Analogamente a quanto si può osservare in generale in tema di situazioni giuridiche soggettive attive afferenti a diritti reali,
il possesso può essere acquisito a titolo originario nota1.
Ciò avviene con l'apprensione del bene oppure con l'inizio dell'esercizio su di esso di poteri di fatto corrispondenti a quelli che spettano al titolare di un diritto reale di godimento, sempre che queste situazioni non possano dirsi riconducibili alla mera tolleranza altrui (art.
1144 cod.civ.)
nota2.
A questo proposito giova rilevare che talora v'è chi si comporta
uti dominus, ovvero come titolare di un diritto reale di godimento in relazione ad una determinata
res, in quanto, per ragioni di amicizia, di familiarità, di buon vicinato, colui che è il titolare del diritto o il possessore del bene vi consenta per
mera tolleranza (cfr. Cass. Civ. Sez. II,
4327/08 ). Quando si verifica questa situazione, la condotta materiale del soggetto che esercita un potere sicuramente precario e transitorio, non può ovviamente essere definita come possesso (Cass. Civ. Sez. II,
4631/90 )
nota3. Conseguentemente la situazione fattuale (es.: la coltivazione di un fondo) non potrebbe essere invocata ai fini dell'usucapione (
Cass. Civ., Sez. II, ord. 1796/2022).
Il problema in questi casi è quello dell'elemento cronologico della temporaneità, dovendo gli atti di tolleranza essere comunque ricondotti ad un contesto temporale limitato, di modo che si palesa scarsamente compatibile con essa il potere esercitato da un soggetto per parecchi anni (Cass. Civ. Sez. II,
5191/94 ). D'altronde la considerazione che gli atti di tolleranza si sostanzino in un godimento di modesta portata e cronologicamente transitorio o saltuario, deve fare i conti con la natura del rapporto tra legittimo proprietario e colui li pone in essere. E' stato infatti deciso che il vincolo di stretta parentela intercorrente tra i detti soggetti permette di configurare la sussistenza della tolleranza anche in difetto dei cennati caratteri, ordinariamente essenziali (Cass.Civ. Sez.II,
18360/04 ; Cass.Civ. Sez.II,
144/07 ) . Queste considerazioni rendono palese il vero nodo cruciale del problema, quello cioè della distribuzione dell'onere probatorio afferente alla consistenza della situazione. Incombe su chi afferma di essere possessore la prova dei fatti a fondamento del possesso (in essi compreso il fatto che il potere venga esercitato non per mera tolleranza) ovvero, al contrario, incombe su colui che nega la natura possessoria del potere dar conto che esso trae origine dalla semplice tolleranza?
Considerate le presunzioni vigenti in tema di possesso (con particolare riferimento a quella di cui all'art.
1141 cod.civ.) la risposta non può essere se non la seconda:
sarà onere di colui che eccepisce la tolleranza darne specifico conto, al fine di contrastare l'altrui possesso (Cass. Civ. Sez. II,
10771/95 )
nota4.
Note
nota1
Cfr. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.174.
top1nota2
Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.386.
top2nota3
Si vedano, tra gli altri, Patti, Tolleranza (atti di), in Enc. dir., p.701; Galgano, Diritto privato, Padova, 1994, p.132.
top3nota4
Così Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.747.
top4Bibliografia
- BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
- GALGANO, Diritto privato, Padova, 1994
- PATTI, Tolleranza (atti di), Enc. dir.