Risoluzione del contratto di leasing



In tema di contratto di leasing si discute circa l'individuazione della normativa di riferimento per il caso dell'inadempimento dell'utilizzatore.

In astratto potrebbe farsi applicazione sia dell'art. 1526 cod.civ. (dettato in tema di risoluzione del contratto nella vendita con riserva della proprietà), sia dell'art. 1458 cod.civ. (norma generale che disciplina la risoluzione dei contratti di durata).

Assai differenti le conseguenze giuridiche di una tale scelta.

Qualora ci si dovesse riferire all'art. 1526 cod.civ. , l'utilizzatore avrebbe il diritto di ottenere la restituzione dei canoni già corrisposti, salvo il diritto del concedente ad un equo compenso per l'utilizzo della cosa (non spettante quando il bene non fosse stato consegnato: cfr. Cass. Civ., Sez. III, 25732/2015), nonchè al risarcimento del danno nota1. Ciò a meno che non si fosse stabilita contrattualmente l'acquisizione al concedente delle rate già pagate a titolo di indennizzo, nel qual caso, ai sensi del II comma della disposizione in esame, il giudice potrebbe ridurre l'indennità.

Se invece l'ipotesi ricevesse disciplina secondo il più generale principio di cui all'art. 1458 cod.civ. , il concedente avrebbe invece il diritto di trattenere le somme già percepite a titolo di canone, poichè la risoluzione non si estenderebbe alle prestazioni già eseguite nota2.

In giurisprudenza si evoca la differenza tra leasing di godimento, che svolge funzioni di finanziamento, e leasing traslativo, il quale invece è connotato dal normale esito costituito dal trasferimento della proprietà del bene: al primo si applicherebbe l'art. 1458 cod.civ. , al secondo l'art. 1526 cod.civ. (Cass. Civ., Sez.I, 12823/03 ; Cass. Civ. Sez. III, 6034/97 ; Cass. Civ. Sez. III, 65/93 ; Tribunale di Milano, 28-03-1996 ; Tribunale di Roma, 08-04-1994 ). Ciò in quanto il bene oggetto del contratto traslativo è atto a conservare al termine della locazione medesima un valore superiore al prezzo di riscatto e diretto essenzialmente al trasferimento della proprietà dei beni stessi nota3.

Il problema di maggior peso è quello della validità delle clausole dirette in vario modo a rafforzare la posizione di tutela del concedente. Si pensi al patto che preveda, in caso di inadempimento dell'utilizzatore, che egli sia tenuto, oltre alla restituzione del bene, anche alla corresponsione delle rate scadute e non pagate nonchè anche quelle a scadere. In tale ipotesi, in conseguenza dell'inadempimento dell'utilizzatore, il concedente viene a fruire di un lucro potenzialmente doppio rispetto a quello normale. Infatti quest'ultimo potrà recuperare sia l'intero importo dei canoni (scaduti ed a scadere) sia il bene in natura, il quale, prescindendo dal logorio per l'utilizzo, potrà essere nuovamente locato o venduto. La giurisprudenza ha reputato in casi simili la natura di clausola penale di una pattuizione siffatta, correlativamente applicando l'art. 1384 cod.civ., che prevede la riduzione equitativa (Tribunale di Roma, 13-01-1995 ), ovvero ritenendo addirittura nulla la clausola in esame (Tribunale di Roma, 14-01-1998 ) nota4.

La nullità è stata altresì prevista per la clausola che prevedesse la risoluzione in conseguenza di un qualsiasi inadempimento dell'utilizzatore nota5.

Più recentemente si è fatto strada un orientamento in base al quale, una volta qualificata la clausola in esame come penale e considerata la stessa come manifestamente eccessiva, è stata altresì indicata la via per ovviare a tale squilibrio del sinallagma. In particolare la S.C. ha statuito nel senso che, allo scopo di evitare l'eccessività del vantaggio per il concedente, occorrerebbe che fosse contrattualmente prevista o la specifica attribuzione all'utilizzatore del diritto di recuperare in tempi precisi la proprietà del bene una volta restituito l'intero importo del finanziamento, oppure il diritto di imputare il valore dell'immobile alla somma dovuta in restituzione delle rate a scadere. Il tutto in base a decisioni concordate e non lasciate al mero arbitrio di una delle parti. (Cass. Civ., Sez. III, 888/2014). Implicitamente sulla scorta della legittimità della clausola "scaduto+scadere- bene" è stata esclusa l'eccessività della penale nell'ipotesi in cui la concedente avesse limitato la propria domanda alla differenza tra credito vantato dalla stessa e presumibile valore di realizzo del bene già concesso in leasing, in tal modo troncando sul nascere ogni questione legata ai termini per la riallocazione del bene stesso (Tribunale di Treviso, 19 maggio 2014).

Note

nota1

Si vedano Ferrarini, La locazione finanziaria, Milano, 1977, p.63 e ss.; Bonfante, Il contratto di vendita, in Contratti commerciali, a cura di Cottino, in Trattato dir. comm. e dir. pubbl. dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 1991, p.155 e ss..
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nota2

In tal senso Buonocore, voce Leasing, in N.sso Dig. it., IV, 1983, p.808 e ss.; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p.1236; Bussani, Cendon, I contratti nuovi. Leasing, Factoring, Franchising, Milano, 1989, p.85 e ss..
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nota3

Cfr. Franceschetti, De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1998, p.299.
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nota4

In dottrina analogo parere viene espresso, tra gli altri, da Luminoso, I contratti tipici e atipici, in Trattato dir. priv., a cura di Iudica e Zatti, Milano, 1995, p.410 e ss..
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nota5

Così De Nova, Nuovi contratti, Torino, 1990, p.222.
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Bibliografia

  • BONFANTE, Il contratto di vendita, Padova, Tratt.dir.comm.e dir.pubb.econ., 1991
  • BUONOCORE, Leasing, N.sso Dig. it., vol. IV, 1983
  • BUSSANI CENDON, I contratti nuovi. Leasing, factoring, franchising, Milano, 1989
  • DE NOVA, Nuovi contratti, Torino, 1990
  • FERRARINI, La locazione finanziaria , Milano, 1977
  • FRANCESCHETTI-DE COSMO, I singoli contratti, Napoli, 1998
  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, Tratt.dir.priv.dir.da Iudica e Zatti, 1995

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