Capitale sociale e crisi dell'impresa


a cura del Dott. Luca Restaino, Notaio in Giffoni Valle Piana, Docente nell'Università Roma Tre

1.Premessa 2.S.r.l. semplificate e start up innovative 3.L'art. 182 sexies 4.Aumento
del capitale in presenza di perdite 5.Art. 182 sexies, sottotipi della s.r.l. e start up
innovative 6.La durata della sospensione 7.Le vicende patologiche delle procedure in
relazione alle quali e' disposta la sospensione 8.La fase precedente alla presentazione
delle domande 9.Le modalita' applicative della sospensione 10.Considerazioni
conclusive

PREMESSA
Il legislatore negli ultimi anni si è occupato in più occasioni del capitale sociale:
nuove norme in tema di valutazione dei conferimenti dei beni in natura, s.r.l.
semplificata e a capitale ridotto, start up innovative, art. 182 sexies legge fall.; sono
solo i più importanti esempi di un coacervo normativo dietro il quale non è difficile
scorgere un disegno complessivo finalizzato al ridimensionamento o se si preferisce al
ripensamento del ruolo del capitale sociale nell'ambito delle società.
L'ottica dalla quale proverò ad esaminare le nuove norme è quello della crisi
dell'impresa, ragion per cui tralascerò l'esame delle nuove norme in tema di
valutazione dei conferimenti dei beni in natura che solo marginalmente hanno punti di
contatto con la fase di crisi dell'impresa.
Inoltre, sebbene tra crisi dell'impresa e perdite del capitale non vi sia
coincidenza, in quando si può avere crisi dell'impresa anche senza avere perdite e non
si ha necessariamente crisi dell'impresa tutte le volte in cui si hanno perdite,
nell'analisi dei dati normativi ritengo opportuno partire dall'esame delle norme che
prevedono la riduzione obbligatoria del capitale sociale in presenza di perdite.

S.R.L. SEMPLIFICATE E START UP INNOVATIVE
In tema di s.r.l. semplificate, prendendo atto delle recenti ulteriori novità
normative che hanno portato da un lato alla soppressione della s.r.l. a capitale ridotto
e dall'altro alla possibilità che anche la s.r.l. ordinaria possa essere costituita con un
capitale inferiore ad Euro 10.000, la dottrina si è interrogata sull'applicabilità o meno a
società con capitale sociale minimo degli artt. 2482 bis e ter c.c..
Ci si è chiesti, cioè, se il richiamo alle disposizioni in materia di s.r.l. "in quanto
compatibili" contenuto nell'art. 2463 bis, ultimo comma, c.c., possa essere riferito
anche agli articoli ora richiamati.
L'orientamento finora minoritario propende per l'inapplicabilità delle previsioni
codicistiche in caso di perdite, trattandosi di una disciplina che non sembra possa
essere ritenuta "compatibile" con le peculiarità della s.r.l. semplificata e, in particolare,
con le finalità che hanno giustificato l'introduzione di essa nel nostro ordinamento.
L'applicazione di quella disciplina condurrebbe, infatti, al risultato che, in un numero
significativo di casi, quantomeno in quelli in cui il capitale viene fissato in 1 Euro, la
società si troverebbe probabilmente, sin dal momento della sua costituzione, in una
situazione patrimoniale tale da determinare la necessità dell'adozione dei
provvedimenti di cui all'art. 2482 ter c.c..
Altra parte della dottrina, soprattutto di segno notarile, sostiene, invece, che
non si possa ritenere che la funzione del capitale nelle s.r.l. a capitalizzazione ridotta
possa essere degradata a quella di mera quantificazione dei conferimenti iniziali in
quanto tale conclusione è incompatibile con la responsabilità limitata dei soci.
La s.r.l. semplificata resta pur sempre società di capitali con responsabilità limitata dei
soci e, quindi, non pare ammissibile il permanere di detta responsabilità limitata in
una situazione di deficit del capitale sociale causata dalle perdite subite, e ciò anche
se la linea di confine sia posizionata oggi ad 1 Euro, cioè ad un livello inferiore rispetto
a quello della vecchie s.r.l..
In breve, come hanno sottolineato anche il Notaio Nardone, il Dr. Ruotolo, e il Prof.
Cian, le s.r.l. semplificate non possono definirsi società a capitale assente.
Probabilmente, dunque, tutte le s.r.l. semplificate nascono sostanzialmente già con
perdite superiori al terzo del capitale tali da ridurre lo stesso al di sotto del minimo,
con conseguente applicazione della norma di cui all'art. 2486 c.c. che stabilisce il
divieto per gli amministratori di intraprendere nuove operazioni, pena la loro
responsabilità solidale e illimitata.
Tuttavia questo rischio non può condurre alla disapplicazione della normativa di
cui agli artt. 2482 bis e ter c.c. e questo non solo perchè secondo il noto brocardo
“adducere inconveniens non est solvere argumentum” ma perchè vi sono una serie
precisa di indici sistematici che orientano verso l'applicazione degli articoli in discorso
anche alla s.r.l. semplificata.
Alludo in primo luogo all'art. 2545 - duodecies c.c. dettato per le società cooperative –
prive come è noto di un capitale minimo - che qualifica come causa di scioglimento
"la perdita del capitale sociale", con il che appare abbastanza chiaro che anche le
società senza capitale minimo non possono continuare ad esistere senza capitale.
