La meritevolezza di tutela degli interessi delle parti (art. 1322 cod.civ.)



Il secondo profilo di rilevanza dell'elemento causale (secondo perchè ulteriore, inteso cioè come profilo di minore estensione logica rispetto a quello, assorbente, della esistenza) è quello consistente nel giudizio di meritevolezza dell'interesse perseguito dai contraenti evocato dall'art. 1322 cod.civ..

Giova compiere un primo ed immediato rilievo: l'aspetto qui in considerazione non può che riguardare, stante il modo di disporre della norma appena evocata, le sole pattuizioni atipiche, innominate, create cioè dalle parti nell'ambito dell'autonomia negoziale nota1. Deve pertanto essere escluso dalla valutazione in parola ogni negozio tipico, per il quale una volta per tutte il legislatore ha compiuto a monte una valutazione positiva della causa in astratto. Né potrebbe riproporsi in tema di negozio tipico una valutazione della meritevolezza ancorata alla causa in concreto, risolvendosi in pratica nell'apprezzamento dell'ulteriore profilo, oggetto di esame separato, della liceità dell'elemento causale nota2. Non si vede infatti come poter introdurre, in relazione ad una causa giudicata lecita, una valutazione in termini di non meritevolezza di tutela dei sottostanti interessi.

Nel merito è possibile osservare che la dottrina tradizionale, facendo leva su una concezione della causa ancorata a quella evidenziata nella relazione al codice del '42 (causa quale funzione economico sociale del contratto) ha risolto il criterio della meritevolezza dell'interesse nell' utilità sociale nota3.

Secondo un'opinione nota4 il capriccio individuale sporadico non potrebbe ottenere la protezione dell'ordine giuridico, dal momento che tanto meriterebbero solo le pretese sociali costanti.

E' stato proposto l'esempio della conversione di un'obbligazione naturale in un'obbligazione civile attraverso una promessa di adempimento: essa sarebbe funzionalmente non idonea, sarebbe non meritevole di tutela.

In questo modo il giudizio di meritevolezza non pare tuttavia avere alcuna autonomia risolvendosi in un confronto con la tipicità sociale.

Il portato ideologico dell'epoca fascista portò poi ad affiancare alla tipicità sociale l'utilità sociale, venendo a connotare di funzionalità l'elemento negoziale.

Altri Autori hanno, più di recente, osservato come questa funzionalizzazione avrebbe potuto in seguito essere giustificata sulla scorta del dettato costituzionale (articolo 42 Cost., funzione sociale della proprietà, limiti alla libertà dell'esercizio di attività economiche, articolo 41 Cost.) nota5.

Partendo dall'analisi del testo della norma (1322 cod.civ.) la quale parla di interesse, una dottrina nota6 ha criticato la concezione della causa quale funzione economico-sociale del negozio, pervenendo alla definizione in chiave di "funzione economico-individuale".

E' in realtà incontestabile, come detto, che una valutazione in chiave di interesse sociale introduca una funzionalizzazione dell'elemento negoziale difficilmente compatibile con il concetto stesso di autonomia contrattuale.

Non è un caso che non si rinvengano pronunzie giudiziarie che, sulla scorta dell'apprezzamento dell'elemento in esame, abbiano negato ingresso a negoziazioni atipiche poste in essere dalle parti.

E' stato poi rilevato che la meritevolezza di tutela da parte dell'ordinamento consiste nella giuridicizzazione della volontà privata, intesa sia quale idoneità in astratto dello schema, sia come effettiva intenzione dei contraenti di assoggettare il rapporto alla normativa legale, ossia di creare un vincolo coercibile secondo i principi giuridici nota7.

Viene così respinta una visione funzionalistica della causa: la meritevolezza di tutela non conduce ad una verifica dell'utilità sociale delle finalità perseguite, bensì alla verifica dell'effettiva e certa volontà dei privati di vincolarsi secondo regole non esclusivamente morali e sociali.

Vi sono nel codice significativi esempi di verifica dell'idoneità della nascita del vincolo giuridico come quel vincolo che le parti abbiano voluto al fine di disciplinare il rapporto cui danno vita:
  1. l'art.1379 cod.civ. fa menzione di un "interesse apprezzabile" dei contraenti relativamente alla stipulazione di un patto inteso a porre un vincolo di non alienazione, la cui efficacia è, in ogni caso, limitata inter partes;
  2. l'art. 1411 cod.civ. parla di un "interesse dello stipulante" in ordine alla stipulazione a favore del terzo;
  3. l'art. 1355 cod.civ. fa discendere la nullità dell'atto che dispone di un'alienazione o dell'insorgenza di un'obbligazione che siano subordinate alla condizione sospensiva il cui evento dipenda dalla mera volontà dell'alienante o del soggetto obbligato.

