Esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod.civ. e preliminare di vendita di cosa altrui



Ci si interroga relativamente alla praticabilità dell'esecuzione in forma specifica di cui all'art.2932 cod.civ. nell'ipotesi in cui il contratto preliminare di vendita abbia ad oggetto una cosa altrui venduta come tale, vale a dire un impegno con il quale una parte (promissario alienante) si impegna a vendere ad un'altra parte (promissario acquirente) una cosa che, al momento della conclusione dell'accordo, non è di sua proprietà.
Al proposito non è irrilevante rammentare che, almeno secondo la preferibile opinione, la vendita (definitiva) di cosa altrui di cui all'art. 1478 cod.civ. viene costruita in chiave di una alienazione i cui effetti traslativi reali (1376 cod.civ. ) sono differiti al tempo in cui la cosa che ne è oggetto viene acquisita dal venditore che ne ottiene la proprietà dal terzo nota1. Ciò premesso, in linea astratta, nulla osta a che un bene non (attualmente) di proprietà dell'alienante possa essere dedotto sotto lo schema del contratto preliminare nota2. In questa ipotesi rimane da accertare se, in caso di inadempimento dell'obbligo a contrarre, sia possibile per il promissario acquirente agire instando per l'emissione di una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod.civ. .
La questione rischia di porsi in modo ambiguo: occorre infatti chiarire che la differenza tra vendita di cosa altrui e mero preliminare di vendita di cosa altrui consiste nel fatto che la prima possiede un'efficacia traslativa differita che scatta automaticamente nel tempo in cui il promissario venditore acquista la proprietà del bene dal terzo. La seconda invece richiede, a tal fine, la preventiva stipulazione di un contratto definitivo di alienazione dell'altrui diritto, rispetto al quale si pone come eventuale succedaneo la pronunzia costitutiva dell'autorità giudiziaria. Insomma, nel secondo caso, stante l'efficacia meramente obbligatoria del vincolo preliminare, occorre un passo in più rispetto alla pur necessaria finale acquisizione del diritto già spettante al terzo (Cass. Civ. Sez. II, 593/80 ) nota3. Occorre inoltre chiarire che il proprietario del bene non assume alcuna obbligazione nei confronti del promissario acquirente neppure quando abbia aderito alla stipulazione, rimanendo eventualmente obbligato soltanto nei confronti del promittente alienante (Cass. Civ. Sez. III, 15035/01). D'altronde il promissario acquirente non può agire per ottenere la risoluzione per inadempimento se non una volta scaduto il termine previsto per l'atto traslativo senza che il trasferimento non sia avvenuto, neppure quando fosse stato all'oscuro dell'altruità del bene (Cass. Civ., Sez. II, 4164/2015).
Enunziati questi principi, occorre stabilire se, quando si parla di contratto preliminare di cose altrui, si faccia riferimento all'obbligo di prestarsi alla stipulazione di una futura vendita di cosa ancora altrui (cioè alla stipulazione di un contratto definitivo di vendita di cosa altrui), ovvero si intenda piuttosto alludere all'obbligo di trasferire la proprietà della cosa attualmente altrui, fermo restando che essa, al tempo del contratto definitivo, sarà già di proprietà dell'alienante (la successiva stipulazione integrerà un contratto definitivo di cosa propria). Come appare evidente, per lo più si tratterà di questa ipotesi. In questo senso si può condividere l'opinione prevalente nota4 secondo la quale, salva diversa volontà espressa dalle parti, il contratto definitivo (cui le parti intendono riferirsi al momento della stipulazione del preliminare) dovrebbe configurarsi come vendita di cosa propria ad immediati effetti reali, e che, conseguentemente, esso dovrebbe venire stipulato in esito all'acquisizione da parte del promittente della proprietà del bene nota5. Diverso ancora è il caso in cui il promittente alienante stipuli il preliminare afferente al bene altrui senza prospettarne l'appartenenza ad altri, vale a dire nomine proprio. Nell'eventualità, nella quale non potrebbe giovare l'intervento di una ratifica dell'effettivo proprietario, stante il difetto di spendita del nome suo, ciò che conta è che il promittente venditore si doti di una idonea procura entro il termine previsto negozialmente, onde poter adempiere al proprio obbligo di contrarre (Cass. Civ. Sez. II, 485/02).
I dubbi di qualificazione sono alimentati da una ulteriore constatazione: il preliminare di un contratto traslativo dovrebbe contemplare, quale effetto essenziale e qualificante, la costituzione a carico del promittente di un'obbligazione di trasferire la proprietà del bene al promissario. E' plausibile quindi ritenere che anche il preliminare di vendita di cose altrui obblighi il promissario alienante non già semplicemente a prestare il mero consenso alla stipulazione di un contratto che ancora non produce effetti definitivi (come sarebbe appunto se il contratto preliminare dovesse avere ad oggetto un contratto definitivo di cosa altrui), bensì (interpretando estensivamente gli artt. 1478 cod.civ. e 1476, n. 2 cod.civ.), a perfezionare un contratto produttivo dell'acquisto del diritto in capo al promissario acquirente. Questo ragionamento vale tuttavia semplicemente a dirimere i possibili dubbi interpretativi, non essendo comunque precluso alle parti di diversamente dare vita ad un contratto preliminare che abbia quale riferimento una vendita ancora avente ad oggetto la cosa come appartenente ad altri.
Le cose dette conducono a riferire conclusivamente dell' impossibilità giuridica a domandare l'esecuzione del preliminare in forma specifica ex art. 2932 cod.civ. fino a quando il bene non sia stato acquistato dal promittente alienante. L'appartenenza del bene ad un terzo infatti impedisce alla sentenza costitutiva di produrre gli stessi effetti traslativi del contratto concluso (Cass. Civ. Sez. II, 51/96). Questo esito interpretativo è stato ribadito anche con riferimento all'ipotesi in cui il bene promesso in vendita fosse anche soltanto parzialmente altrui (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 26367/10). Al contrario non vi sarà alcun ostacolo alla praticabilità dell'azione in parola in esito all'acquisto del bene da parte del promittente alienante (Cass. Civ. Sez. II, 11572/04).