Non si capisce, quindi, per quali ragioni, per le s.r.l. semplificate, che, è opportuno
ribadire, non sono del tutto prive di un capitale minimo, non si debba ritenere
applicabile l'art. 2482 ter c.c. che impone la ricapitalizzazione della società o, in
alternativa, la sua trasformazione o ancora il suo scioglimento.
In secondo luogo la previsione oggi delle s.r.l. ordinarie con capitale sociale inferiore
ad Euro 10.000, sicuramente sottoposte all'applicazione degli artt. 2482 bis e ter c.c.,
comporterebbe una disparità di trattamento non facilmente giustificabile in ragione
delle sole diverse regole organizzative che caratterizzano le une, s.r.l. semplificate,
rispetto alle altre, s.r.l. ordinarie con capitale sociale inferiore ad Euro 10.000.
Tanto più che quando il legislatore ha ritenuto di dover prevedere una
disapplicazone delle norme in tema di riduzione del capitale sociale non ha mancato di
farlo.
E' quanto è accaduto con le start up innovative introdotte con il D.L. 18 ottobre 2012,
n. 179, convertito, con modificazioni, nella Legge 17 dicembre 2012, n. 221, il cui art.
26 prevede il differimento di un esercizio degli obblighi di ricapitalizzazione nelle
ipotesi di cui agli artt. 2447 e 2482 - ter e di un ulteriore esercizio nelle ipotesi
stabilite dagli articoli 2446, comma secondo, e 2482 - bis, comma quarto, c.c., con
conseguente inoperatività della causa di scioglimento della società per riduzione o
perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, n. 4), e 2545-
duodecies c.c..
Sull'argomento si avrà, comunque, modo di tornare.
Per il momento preme sottolineare come l'applicabilità degli artt. 2482 bis e ter
c.c. alle s.r.l. semplificate, come anche la norma che prevede la responsabilità degli
amministratori che abbiano intrapreso nuove operazioni, sono soluzioni perfettamente
allineate con le scelte compiute oltralpe con riferimento ai modelli societari a
capitalizzazione ridotta.
In Belgio, unico paese dell'Unione dove per le società a capitalizzazione ridotta esiste
anche anche l'obbligo per i soci fondatori di predisporre un "piano finanziario" nel
quale deve essere giustificata l'entità del capitale della costituenda società, viene
stabilito che gli stessi soci fondatori - se la società è dichiarata fallita nel triennio
successivo alla costituzione - rispondono in solido con questa "in una proporzione
fissata dal giudice" se il capitale sociale, al momento della costituzione, era
"manifestamente insufficiente per assicurare l'esercizio normale dell'attività progettata
per un periodo di almeno due anni".
La Francia. Va premesso che in questo paese non esiste un sottotipo paragonabile alla
nostra s.r.l. semplificata in quanto con la Loi 2003-721 del 1 agosto 2003 il legislatore
francese ha risposto alle esigenze di avere un modello societario a ridotta
capitalizzazione eliminando il requisito del capitale sociale minimo per le SARL, pari
all'epoca ad Euro 7.500, senza per questo eliminare la nozione di capitale sociale,
tant'è che sono rimaste in vigore, pur dopo l'eliminazione del capitale sociale minimo,
tutte le regole che tutelano l'effettività del capitale sociale secondo i criteri indicati
dalla Seconda Direttiva CEE.
La novità attiene, pertanto, esclusivamente al momento genetico della società,
laddove la funzione di garanzia del capitale viene sacrificata - sotto un profilo
sostanziale - a favore della semplificazione del procedimento costitutivo, giacché non
si richiede più ai soci fondatori un investimento minimo.
Viceversa, nel momento funzionale restano valide ed efficaci tutte le norme
tradizionalmente dettate a tutela dell'integrità del capitale sociale.
In particolare, resta applicabile a tutte le SARL, anche a quelle "con capitale di un
euro", la regola di cui all'art. L223-42 Cod. com., che dispone l'obbligo di ricostituire il
capitale in presenza di perdite pari o superiori alla metà del medesimo, nonché la
disposizione (L223-33 Code de commerce) che prevede la responsabilità degli
amministratori nei confronti della società e dei terzi «soit des infractions aux
dispositions législatives ou réglementaires applicables aux sociétés à responsabilité
limitée, soit des violations des statuts, soit des fautes commises dans leur gestion»,
responsabilità questa che ha portato la dottrina francese ad approfondire la figura dei
«gérants».
Analoghe le soluzioni adottate in Germania e in Spagna.
Ne consegue, dunque, che le scelte che hanno portato il legislatore italiano
all'introduzione di modelli societari a capitalizzazione ridotta non sono di per sé indice
della volontà di derogare all'intero impianto normativo che disciplina il capitale sociale
una volta formato quanto piuttosto manifestazione dell'esigenza di semplificare le
modalità di costituzione delle società in un'ottica di concorrenza tra ordinamenti nella
capacità di attrarre nuove iniziative imprenditoriali.
