Predisposizione della denuncia di successione. Responsabilità del notaio per i valori espressi. Concorso colposo del cliente "esperto" danneggiato. (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 13592 del 21 maggio 2019)

Chi si affida a un professionista può legittimamente attendersi di ricevere una prestazione diligente ai sensi del II comma dell’art. 1176, cod.civ., mentre non è esigibile dal cliente alcun controllo sull’operato del prestatore d’opera, quale che siano le sue competenze o qualifiche professionali. Nel rapporto di prestazione d’opera intellettuale, infatti, il committente ha diritto di pretendere dal professionista una prestazione a regola d’arte e non è perciò tenuto a controllare se l’opera stessa sia stata compiuta in modo tecnicamente corretto. In presenza di un inadempimento del notaio ai propri obblighi professionali non è ontologicamente configurabile il concorso colposo del danneggiato.
Il professionista il quale compia un atto dannoso o inutile per il cliente, non è esonerato da responsabilità per il solo fatto che sia stato il cliente a domandargliene l’esecuzione, a meno che non dimostri di avere correttamente ed esaustivamente informato il cliente sulla dannosità o pericolosità dell’atto richiestogli.
La soglia della diligenza minima esigibile dal professionista ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cod.civ., è indeclinabile, e non si abbassa sol perché il committente possegga specifiche competenze professionali.
Il notaio risarcisce il danno per avere indicato un valore errato del bene nella denuncia di successione pertanto anche se il cliente è un esperto.

Commento

(di Daniele Minussi)
Discutibile l'esito interpretativo della S.C.: nel caso di specie veniva in considerazione il caso di un notaio (rectius: dei di lui eredi) convenuti in giudizio da chi, essendosi a lui affidato per la predisposizione di una denunzia di successione, si doleva del pregiudizio derivante dal pagamento di imposte superiori rispetto a quelle che sarebbero risultate dovute facendo applicazione dei criteri di valutazione automatica basati sulle rendite catastali. Nell'ipotesi specifica i detti valori erano stati indicati in misura ben superiore a quella che sarebbe risultata dall'applicazione dei riferiti parametri. A nulla valeva la deduzione ad opera della difesa del notaio di una duplice circostanza: a) la qualifica specifica rivestita dai clienti, uno dei quali era architetto, l'altro avvocato; b) il fatto che tali valori fossero stati indicati dai clienti stessi. E' sfuggito, ai giudicanti, il senso pratico. Andrebbe infatti osservato come al notaio non spetti la determinazione del valore del corrispettivo o del valore dei beni (dovendo essere determinati tali elementi da altri professionisti: geometri, architetti, commercialisti), dovendo il pubblico ufficiale al più fare avviso del criterio legale di valutazione e dei rischi connessi al mancato rispetto degli stessi.

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