Vendita di cosa altrui



Ai sensi dell'art. 1478 cod. civ. è possibile la vendita di un diritto relativo ad un bene appartenente ad altri, vale a dire la vendita di cosa altrui.

In questa ipotesi, se cioè al momento della conclusione del contratto di alienazione la cosa che ne è oggetto non risulta di proprietà del venditore, costui è obbligato a procurarne l'acquisto al compratore.

Il caso si verifica quando le parti deducono nel contratto un bene che viene considerato come oggetto di un diritto altrui o perché la circostanza viene espressamente dichiarata o in quanto essa è implicitamente presupposta. Si pensi agli esempi che seguono. Tizio vende a Caio l'appartamento in Roma, Via Appia, dichiarando esplicitamente che attualmente esso è di proprietà di Mevio. Tizio e Caio, entrambi conduttori del magazzino posto in Via Carducci, in relazione al quale, in veste di promissari acquirenti, hanno stipulato da tempo un contratto preliminare di vendita con il proprietario Sempronio, concludono un contratto in forza del quale Tizio vende a Caio la quota di una metà del detto immobile.

Relativamente alla dinamica del trasferimento del diritto, è chiaro che la compravendita non potrà sortire (come sarebbe naturale) un immediato effetto traslativo in funzione del semplice consenso raggiunto tra le parti (art. 1376 cod. civ. ) proprio perchè il bene che ne è l'oggetto non è di proprietà del disponente.

Per questo motivo la vendita di cosa altrui è stata qualificata come una vendita obbligatoria: l'accordo delle parti produce semplicemente l'obbligazione del venditore di procurare la proprietà della cosa al compratore. Il I comma dell'art. 1478 cod. civ. si esprime propriamente in questo senso, affermando testualmente un contenuto obbligatorio del vincolo contrattuale nota1. E' tuttavia vero che in tal modo diventerebbe difficile distinguere la fattispecie rispetto al mero preliminare di vendita di cosa altrui (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 787/2020 in relazione all'efficienza della condotta delle parti in riferimento alla clausola risolutiva introdotta nell'accordo) figura in effetti ben distinta dalla vendita di cosa altrui.

La dottrina ha tuttavia da tempo sottolineato l'insoddisfazione per questa qualificazione della vendita di cosa altrui: a mente del II comma della norma in esame infatti il compratore diventa proprietario della cosa nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa nota2.

Ciò significa che, una volta acquistata la cosa da colui che ne è proprietario, non v'è alcun bisogno di un ulteriore atto di trasferimento allo scopo di far divenire proprietario l'acquirente. L'effetto traslativo interviene immediatamente, non appena il diritto viene acquistato da colui che l'aveva venduto come appartenente ad altri. Un tale risultato si verifica in funzione del consenso già raggiunto dalle parti che avevano precedentemente stipulato la vendita avente ad oggetto la cosa altrui. Per questa ragione si è ritenuto più adeguato qualificare la fattispecie in esame non già come vendita obbligatoria, bensì in chiave di vendita con effetti reali differiti nota3 .

L'efficacia traslativa del consenso, principio scolpito dall'art. 1376 cod. civ. , permane dunque integra anche nella vendita di cosa altrui, pur dovendo essere differita al tempo in cui l'alienante riesce ad acquistare la proprietà della cosa dal terzo. Diversamente dovrebbe dirsi nell'ipotesi in cui la cosa altrui fosse stata dedotta in un accordo preliminare (preliminare di vendita di cosa altrui), dovendosi ricorrere, successivamente all'acquisto operato dal promittente alienante, ad un nuovo atto di trasferimento al promissario acquirente, in difetto del quale si paleserebbe la necessità per costui di procedere proponendo una domanda giudiziale ex art. 2932 cod. civ. (Cass. Civ. Sez. II, 51/96 ). Differentemente si atteggia anche la promessa del fatto del terzo, nella quale la condotta del terzo consiste nel trasferimento della cosa di sua proprietà (art. 1381 cod. civ. ) (Cass. Civ. Sez. II, 2363/81 ).

La condotta adempiente del venditore nella vendita di cosa altrui si sostanzia nell'acquisto della cosa dal terzo proprietario; è tuttavia possibile una modalità alternativa, consistente nel trasferimento diretto della cosa dal terzo proprietario all'acquirente ex art. 1478 cod. civ. nota4. Questo aspetto sarà meglio esaminato in sede di disamina specifica del momento in cui si verifica l'effetto traslativo della vendita.

E' chiaro che l'acquisto dal terzo non è un dato necessario ed indefettibile, che cioè debba per forza seguire alla stipulazione del contratto ex art. 1478 cod. civ. : a questo proposito occorre che la vendita di cosa altrui segua entro un certo lasso di tempo entro il quale deve verificarsi l'acquisto del diritto (Cass. Civ. Sez. II, 4260/96 ).

Se da un lato è palese che il compratore non può dolersi del fatto che la proprietà del bene al tempo della conclusione del contratto non sia in capo all'alienante, è altrettanto evidente che questa situazione non possa durare indefinitamente. A tal fine occorrerà la previsione di un lasso temporale entro il quale l'acquisto deve avere luogo, previsione in difetto della quale il termine potrà essere assegnato dal giudice (Cass. Civ. Sez. Unite, 1676/82 ; Cass. Civ. Sez. II, 3637/79 ; Cass. Civ. Sez. III, 1899/75 ) nota5.

Soltanto in esito al decorso di detto periodo di tempo, quando il venditore non abbia ad acquistare la cosa dal proprietario nel tempo stabilito, l'acquirente, in forza dei principi generali, potrà agire per la risoluzione del contratto (art. 1453 e ss. cod. civ.) nonché per il risarcimento dei danni (Cass. Civ. Sez. II, 12953/00 ). Questa regola è stata reputata applicabile anche in tema di contratto preliminare di vendita, quand'anche il promissario acquirente avesse ignorato la condizione di altruità del bene. Pure in tale ipotesi costui non potrà agire in risoluzione se non in esito al decorso del termine previsto per la stipulazione del contratto definitivo (Cass. Civ. Sez. II, ord. 28856/2021; Cass. Civ. Sez. II, 24782/05). Non già di inadempimento, bensì di truffa invece risponde chi, con artifici e raggiri, abbia vantato una insussistente legittimazione a vendere un bene altrui quale promissario acquirente in forza di un contratto preliminare e di una bozza di contratto definitivo non sottoscritto dal venditore (Cass. Pen., Sez. VI, 32514/2015).

Note

nota1

Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. IV, Milano, 1954, p. 59.
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nota2

Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Tratt. dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1995, p. 122 .
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nota3

Cfr.Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ., Libro IV, Torino, 1991, p. 53. Nè è possibile configurare la figura in esame come vendita sottoposta alla condizione sospensiva dell'acquisto del bene dal terzo proprietario perché, in quest'ultima ipotesi, l'efficacia stessa del contratto dipenderebbe dall'intervenuto acquisto della cosa, mentre nella vendita di cosa altrui il contratto è immediatamente produttivo di effetti (Rubino, La compravendita, in Tratt. dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1971, p. 331).
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nota4

Cfr. Rubino, op. cit., p. 345.
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nota5

Così anche Mirabelli, op. cit., p. 55.
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Bibliografia

  • LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, Tratt.dir.priv.dir.da Iudica e Zatti, 1995
  • MIRABELLI, Dei singoli contratti, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1968
  • RUBINO, La compravendita , Milano, Tratt.dir.civ. e comm. già dir. da Cicu-Messineo, e continuato da Mengoni vol.XVI, 1971

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