Da ultimo con Legge 23 febbraio 2006, n. 51 è stato introdotto l'art. 2645 ter cod.civ.. La norma consente la creazione, in esito alla trascrizione dei relativi atti in forma pubblica, di vincoli di destinazione opponibili ai terzi imposti su beni immobili o mobili registrati per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o altri enti o persone fisiche. L'esplicito richiamo al II comma dell'art. 1322 cod.civ. è non poco problematico, ponendosi quale condizione affinchè l'operatività della negoziazione sia riconosciuta dall'ordinamento. Probabilmente un frettoloso legislatore non si è reso conto della problematicità della valutazione in parola, la cui portata non è stata chiarita neppure dopo oltre mezzo secolo a far tempo dall'entrata in vigore del codice civile.

Pare in definitiva logico sostenere che la meritevolezza non consiste nel socialmente utile bensì nel socialmente vincolante, nell'impegnativitá alla stregua della valutazione sociale e di quella dei soggetti che hanno assunto il reciproco impegno nota8.

In questo senso occorre discernere le pattuizioni atipiche, comunque giuridicamente vincolanti da quanto giuridicamente vincolante non è, seppure variamente considerato dal diritto: si possono in tal senso rammentare gli accordi ambientati nella sfera dei rapporti di mera cortesia e le convenzioni dalle quali scaturiscono semplici obbligazioni naturali.

Note

nota1

Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p.771.
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nota2

Contra Bianca, Diritto civile, vol.III, Milano, 2000, p.426. Né può essere invocata la soluzione apparentemente positiva in riferimento alla clausola portata dal contratto di locazione per il cui tramite si vieta al conduttore, sotto pena di risoluzione del contratto, di dare ospitalità non temporanea a soggetti non legati da vincoli parentali (Cass. Civ., Sez. III, 14343/09). Il criterio della meritevolezza deve infatti intendersi evocato nella citata pronunzia, ad abundantiam, comunque assorbito in quello, prevalente, dell’illiceità, considerato congiuntamente ed esplicitamente.
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nota3

Betti, Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt.dir.civ., diretto da Vassalli, XV, Torino, 1943, p.171 e, più di recente, Sicchiero, Il contratto con causa mista, Padova, 1995, pp.1-20.
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nota4

Mirabelli, Dei contratti in generale, in Comm. cod.civ., Torino, 1980, p.29 in sede di interpretazione della Relazione al Cod.civ. al n.603, dove si fa riferimento a fattispecie contrattuali concluse "senza una ragione socialmente plausibile, ma solo per soddisfare il capriccio o la vanità della controparte".
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nota5

Nuzzo, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1974, p.46 e Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1997, passim.
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nota6

Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1965, p.156.
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nota7

Gazzoni, op.cit., p.771.
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nota8

Gazzoni, op.cit., p.762 e La Porta, Il problema della causa del contratto, I, Torino, 2000, p.30. Contra Sicchiero, Il contratto con causa mista, Padova, 1995, p.170, il quale adduce l'esempio di un contratto atipico in cui le parti si obbligano ad usare sempre il titolo nobiliare per riferirsi l'una all'altra e fissano, per l'inadempimento, una clausola penale.A giudizio dell'A. citato, limitandosi il giudizio di meritevolezza all'accertamento della volontà delle parti di giuridicizzare l'impegno assunto (volontà che nel caso in questione sarebbe evidente proprio in forza della stipulazione della clausola penale), ben potrebbe il giudice investito di una domanda di condanna al pagamento della penale conseguente all'inadempimento dell'impegno predetto, limitarsi ad accertare la mera liceità di esso. Di tale aspetto (della liceità) invero non si dubita, poichè l'abrogazione dei titoli nobiliari disposta dalla nostra Costituzione non può importare un divieto di utilizzo degli stessi tra privati.A giudizio del Sicchiero dunque il giudice non potrebbe in ipotesi condannare il convenuto: non tuttavia per difettosità dell'intento di giuridicizzare il vincolo, bensì sotto il profilo, da tenersi distinto, della mancanza di meritevolezza di tutela di un accordo di questo genere, reputato inutile.Questo ragionamento ha tuttavia da tempo manifestato la propria sterilità assoluta sul piano della selezione degli interessi meritevoli di apprezzamento da parte dell'ordinamento. Un tale profilo valutativo porrebbe evidenti problemi di funzionalizzazione delle situazioni giuridiche soggettive difficilmente compatibile con la natura privatistica di esse.
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Bibliografia

  • FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1965
  • LA PORTA, Il problema della causa del contratto, Torino, I, 2000
  • MIRABELLI, Dei contratti in generale, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1967
  • PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1997
  • SICCHIERO, Il contratto con causa mista, Padova, 1995

Prassi collegate

  • Quesito n. 344-2015/C, Negozio di destinazione funzionale ad un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento
  • Studio n. 326-2012/C, Convivenza more uxorio e autonomia contrattuale

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