Deve, piuttosto, prendersi atto che anche negli altri ordinamenti la
responsabilità degli amministratori prende il posto che prima aveva il capitale sociale
per cui il vero motivo per il quale eventualmente sconsigliare la costituzione di società
a capitalizzazione ridotta è che a fronte di un minore impegno economico nella fase di
avvio dell'attività c'è il rischio di una maggiore responsabilità personale
nell'eventualità in cui l'iniziativa imprenditoriale non abbia successo.
Le s.r.l. a capitalizzazione ridotta assomigliano più, a mio avviso, a delle società in
accomandita semplice.
Come in queste la responsabilità degli accomandatari viene attivata solo in caso di
preventiva e vana escussione del patrimonio sociale così gli amministratori di una s.r.l.
a capitalizzazione ridotta in caso di perdita integrale del capitale vedranno attivata la
loro responsabilità, solidale ed illimitata, per una gestione non conservativa ex art.
2486 c.c...
L'ART. 182 SEXIES
Veniamo alla norma più importante, l'art. 182 sexies della legge fallimentare.
L’introduzione nella legge fallimentare dell’art. 182 sexies, intervenuta ad opera
dell'art. 33 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7
agosto 2012, n. 134 (cd. Decreto Sviluppo), si inserisce nell’insieme di interventi che
stanno contrassegnando l’elaborazione di una legislazione speciale volta a fronteggiare
e superare la crisi economica in atto.
La norma va, dunque, a giusta ragione collocata nell’ambito del “diritto societario della
crisi”, categoria ancora bisognosa di sistemazione teorica ma che esprime in modo
evidente l’esigenza di ristabilire il collegamento, a lungo mancato, tra il diritto
societario ed il diritto fallimentare, e di conciliare gli interessi protetti dei soci e dei
creditori sociali, disciplinando il funzionamento delle società non solo nella fase
dell’approssimarsi della crisi ma anche nel corso dello svolgimento sia del fallimento
che, soprattutto, delle procedure di soluzione negoziata della crisi.
Nell’ambito di tali disposizioni legislative vanno menzionati, sul versante della
dotazione del capitale di credito necessario per consentire il tentativo di risanamento e
favorirne il buon esito, gli artt. 182 quater e quinquies legge fall. che delineano gli
incentivi all’effettuazione di finanziamenti all’impresa in crisi ricollegabili ad una
procedura di concordato preventivo o di ristrutturazione dei debiti, aggiungendo
all’esonero dalla sottoposizione a revocatoria (cfr. art. 67, comma 3, lett. d ed e,
legge fall.), in caso di fallimento conseguente al mancato esito della procedura di
risanamento, quello della sottoposizione di tali finanziamenti al regime della
prededuzione.
Dall’opposto versante della dotazione di capitale di rischio va in primo luogo ricordata
la recente massima del Cons. not. di Firenze secondo la quale "E’ sempre possibile
aumentare a pagamento il capitale sociale di una società sottoposta a concordato
preventivo, indipendentemente dalla fase della procedura nella quale essa si trovi.
Tale operazione, per le sue intrinseche caratteristiche, non richiede alcuna
autorizzazione giudiziale e in nessun caso pone problemi di compatibilità con la
procedura.
Anche gli incrementi del patrimonio netto – senza intervenire sul capitale – sono
sempre possibili, indipendentemente dalla fase della procedura, e non richiedono
alcuna autorizzazione giudiziale; ove gli apporti siano sottoposti a condizione
risolutiva (ad esempio, si tratti di versamenti in conto futuro aumento di capitale
collegati al buon esito della procedura di concordato) e chi li effettua voglia garantirsi
il diritto ad una restituzione in prededuzione, si applicherà quanto prescritto dall’art.
182 quinquies, commi 1°, 2° e 3°, l.f.".
La norma di cui all'art. 182 sexies legge fall. chiude il cerchio: viene contemplata la
sospensione degli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482 bis, commi
quarto, quinto e sesto, e 2482 ter del codice civile, e della causa di scioglimento della
società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, e 2545
duodecies del codice civile.
Tale sospensione opera allorché la società depositi una domanda di concordato
preventivo ai sensi dell’art. 160 legge fall., una domanda di omologazione di un
accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182 bis, primo comma, legge fall. o una
proposta di accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182 bis, sesto comma, legge
fall., che in dottrina sono state definite “domande protettive”.
Gli effetti dell’art. 182 sexies, per disposizione espressa, operano anche in caso di
domanda di concordato “con riserva” o “in bianco” che ha esaminato il Dr. Ruotolo.
In precedenza, nell’assenza di previsioni specifiche, era questione dibattuta se
l’accesso al concordato preventivo, che peraltro prima aveva finalità essenzialmente
liquidatorie, comportasse una deroga alle regole sulla riduzione obbligatoria del
capitale sociale in caso di perdite.
Risultava prevalente la tesi secondo cui l’apertura della procedura di concordato
dovesse ritenersi fungere da condizione sospensiva dell’obbligo di riduzione del
capitale per perdite, con la conseguenza che l’adempimento di tale obbligo sarebbe
risultato differito all’esito della procedura di concordato, sempre che se ne fossero
conservati (o sopravvenuti) i relativi presupposti.
Minore credito riscontrava, in questo contesto, la tesi secondo cui la reintegrazione del
capitale ridotto per perdite costituiva, in mancanza di una deroga espressa da parte
del legislatore, una condizione essenziale per accedere al concordato preventivo.
