Ai fini della c.d. "accettazione presunta" d'eredità sortisce effetti anche il compossesso del bene ereditario da parte del chiamato. (Cass. Civ., Sez. VI-II, sent. n. 6167 del 1 marzo 2019)

L'art. 485 c.c. relativo alla chiamata all'eredità di chi è in possesso di beni va inteso nel senso che la nozione di "possesso" ivi contemplata comprenda quella di compossesso. La nozione di "possesso" ex art. 485 c.c., si identifica, infatti, in una qualunque relazione materiale con i beni ereditari idonea a consentire l'esercizio di concreti poteri sui medesimi e non vi è dubbio che il compossesso consente l'esercizio di concreti poteri sui beni che ne formano oggetto.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nel caso concreto sottoposto alla Corte fiorentina e successivamente approdato in Cassazione, si è ritenuto che l'accertamento della qualità di erede puro e semplice del chiamato compossessore di beni ereditari che non aveva redatto tempestivo inventario potesse essere domandato pure dai creditori del medesimo chiamato e non solo da quelli del defunto. Il disposto dell'art. 485 c.c. non sortisce efficacia solo in relazione ai creditori del "de cuius", ma anche con riguardo a quelli dell'erede: in difetto di una normativa che stabilisca diversamente, la qualità di erede possiede una portata unitaria. Non si può infatti ipotizzare che chi è stato riconosciuto come erede lo sia nei rapporti con taluni soggetti e non lo sia in riferimento ad altri.

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