La divisione giudiziale, vale a dire lo scioglimento della comunione che interviene in esito ad un procedimento civile intrapreso da uno o più condividenti in quanto non si è raggiunto un accordo tra gli stessi circa gli assegni, è connotata da una disciplina non dissimile rispetto a quella della divisione negoziale
nota1. Le difficoltà di procedere allo scioglimento della comunione ereditaria incidentale spesso discendono dalla natura dei beni che vi ricadono. Quando infatti, come per lo più accade, si tratta di beni immobili, non è agevole formare porzioni aventi un valore adeguato alla quota di diritto spettante a ciascun condividente. Spesso la divisione giudiziale è preceduta logicamente dall'azione di riduzione delle disposizioni che si palesassero lesive della porzione legittima (Appello Catania, Sez. II,
1317/2019). Assai delicato è il tema del rapporto che si pone tra le due azioni (cfr. Cass. Civ., Sez. II,
9192/2017). Giova osservare come la mera proposizione dell'azione di riduzione non contenga implicitamente la domanda intesa ad ottenere la divisione (cfr.
Cass. Civ. Sez. V, 26653/2020).
Nell'ambito del giudizio divisorio sono inserite sia le cause aventi ad oggetto il diritto alla divisione inteso come diritto alla singola quota ed all'ammontare di essa, sia i giudizi che vertono sulle concrete modalità di assegnazione e di riparto (Cass. Civ. Sez. II,
2253/78).
E' controverso se quest'ultimo abbia carattere contenzioso o carattere di giurisdizione volontaria (attività materialmente amministrativa e soltanto formalmente giudiziaria). Appare sensato riferire della natura di volontaria giurisdizione del procedimento soltanto quando esso procede senza contestazioni e, al contrario, di giurisdizione contenziosa quando invece si palesa la contestazione di qualche condividente
nota2. Ciò anche quando il giudice avesse delegato un notaio per il compimento delle operazioni divisionali (Cass. Civ. Sez. II,
1520/88). Una volta pronunziati gli assegni divisionali non occorre che venga emanata sentenza accessoria di condanna al rilascio dei beni che fossero nella disponibilità di taluno dei condividenti diverso dall'assegnatario: è sufficiente a tanto la mera pronunzia di assegnazione (Cass. Civ., Sez. II,
28697/2013).
La controversia può essere superata tra i condividenti anche anteriormente all'esito del processo; in questo caso, dopo la risoluzione, il procedimento viene ad assumere (nuovamente) il proprio carattere di giurisdizione volontaria, mantenendolo quando non dovessero emergere ulteriori conflitti
nota3.
Quanto alle modalità procedimentali in forza delle quali si articola la divisione, è stato messo a fuoco come le stesse non possano prescindere da
tre fasi fondamentali, le quali devono procedere secondo un ordine rigidamente progressivo (Cass. Civ., Sez.II,
5266/11). Fondamentale è l'ausilio tecnico che si compendia spesso in una relazione notarile volta a determinare gli elementi utili a fondare il giudizio divisionale (
Cass. Civ. Sez. II, ord. 1065/2022).
Nella prima fase occorre classificare i beni ricadenti nella comunione. Nella seconda vengono formate le quote spettanti a ciascuno dei condividenti (cfr.Cass. Civ., Sez. II,
24184/2019 in relazione all'eventualità in cui, in corso di causa, sia intervenuta la scoperta di un testamento).
Infine nella terza fase viene disposta l'attribuzione. Essa non può prescindere dal rispetto della normativa che sarebbe stata applicabile anche nell'ipotesi della divisione convenzionale (si pensi alla norme in tema di
menzioni urbanistiche: cfr.
Cass. Civ. Sez. II, 2675/2020 nonchè
Cass. Civ. Sez. II, ord. 31106/2023 che si è occupata anche dell'assenza delle certificazioni necessarie per la vendita di beni pignorati che fossero dedotti in divisione). Può darsi che vi siano beni indivisibili: in tal caso la domanda di attribuzione svolta da uno dei condividenti non potrebbe essere considerata "nuova", dunque proponibile anche in grado di appello per la prima volta (
Cass. Civ. Sez. II, 24174/2021).
Una volta che nel corso del giudizio, un condividente sia stato condannato a rilasciare un bene in conseguenza dell'assegnazione dello stesso ad un altro condividente, non è più possibile far valere dal primo un titolo ulteriore posto a giustificazione della situazione di detenzione: pertanto il giudicato sul punto preclude di far valere successivamente un diverso rapporto, quale ad esempio una locazione (Cass. Civ., Sez. III, sent. n.
10850/2014). Va osservato che nel caso in cui tra il tempo di introduzione del giudizio divisionale e quello della decisione sia intercorso alquanto tempo e, conseguentemente, si siano verificate variazioni di valore dei beni che ne sono oggetto, risulta ben possibile che il valore dei singoli lotti (e degli eventuali conguagli) vengano aggiornati (cfr.
Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 37532 del 22 dicembre 2022).
Quid juris se il bene è da considerarsi indivisibile? Al riguardo si può prospettare tanto la soluzione della vendita dello stesso, quanto dell'assegnazione ad uno soltanto tra i condividenti, con l'attribuzione all'altro della quota parte del relativo valore (unica soluzione, quest'ultima, quando il bene fosse oggetto di confisca quanto ad una quota: Cass. Civ., Sez. II,
29862/2019). Giova osservare come l'istanza di assegnazione svolta nel primo grado del giudizio non sia ostativa rispetto alla vendita richiesta in grado di appello (Cass. Civ., Sez. II,
3497/2019).
Cosa dire dell'ipotesi in cui gli immobili si trovino in tutto o in parte all'estero? E' stato deciso al riguardo che la giurisdizione italiana debbe essere reputata sussistente in base ai criteri di collegamento di cui all'art.
50 della L. 218/95, vale a dire o nell'ipotesi in cui il
de cuius fosse italiano, o in quella in cui i Italia avesse in vita il domicilio o la residenza ultima (Cass. Civ., Sez. Unite,
15233/11).
Quanto all'aspetto fiscale, va sottolineato come sia applicabile la disciplina del c.d. "prezzo-valore", pur essendo stato sottolineato come la relativa applicazione debba essere domandata dalla parte che intende avvalersene per tempo (
Cass. Civ. Sez. V, 31100/2023).
Note
nota1
Sottolinea infatti Moscati, Divisione, in Enc. giur. Treccani, p.4, come "la vera caratteristica della divisione giudiziale sarebbe quella che il procedimento per l'attuazione della divisione è regolato dal codice di procedura civile (artt. 784-791), che da questo punto di vista si affianca alle disposizioni di carattere sostanziale del codice civile". Si veda ancheDe Cesare, Gaeta, La divisione giudiziale, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, vol. II, Padova, 1994, p.43.
top1nota2
V. Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.483.
top2nota3
Cfr.Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 1982, p.705; Fragali, La comunione, in Tratt. dir. civ. e comm, diretto da Cicu-Messineo e continuato da Mengoni, Milano, 1983, pp.483 e ss.;Burdese, La divisione ereditaria, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1980, p.123.
top3Bibliografia
- BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
- BURDESE, La divisione ereditaria, Torino, vol. XX, 1980
- CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, II, 1982
- DE CESARE-GAETA, La divisione giudiziale, Padova, Succ. e don. dir. da Rescigno, II, 1994
- FRAGALI, La comunione, Milano, 1983
- MOSCATI, Divisione, Enc.giur. Treccani
Prassi collegate
- Quesito n. 260-2006/C, Divisione giudiziale e normativa sul condono edilizio