Nozione di costruzione (distanze legali)

Di primaria importanza è verificare quale elemento materiale possa essere definito "costruzione" ai fini del rispetto delle distanze.
Cosa deve intendersi con il termine "costruzione"? Non lo è, secondo la giurisprudenza, il muro che adempia alla mera funzione di contenimento del dislivello naturale del terreno (Cass. Civ. Sez. II, 14710/2019). La regola relativa alle distanze non si applica agli ampliamenti delle costruzioni preesistenti che non producano modifiche della precedente sagoma in altezza o in larghezza sul fronte verso il confine (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 14543/04; cfr. tuttavia Cass. Civ. Sez. II, 18272/07 nella direzione potenzialmente contraria, nell'eventualità di costruzione in sopraelevazione che sia allineata in senso verticale rispetto all'altrui sottostante proprietà preesistente, nell'ipotesi in cui quest'ultima appartenga allo stesso soggetto proprietario dell'area confinante, nonché Cass. Civ. Sez. II, 15390/2014 sempre in materia di modifica della falda della copertura). In tema di ricostruzione di fabbricato preesistente, cfr. invece Cass. Civ. Sez. II, 28297/2021: essa si applica invece anche in relazione alle costruzioni che possano essere reputate accessorie (Consiglio di Stato Sez. IV, 836/2019).
Si può inoltre riferire che la regola del rispetto delle distanze in parola si applica analogamente alle c.d. "ricostruzioni" di fabbricati preesistenti (distrutti per eventi umani o naturali). Ogni variazione della sagoma rispetto a quella precedente darebbe vita ad una costruzione che potrebbe essere qualificata come "nuova". Ciò, si badi bene, non soltanto in relazione alle parti eccedenti in altezza, larghezza e profondità quelle preesistenti, dovendo l'intera edificazione essere considerata come tale (Cass. Civ. Sez. II, 17176/08). Successivamente la S.C. è tuttavia intervenuta, specificando che tali gravi conseguenze si producano soltanto nel caso in cui lo strumento urbanistico specificamente consideri una siffatta disciplina per l'ipotesi della ricostruzione, altrimenti dovendosi considerare "nuova" soltanto le porzioni eccedenti per volume e sagoma rispetto a quelle originarie (cfr. Cass. Civ. Sez. II, ord. 12196/2022). In esito all'entrata in vigore della l. 120/2022, alla cui stregua possono essere qualificate come "ristrutturazioni" anche gli interventi di demolizione e di successiva ricostruzione integrale, è stato deciso come sia possibile procedere alla riedificazione dello stabile lungo la preesistente linea di confine quand'anche la distanza tra le costruzioni sia inferiore a quella attualmente di legge, a condizione che lo fosse al tempo della preesistente edificazione (cfr. Cass. Civ. Sez. II, sent. 12751/2023).

Deve considerarsi "costruzione" qualsiasi manufatto non completamente interrato che possieda caratteristiche di stabilità ed immobilizzazione anche mediante collegamento a corpo di fabbrica preesistente (quale un balcone o una scala esterna) che non possieda funzione semplicemente ornamentale (Cass. Civ. Sez. II, 20574/07), con la quale è stato deciso che la distanza deve essere misurata dal limite dell'aggetto che detto manufatto abbia creato verso la proprietà vicina). Per la nozione di "parete finestrata" si veda Cass. Civ. Sez. II, 11048/2022.
Ai fini del computo delle distanze di cui alla norma in esame, il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri non viene considerato (art. 878 cod. civ.). Per converso vengono considerati i muri aventi altezza superiore (Cass. Civ Sez. II, 3037/2015). I cortili non contano (Cass. Civ. Sez. II, ord. n. 4025/2023).
Occorre notare che, per effetto dell'intervento di ulteriore normativa di carattere urbanistico, in concreto i regolamenti comunali possono, in quanto meno restrittivi rispetto a queste norme, risultare inapplicabili, valendo le prescrizioni speciali del codice come misure di salvaguardia proprio in quanto più rigorose (Cass. Civ. Sez. II, 6695/94). Vi sono inoltre elenchi di Comuni in relazione ai quali viene disposta la inapplicabilità delle prescrizioni della legge urbanistica (L. n. 1150/42) così come modificata dalla c.d. "Legge ponte" n. 765/67 (Cass. Civ. Sez. II, 4623/93). Se poi si considera che in tanto rinvengono efficacia le norme regolamentari, in quanto in concreto prescrivano limiti più severi rispetto a quelli di cui all'art. 873 cod. civ., ritenendosi che, in difetto di concerta prescrizione, quest'ultima norma comunque mantenga la propria efficacia (pur tenendo conto del modo di disporre dell'art. 41 quinquies della L. n. 1150/1942 come modificata dalla L. n. 765/67: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 7804/91), diviene dunque evidente che l'art. 873 cod. civ. conserva una propria sfera di applicazione di grande importanza, pur contenendo un importante rinvio alla normativa secondaria.

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