Note

nota1

Tatarano, in Codice civile annotato, a cura di Perlingieri, vol. VI, Torino, 1980, p. 793; Rubino, La compravendita, in Tratt.dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1971, p. 342; Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm.cod.civ., Libro IV, Torino, 1991, p. 53.
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nota2

Si reputa in giurisprudenza che il preliminare di vendita di cose altrui debba essere disciplinato per analogia facendo ricorso alle norme dettate in tema di vendita di cose altrui, previa valutazione di compatibilità:cfr. Tribunale di Siracusa, 17 febbraio 1995 . In dottrina cfr. Bianca, La vendita e la permuta, in Tratt.dir.civ., diretto da Vassalli, vol. II, Torino, 1993, p. 771; Matteo, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol. IV, p. 904.
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nota3

Pesiri, Il contratto preliminare di vendita di cosa altrui. La vendita di cosa altrui e il preliminare di vendita di cosa altrui, in Corriere Giuridico, 1999, n. 5, p.478; Gazzara, La vendita obbligatoria, Milano, 1957, p. 141.
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nota4

Bianca, op.cit., p. 127; Pesiri, op.cit., p. 479.
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nota5

Secondo questa interpretazione il contratto preliminare di cosa altrui obbligherebbe l'alienante ad attivarsi per ottenere l'acquisto della cosa: una volta acquisita al patrimonio di costui diverrebbe per il medesimo attuale l'obbligazione di stipulare il contratto definitivo con il promissario acquirente (per effetto del preliminare). La stipulazione di un successivo contratto definitivo avente ad oggetto ancora una cosa altrui non arrecherebbe alcun ulteriore vantaggio all'acquirente, dal momento che l'effetto reale sarebbe pur sempre differito, nè muterebbe la posizione di obbligo facente capo al promittente alienante in ordine al risultato di trasferire in capo all'acquirente la proprietà della cosa promessa in vendita. Contra Franceschetti-De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1998, p. 127, i quali ritengono che il contratto preliminare di vendita di cose altrui obbliga le parti a concludere un futuro contratto definitivo, indipendentemente dalla circostanza che la cosa diventi di proprietà del promittente alienante. La stipulazione di un successivo contratto definitivo avente ad oggetto una cosa (ancora) altrui non sarebbe del tutto superflua per il compratore: mentre il preliminare sortisce semplicemente effetti di natura obbligatoria con riferimento alla futura stipulazione (definitiva), invece la vendita di una cosa altrui, una volta acquisito direttamente o indirettamente il bene dal terzo, determina infatti l'automatico trasferimento del diritto al compratore. In tal senso cfr. Tribunale di Lanciano, 29 luglio 1979; Cass.Civ. Sez. II, 925/97 .
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Bibliografia

  • BIANCA, La vendita e la permuta, Torino, Tratt. dir. civ. dir. da Vassalli, vol. VII- t. 1-2, 1993
  • FRANCESCHETTI-DE COSMO, I singoli contratti, Napoli, 1998
  • GAZZARA, La vendita obbligatoria, Milano, 1957
  • MATTEO, Torino, Comm.cod.civ. dir. da Cendon, 1999
  • MIRABELLI, Dei singoli contratti, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1968
  • PESIRI, Il contratto preliminare di vendita di cosa altrui. La vendita di cosa altrui e il preliminare di vendita di cosa altrui, Corriere giuridico, 5, 1999
  • RUBINO, La compravendita , Milano, Tratt.dir.civ. e comm. già dir. da Cicu-Messineo, e continuato da Mengoni vol.XVI, 1971
  • TATARANO, Art. 1478 cod. civ. , Torino, Cod.civ.annotato con la dottrina e la , giurisprudenza a cura di Perlingieri, 1980

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