All'orientamento prevalente si è in sostanza ricollegato lo stesso legislatore con
l’introduzione dell’art. 182 sexies legge fall., come emerge dalla stessa Relazione
illustrativa al D.L. 83/2012 a mente della quale: “La norma recepisce un orientamento
interpretativo diffuso in tema di concordato preventivo (per la verità formatosi
soprattutto con riguardo al concordato liquidatorio piuttosto che rispetto a quello con
continuità aziendale) ma lo estende anche al procedimento di ristrutturazione di cui
all'art. 182 bis, commi primo e sesto”.
La sospensione opera in tal caso non soltanto in caso di accordo già concluso e che la
società sottoponga all’omologazione, ma anche in caso di accordo solamente proposto
ai creditori, allorché la società, ai sensi dell’art. 182 bis, sesto comma, e seguenti,
chieda al tribunale di proteggere il suo patrimonio in pendenza delle trattative.
L’art. 182 sexies lascia invece da parte i piani di risanamento attestati di cui all’art.
67, comma 3, lett. d, legge fall..
Quanto alla portata della sospensione dell’applicazione delle regole sulla riduzione del
capitale sociale occorre precisare che essa non è completa.
Più precisamente, la sospensione riguarda gli artt. 2446, commi 2 e 3, c.c. per la
s.p.a. e gli artt. 2482 bis, commi 4, 5, e 6, c.c., per la s.r.l., e, dunque, le disposizioni
che prevedono l’obbligo di deliberare la riduzione del capitale se entro l’esercizio
successivo alla sua rilevazione la perdita non si sia ridotta a meno di un terzo, con
l’obbligo in mancanza degli amministratori, dei sindaci o del consiglio di sorveglianza
di chiedere che la riduzione venga disposta dal Tribunale.
Al contrario, continuano a trovare applicazione per la s.p.a. l’art. 2446, comma 1, c.c.
e per la s.r.l. l’art. 2482 bis, commi 1, 2, e 3, c.c., e dunque, in particolare, l’obbligo
degli amministratori di convocare «senza indugio» l’assemblea per gli «opportuni
provvedimenti», cui va sottoposta una situazione patrimoniale aggiornata (art. 2446,
comma primo, c.c.), per la società per azioni, cui corrispondono, per la s.r.l. le
analoghe disposizioni dell’art. 2482 bis, commi 1 - 3, c.c..
La sospensione non trova applicazione, altresì, al divieto di distribuzione di utili ai soci
sino a che le perdite non siano state eliminate, posto dall’art. 2433, comma 2 (e
2478-bis, comma 5) c.c..
Nel caso di riduzione del capitale al disotto del minimo legale, la sospensione
dell’operatività delle relative disposizioni, vale a dire gli artt. 2447 per la s.p.a. e
2482-ter c.c. per la s.r.l., è completa, e dunque potrebbe ritenersi che essa
ricomprenda anche gli obblighi che continuano a trovare applicazione nell’ipotesi di
riduzione del capitale per perdite.
Per quanto concerne la predisposizione della situazione patrimoniale aggiornata,
tuttavia, tale dovere è destinato ad operare, però, anche in relazione alla riduzione del
capitale ex art. 2447 c.c. e questo proprio in virtù della sua espressa conservazione,
ad opera dell’art. 182-sexies, per la riduzione di cui all’art. 2446 c.c., la quale nel
diritto societario comune funge da disciplina generale delle riduzioni di capitale .
Riguardo alla mancata conservazione dell’obbligo degli amministratori di convocare
«senza indugio» l’assemblea è probabile che essa sia dovuta alla frettolosità
dell’intervento normativo, che non ha provveduto ad isolarlo all’interno dell’unitaria
previsione dell’art. 2447 c.c., così come permette più agevolmente di effettuare l’art.
2446 c.c., grazie alla suddivisione delle sue previsioni in commi separati.
La norma si pone in stretta correlazione, da un lato, con l’esigenza di realizzare
ulteriori incentivi all’accesso a tali procedure e, dall’altro, più specificamente, con la
scelta, di rilievo sistematico, di concentrare sul finanziamento tramite capitale di
credito gli afflussi di risorse necessarie a riequilibrare la situazione finanziaria della
società ai fini dell’accesso a tali procedure.
L’obbligo di procedere in ogni caso alla ricapitalizzazione della società pone, infatti,
evidenti ostacoli all’avvio di un tentativo di risanamento qualora i soci attuali, in specie
di minoranza, non intendano investire nuove risorse sottoscrivendo un aumento di
capitale e nello stesso tempo sussiste l’esigenza di evitare, in conseguenza
dell’azzeramento del capitale preesistente, il venir meno della partecipazione sociale
con la conseguente perdita dei valori ancora esistenti nel patrimonio attivo, pure se
non espressi dal bilancio di esercizio.

AUMENTO DEL CAPITALE IN PRESENZA DI PERDITE
Come è noto, queste esigenze hanno condotto, anche al di fuori delle situazioni
di crisi, ad ipotizzare una procedura di ricapitalizzazione che non passi
necessariamente attraverso la preventiva riduzione del capitale, bensì procedendo ad
un diretto aumento di capitale.
