ.), la regola generale sembrerebbe dunque essere quella della libertà delle forme nota1.

Verifichiamo la fondatezza dei ragionamenti svolti in relazione al tema della forma del contratto risolutorio del preliminare avente ad oggetto immobili. Che effetti produce quest'ultima specie di convenzione?
Sicuramente effetti meramente obbligatori nota2 ; altrettanto certamente non può dirsi operativo il principio del formalismo ad substantiam correlato alla produzione degli effetti che l'atto è idoneo a sortire in relazione a beni immobili. In definitiva si può dire che non esista una norma specifica che prescriva una determinata forma per l'atto in questione. Se ne dovrebbe logicamente inferire la non vincolatezza di esso sotto il profilo formale (Cass. Civ. Sez. II, 3816/88).

Il dibattito giurisprudenziale sul punto è stato assai vivace.
Le sezioni unite della Suprema Corte, in esito ad un'annosa querelle , hanno posto il principio in base al quale i requisiti formali ad substantiam valgono anche per l'accordo risolutorio del preliminare (Cass. Civ. Sez. Unite, 8878/90). Ciò non impedisce che, assai recentemente, la questione sia stata nuovamente rimessa all'attenzione delle medesime SSUU (Cass. Civ. Sez. II, ord. 15114/2021), per sfociare comunque in una conferma del risalente orientamento (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 4714/2022).
L'argomentazione dotata di maggior forza logica consiste nella considerazione degli effetti propri del preliminare, tra i quali spicca su tutti la possibilità di fare ricorso all'esecuzione in forma specifica per il tramite dello strumento di cui alla sentenza costitutiva ex art. 2932 cod.civ.. Si è sostenuta la tesi in forza della quale il preliminare avente ad oggetto beni immobili è suscettibile, sia pure mediatamente, in via giudiziale, di produrre efficacia traslativa in ordine a diritti reali. Ne seguirebbe che il patto diretto a risolverlo debba rivestire la stessa veste formale nota3.

Ciò non ha impedito che la Suprema Corte statuisse ancora in senso contrario, non richiedendo il formalismo dello scritto ad substantiam per l'accordo risolutorio di preliminare concernente immobili, proprio sulla scorta del difetto di produzione di effetti traslativi dello stesso, nonchè dell'impossibilità di assumere il caso sotto il disposto del n.13 dell'art. 1350 cod.civ. . Il contratto risolutorio di preliminare produce, infatti, l'estinzione di rapporti di natura meramente obbligatoria (vale a dire il già riferito obbligo di contrarre: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 5684/91).

Ben presto però la Cassazione è tornata dell'avviso esattamente opposto: si è reputato che la ratio dell'assoggettamento al formalismo fosse esattamente eguale a quella di cui all'art. 1351 cod.civ.: il negozio risolutorio produce effetti su diritti reali immobiliari mediatamente, per il tramite di rapporti obbligatori, i quali poi tuttavia incidono nel campo dei diritti reali stessi (Cass. Civ. Sez. II, 928/94). Tale orientamento è stato ripreso in termini conformi da pronunzie successive (Cass. Civ. Sez. II, 1790/95 ; Cass. Civ. Sez. II, 13104/95; Cass. Civ. Sez. III, 9341/04; Cass. Civ., Sez. II, 13290/2015) di modo che, attualmente, può dirsi consolidato. Va da sè come, dal punto di vista probatorio, non potrebbe darsi conto neppure con giuramento decisorio del perfezionamento verbale di un siffatto accordo (Cass. Civ., Sez. II, 30446/2018).

Si può tuttavia osservare, sempre dal punto di vista sostanziale, che nel caso dell' 1351 cod.civ. il collegamento è di primo grado, mentre nell'ipotesi in esame il collegamento è di secondo grado: il contratto risolutorio incide cioè sul contratto preliminare il quale, a propria volta, incide nel campo dei diritti reali immobiliari.

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In altre fattispecie di collegamento negoziale in cui si poneva un problema logicamente affine (si pensi ad esempio all'accordo risolutorio relativo ad un contratto di lavoro), la S.C. ha statuito in maniera diametralmente opposta (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 4471/96). Occorre tuttavia notare che in detto caso, cosa non poco rilevante, la forma vincolata era stata prevista dalle parti pattiziamente ex art. 1352 cod.civ. e non per legge.

In definiva, riassuntivamente, l' iter logico-argomentativo dell'orientamento attualmente dominante in giurisprudenza è così sintetizzabile:
  1. la ratio della forma vincolata del contratto preliminare deve essere ricercata nell'attitudine del medesimo a sortire, in via mediata, il trasferimento del diritto reale relativo ad enti immobiliari se non altro per il tramite della sentenza di cui all'art. 2932 cod.civ.;
  2. anche il contratto risolutorio di contratto preliminare avente ad oggetto beni immobili è connotato da questa attitudine mediata: infatti, ponendo nel nulla una pattuizione che avrebbe avuto l'effetto mediato di produrre un trasferimento immobiliare, indirettamente impedisce che questo si produca;
  3. dunque anche tale tipo di accordo, come quello preliminare, essendo connotato dall'attitudine mediata a sortire l'efficacia descritta, deve essere connotato dal medesimo requisito formale.

Va notato come in un certo senso possa riportarsi al tema in esame l'esito di una decisione, del tutto contestabile, in forza della quale il contegno delle parti le quali non avessero provveduto a designare il notaio per dar corso alla stipula del contratto definitivo di vendita immobiliare potrebbe essere valutato in chiave di mutuo dissenso (Cass. Civ., Sez. VI, 22820/12). E' evidente come, per tale via, ritornerebbe surrettiziamente a proporsi la teorica della libertà delle forme in riferimento al contratto risolutorio di preliminare deducente beni immobili, addirittura nella variante più estrema del contegno concludente.

Se l'eliminazione integrale del vincolo negoziale preliminare deve rivestire indispensabilmente, come detto, la forma scritta, rimane tuttavia da interrogarsi circa la sorti dell'accordo volto a modificare soltanto un elemento (non essenziale) del contratto. Al riguardo è stato deciso, con riferimento al termine previsto dalle parti per concludere il trasferimento della proprietà, come non sia indispensabile la forma scritta (Cass. Civ. Sez. II, ord. 8765/2021).

Note

nota1

Perlingieri, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987, p. 30.
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nota2

In tal senso Sacco, Il contratto, tomo 1, in Tratt.dir.priv., diretto da Rescigno, Torino, 1993, p. 616; Minniti, Il formalismo negoziale tra procedimento e fattispecie, in Quadrimestre, 1993, p. 468 e La Torre, La forma dei negozi risolutori, in Giust.civ., 1961, I, p. 154, i quali ritengono che non sarebbe richiesta la forma vincolata, applicandosi, quindi, il principio di libertà delle forme, giacché in questo caso la risoluzione demolisce solo rapporti obbligatori.
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nota3

Analogamente Scognamiglio, Osservazioni sulla forma dei negozi revocatori, in Temi Napoletani, 1961, vol. I, p. 433, che rileva la perfetta simmetria tra il negozio risolutorio e quello preesistente con la conseguenza che anche quello risolutorio deve avere i requisiti di forma del precedente.
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Bibliografia

  • LA TORRE, La forma dei negozi solutori, Giust. civ., I, 1961
  • MINNITI, Il formalismo negoziale tra procedimento e fattispecie, Quadrimestre, 1993
  • PERLINGIERI, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987
  • SACCO, Il contratto, Torino, Trattato Rescigno, 1985
  • SCOGNAMIGLIO, Osservazioni sulla forma dei negozi revocatori, Temi napoletana, I, 1961

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