Alludo alla Massima 122 della Commissione istituita presso il Consiglio notarile di
Milano, Aumento di capitale in presenza di perdite, per la quale "La presenza di
perdite superiori al terzo del capitale, anche tali da ridurre il capitale ad un importo
inferiore al minimo legale previsto per le s.p.a. e le s.r.l., non impedisce l'assunzione
di una deliberazione di aumento del capitale che sia in grado di ridurre le perdite ad
un ammontare inferiore al terzo del capitale e di ricondurre il capitale stesso, se del
caso, a un ammontare superiore al minimo legale.”.
Nel caso di procedure di soluzione della crisi il legislatore va addirittura oltre,
giungendo a sospendere sul piano legislativo l’operatività della disciplina sulla
riduzione del capitale per perdite alla ricorrenza di date condizioni ed entro un ambito
temporale delimitato.
ART. 182 SEXIES, SOTTOTIPI DELLA S.R.L. E START UP INNOVATIVE
Le sospensioni previste dall’art. 182 sexies sono destinate a trovare
applicazione anche ai sottotipi di s.r.l. di recente introduzione nel nostro ordinamento,
che contemplano la possibilità di costituzione della società con un capitale anche di
solo 1 Euro, e precisamente la società a responsabilità limitata semplificata e quella
ordinaria con capitale inferiore a Euro 10.000.
Più complessa la questione del coordinamento dell'art. 182 sexies con l'art. 26 del D.L.
18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella Legge 17 dicembre 2012,
n. 221, in tema di start up innovative.
La deroga alla disciplina del capitale sociale presenta nelle start up innovative portata
più ampia ed è destinata a trovare applicazione anche al di fuori del concordato
preventivo o degli accordi di ristrutturazione.
Si pone allora la questione se i criteri di sospensione dettati dall’art. 182 sexies siano
destinati a prevalere sulla disciplina in questione o viceversa.
In realtà le due deroghe operano secondo criteri differenti, uno di tipo temporale
rigido, l’altro di durata ricavabile per relationem, in quanto collegata all’apertura di
procedure di soluzione concordata della crisi ed alla durata delle procedure stesse.
Dunque, la sospensione ai sensi dell'art. 182 sexies è destinata ad operare anche
qualora non siano ancora trascorsi i termini, come si è detto allungati di un anno
rispetto al diritto comune, affinché nelle start up scattino gli obblighi di riduzione, e se
necessario anche di ricapitalizzazione.
Una prevalenza della disciplina delle start up innovative potrà invece prospettarsi
qualora, nella fase di esecuzione del concordato preventivo o dell’accordo di
ristrutturazione, si ripresenti l’esigenza di affrontare le perdite di capitale non
ripianate dalla procedura adottata e dalle modalità predisposte nel piano.

LA DURATA DELLA SOSPENSIONE
Una questione importante è se la sospensione dell’applicazione delle norme
sulla conservazione del capitale sociale abbia portata definitiva.
In questo senso si ritiene che, intervenuta l’omologazione e conclusa la procedura,
cessi implicitamente la funzione della sospensione.
Terminata la procedura con l’omologazione del concordato o dell’accordo di
ristrutturazione, cessa il periodo di sospensione disposto dall’art. 182 sexies, riprende
ad operare la causa di scioglimento e più in generale la disciplina sulle perdite di
capitale, e con ciò il dovere degli amministratori di adottare nell’intervallo
intercorrente tra l’omologazione e la fine dell’esecuzione del concordato - laddove
persistano le condizioni previste dagli artt. 2446 e 2447 (nonché 2482-bis e ter) c.c., -
gli opportuni rimedi previsti dal diritto societario.
In tal senso anche il Consiglio Notarile di Firenze che ha affermato come “con
l’omologazione del concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti di
cui all’art. 182-bis quarto comma l. fall., riprendono pieno vigore gli obblighi di cui agli
artt. 2446 e 2447 c.c. (se si tratti di s.p.a.) e degli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c. (se
si tratti di s.r.l.). Ne consegue che gli amministratori devono a quella data, anche alla
luce della ristrutturazione finanziaria prodotta dal concordato o dall’accordo di
ristrutturazione dei debiti, accertare l’eventuale sussistenza di perdite rilevanti ai sensi
di detti articoli e adottare i provvedimenti conseguenti a tale accertamento”.
Questo non esclude che gli organi sociali potrebbero, in via facoltativa, decidere di
procedere alla riduzione e se del caso anche alla ricapitalizzazione in qualsiasi
momento, sia nella fase dell’esecuzione, sia anche nel corso della procedura in cui
opera la sospensione dell’art. 182 - sexies, dato che tale previsione, come è stato
correttamente osservato, non sopprime del tutto la facoltà di procedere comunque alla
sua effettuazione.
Tuttavia, l’esigenza di tali operazioni è da valutare nell’ambito del piano di concordato
o dell’accordo di ristrutturazione: la ristrutturazione dei debiti, con loro parziale
remissione, o l’incremento contabile dell’attivo netto conseguente in particolare alla
conversione dei crediti in capitale di rischio o alla liquidazione dell’attivo sono vicende,
configurabili alla stregua di sopravvenienze patrimoniali attive, in grado di ridurre o di
eliminare del tutto le perdite.
Dalla situazione patrimoniale aggiornata ad epoca successiva all’omologazione del
concordato o dell’accordo di ristrutturazione, e da presentare all’assemblea chiamata
ad intervenire sul capitale sociale, potrebbe pertanto emergere l'insussistenza
sopravvenuta delle perdite, eliminando così alla radice l’esigenza di tali misure.
Ragion per cui un’esigenza di procedere alla formale riduzione del capitale ed alla sua
eventuale ricapitalizzazione, si porrà solo, oltre che come modalità di esecuzione del
piano di concordato o dell’accordo di ristrutturazione, allorché all’esito del concordato
la perdita non risulti essere stata diversamente ripianata.

LE VICENDE PATOLOGICHE DELLE PROCEDURE IN RELAZIONE ALLE QUALI E' DISPOSTA LA SOSPENSIONE
Resta da esaminare la questione delle conseguenze che possono scaturire dalle
vicende patologiche inerenti le procedure di concordato preventivo e di accordo di
ristrutturazione: la proposta di concordato può essere dichiarata inammissibile (art.
162 legge fall.); il decreto di ammissione alla procedura può essere successivamente
revocato (art. 173 legge fall.); possono non essere raggiunte le maggioranze richieste
(art. 179 legge fall.); può mancare l’omologazione con conseguente dichiarazione di
fallimento (art. 180, comma 7, legge fall.).
Tali vicende producono l'effetto di fare cessare la sospensione delle norme sul capitale
sociale prevista dall'art. 182 sexies.
Altro aspetto da esaminare è se da questa cessazione discenda in via retroattiva la
decadenza dal beneficio della sospensione disposto dall’art. 182 sexies, con
conseguenze in particolare sul piano della responsabilità ex art. 2486 c.c., la quale
pertanto sarebbe sottoposta a reviviscenza colpendo tutti gli atti di gestione posti in
essere con finalità non meramente conservative, ma ricollegabili all’esecuzione del
piano poi non pervenuto a buon fine.
Proprio considerando la simmetria tra esiti fisiologici e patologici della procedura
sembra da escludere l’applicazione della retroattività, ed è preferibile ritenere che il
rischio di abusi non trovi rimedio attraverso la reviviscenza dell’art. 2486 c.c. bensì
mediante il sistema dei controlli dell’autorità giudiziaria e degli altri organi della
procedura.

LA FASE PRECEDENTE ALLA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE
Per quanto riguarda la fase precedente alla presentazione della domanda di
concordato preventivo o della domanda per l’omologazione dell’accordo di
ristrutturazione, ovvero della proposta di accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-
bis, comma 2, il secondo comma della norma in commento si limita a stabilire che
“resta fermo, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui
al primo comma, l’applicazione dell’articolo 2486 del codice civile”.
Ad una prima lettura potrebbe ritenersi che essa non faccia altro che precisare quello
che dovrebbe essere già scontato.
Tuttavia, interpretata in tal senso, non si comprende perché il legislatore abbia sentito
la necessità di riaffermare l’applicazione di una specifica norma e non anche delle altre
per le quali ugualmente scaturisce automaticamente l’applicazione sino a che non
opera la sospensione.
Tant'è che, sotto questo aspetto, vi è chi ha sostenuto che la norma risulterebbe, ove
interpretata in questo senso, come sostanzialmente superflua, perché finirebbe per
affermare quanto è già di per sé ricavabile a contrario dal primo comma.
Vediamo se sia proponibile una chiave di lettura della norma diversa.
Un lettura, a mio avviso, affascinante della norma viene proposta da Miola in un
recente commento dell'art. 182 sexies destinato ad essere pubblicato in un
commentario sulla legge fallimentare diretto dal Prof. Michele Sandulli al quale devo la
possibilità della lettura anticipata.
In particolare, si sostiene che l'espressa menzione dell’applicazione dei soli doveri di
gestione conservativa fissati dall’art. 2486 c.c. potrebbe fare ipotizzare l’intenzione del
legislatore di svincolare l’applicazione di tale norma dalla ricorrenza delle condizioni
alle quali essa è di regola legata, consentendone l’applicazione in via autonoma ed in
qualche modo preventiva.
La soluzione potrebbe essere cioè quella di operare una netta distinzione tra il
suddetto obbligo di gestione conservativa, scaturente dall’art. 2486 c.c., di cui l’art.
182 sexies, comma 2, intende confermare l’applicazione, e le condizioni da cui di
regola nel diritto societario tale applicazione dipende, vale a dire il verificarsi di una
causa di scioglimento ed in specifico di una riduzione del capitale sociale al di sotto del
minimo legale.
In questo senso, potrebbe emergere una lettura dei doveri di gestione conservativa
fissati dall’art 2486 c.c., suggerita dal legislatore, come categoria più ampia e non
necessariamente collegata al verificarsi di una causa di scioglimento, ed in particolare
di una riduzione di capitale al di sotto del minimo legale, bensì riferibile più in generale
alle situazioni di prossimità della crisi, e come tale destinata a delineare i doveri degli
amministratori in tali circostanze in modo più preciso.
Lo stesso Miola, pur proponendo una simile interpretazione, ritiene in realtà preferibile
ritenere che con la previsione concernente la salvezza dell’applicazione dell’art. 2486
c.c. il legislatore intenda ribadire che gli obblighi gestori previsti in capo agli
amministratori hanno una portata più estesa rispetto alle vicende che concernono il
capitale sociale e pertanto si riferiscono, più precisamente, al verificarsi di altre cause
di scioglimento che possono venire in considerazione nell’approssimarsi della crisi
senza che ne risulti coinvolto il capitale sociale, quale in particolare il ricorrere della
sopravvenuta impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, di cui all’art. 2484,
comma 1, n. 2, c.c..

LE MODALITA' APPLICATIVE DELLA SOSPENSIONE
Nello stesso tempo, emerge l’esigenza di ricostruire dei percorsi predeterminati
e pertanto «protetti» in favore degli organi gestori, in modo che le decisioni, ed in
particolare le misure di risanamento adottate, non risultino completamente affidate
alla loro discrezionalità.
A questo obiettivo possono ricollegarsi le massime elaborate dal Consiglio Notarile di
Firenze su «Crisi di impresa e disciplina degli obblighi di mantenimento del patrimonio
netto», con cui si è intesa precisare l'applicazione dell'articolo in discorso in relazione
alla possibili «scansioni temporali» delle decisioni degli amministratori e delle decisioni
dei soci nell’ambito degli adempimenti prescritti dagli artt. 2446 e 2447 (e artt. 182-
bis e ter c.c.) in rapporto alla presentazione delle domande e proposta di cui all’art.
182-sexies, ed alla non operatività della causa di scioglimento per perdite che
riducano il patrimonio netto sotto il minimo legale.
In particolare si è affermato che:
a) gli amministratori possono presentare una delle tre tipologie di “domande
protettive” anche prima della riunione dell’assemblea, che deve comunque essere
convocata senza indugio;
b) gli amministratori possono altresì depositare una delle tre tipologie di “domande
protettive” dopo che l’assemblea convocata per la ricapitalizzazione non abbia
deliberato in tal senso, né abbia adottato uno degli “opportuni provvedimenti”;
c) gli amministratori possono infine depositare una delle tre tipologie di “domande
protettive” dopo che sia spirato il termine per la conclusione della ricapitalizzazione.
In questi ultimi due casi la causa di scioglimento si sarebbe già verificata ma essa non
può operare in quanto il diritto fallimentare “congela” temporaneamente le regole
societarie (secondo periodo del primo comma dell’art. 182-sexies).
Si ritiene infine che gli amministratori possono legittimamente depositare una delle
tre domande “esonerative” nonostante che l’assemblea abbia deliberato la
ricapitalizzazione della società, quando essi ritengano che tale ricapitalizzazione non
abbia concrete possibilità di esecuzione o abbia tempi di esecuzione non compatibili
con la necessità di conservare l’integrità o il valore del patrimonio sociale.
Un tema che presenta profili di interesse anche notarile è quello dell’ordine del giorno
dell’assemblea convocata in occasione della crisi.
Poiché gli amministratori, salva l'ipotesi di cui all'art. 152 legge fall., sono competenti
alla presentazione della domanda di concordato, l’assemblea convocata ai sensi
dell’art. 2446 o dell’art. 2482-bis c.c. non deve deliberare sul punto, potendo limitarsi,
se del caso, a prendere atto della avvenuta presentazione della domanda di
concordato o della intenzione degli amministratori di presentarla.
In tal caso il problema dell’ordine del giorno non si pone.
La questione è più complessa perchè, come accennato, l’art. 152 l. fall. consente che i
soci si riservino nello statuto la decisione circa la presentazione della domanda di
concordato.
In tal caso:
a) gli amministratori non possono (legittimamente) presentare una domanda di
concordato prima della riunione dell’assemblea;
b) è dubbio se la decisione di presentare una domanda di concordato preventivo possa
essere considerata uno degli “opportuni provvedimenti” di cui agli artt. 2447 e 2482-
ter, con il che sembra da escludere che l’assemblea genericamente convocata ai sensi
delle suddette norme possa legittimamente deliberare in tal senso in assenza di
un’espressa previsione di tale materia nell’ordine del giorno.
Le constatazioni che precedono suggeriscono particolare cautela nell’introduzione di
una clausola di riserva ai soci della decisione sulla presentazione della domanda di
concordato.
Tale riserva, infatti, può rendere più difficile ottenere la protezione del patrimonio
sociale in casi di urgenza.
In relazione all’intervento richiestogli, ai sensi dell’art. 152 l. fall., in caso di
presentazione di una domanda di concordato, si deve notare che il notaio non deve
vagliare l’idoneità dello strumento al superamento della crisi e/o alla ricostituzione del
capitale.
Ciò a differenza di quanto gli è richiesto di fare in caso di ricapitalizzazione.
Ciò per due autonomi motivi:
a) in primo luogo, il piano di concordato potrebbe ancora non essere stato redatto, se
si tratti di domanda “con riserva” ai sensi dell’art. 161 comma 6°);
b) in secondo luogo, e soprattutto, in quanto a differenza della ricapitalizzazione il
notaio si limita a dare assistenza all’avvio di un percorso lungo e complesso, che
prevede una serie di sbarramenti e controlli che danno sufficienti garanzie ai soci e ai
terzi.
La sospensione dell’applicazione della disciplina in tema di riduzione del capitale
sociale al di sotto del minimo legale deve essere posta in rapporto con il verificarsi
della corrispondente causa di scioglimento di cui all’art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.,
vale a dire per «la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo quanto è
disposto dagli artt. 2447 e 2482-ter» e dall’art. 2545-duodecies per le società
cooperative, norma di cui l’art. 182-sexies a sua volta dispone la sospensione.
Ricordato che oggi il fallimento non è più causa di scioglimento della società dobbiamo
rilevare, quanto meno sul piano formale, un difetto di formulazione della norma, posto
che, mentre per le società di capitali viene richiamata specificamente la sola causa di
scioglimento concernente la perdita di capitale, per quanto riguarda le società
cooperative viene richiamato l’intero art. 2545-duodecies, che recita «la società
cooperativa si scioglie per le cause indicate ai nn. 1, 2, 3, 5, 6, e 7 dell’art. 2484,
nonché per la perdita del capitale sociale», esponendosi alla possibilità che per tali
società la sospensione possa valere per tutte le cause di scioglimento indicate dalla
norma richiamata.
Quando si è in presenza di una causa di scioglimento già intervenuta e che è stata
iscritta nel registro delle imprese è necessario chiarire fino a che punto questa
sospensione possa estendersi in rapporto allo stadio in cui è pervenuto il
procedimento di liquidazione, il quale a rigore prende l’avvio proprio dall’iscrizione nel
registro delle imprese.
Nulla esclude, dunque, che l’apertura della liquidazione della società preceda la
domanda di ammissione al concordato o di omologazione dell’accordo di
ristrutturazione e che si sia già provveduto alla nomina dei liquidatori.
La sospensione del procedimento di liquidazione, per effetto delle domande o della
proposta di cui all’art. 182-sexies, potrà avvenire in qualsiasi stadio esso sia
pervenuto senza con questo che debba procedersi alla revoca della liquidazione e
dunque sia che la nomina dei liquidatori sia intervenuta, sia, viceversa, che non sia
ancora intervenuta.
Nel primo caso, è da ritenere che rientri nei poteri di costoro quello di proporre una
domanda di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione.
Semmai, solo successivamente alla chiusura della procedura si porrà la questione della
necessità di procedere ad una revoca della liquidazione.
Nel secondo caso, viceversa, spetterà agli amministratori procedere all’iscrizione della
causa di scioglimento, diversa da quella di cui all’art. 2484, n. 4, c.c., nel registro delle
imprese e nello stesso tempo di gestire la società secondo i criteri di cui all’art. 2486
c.c., ed in questo contesto, presentare le domande o la proposta di cui all’art. 182-
sexies, mentre può dubitarsi se essi debbano convocare l’assemblea per la nomina dei
liquidatori.
Infatti, in questo caso è da ritenere che presenti carattere assorbente l’avvio della
procedura di soluzione concordata della crisi, rispetto alla quale risulta quindi
superflua la nomina dei liquidatori, conservandosi peraltro in capo agli amministratori
il potere di gestire l’impresa ai sensi dell’art. 167 l. fall., entro i limiti dei poteri di
autorizzazione degli organi della procedura e salve le responsabilità conseguenti alla
violazione dell’art. 2486 c.c..

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Giunti al termine dell'analisi delle principali norme relative al capitale sociale nella fase
della crisi dell'impresa sia consentita qualche considerazione di carattere sistematico.
L'introduzione di società a capitalizzazione ridotta in uno alla sospensione e/o
differimento degli obblighi di ricapitalizzazione in presenza di perdite testimoniano, a
mio avviso, come il legislatore abbia inteso risolvere il problema della
sottocapitalizzazione delle società italiane segnalato dal Prof. Portale con la loro “decapitalizzazione”,
cioè eliminando se non il capitale quanto meno il ruolo che il capitale
sociale svolgeva fino ad oggi.
Il legislatore ad oggi non ha ancora compiuto l'ulteriore passo di introdurre accanto
alle azioni senza valore nominale le società senza valore capitale, cioè senza capitale
sociale, ma il ridimensionamento del ruolo del capitale è foriero di alcune conseguenze
indotte forse sottovalutate dallo stesso legislatore.
Sebbene si ritenga, infatti, che il capitale sociale non sia una garanzia diretta per i
creditori sociali ma solo una garanzia indiretta non può tralasciarsi la considerazione
che l'abbassamento della soglia di capitalizzazione e la sospensione o il differimento
degli obblighi di ricapitalizzazione in caso di perdite porteranno, presumibilmente, al
ricorso significativo alle garanzie personali in occasione del finanziamento della
società.
Si sarebbe allora dovuta introdurre anche una riforma delle garanzie mobiliari al fine
di agevolare la diffusione della concessione di garanzie sul c.d. capitale circolante
dell'impresa.
La sola introduzione di società a capitalizzazione ridotta in uno con la sospensione e/o
differimento degli obblighi di ricapitalizzazione non farà altro che aumentare, o in
forma diretta o in forma indiretta, la responsabilità personale e solidale dei gestori
dell'impresa, un risultato che appare in netta controtendenza rispetto ai desiderata del
legislatore.
Inoltre il legislatore della crisi dell'impresa discorre ancora di partecipazione al capitale
di credito e al capitale di rischio laddove a livello dottrinale si è sostanzialmente
affermata la neutralità tra versamento a titolo di finanziamento e versamento in conto
capitale in assenza di ulteriori indici.

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