Procedimento per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno



Ai sensi dell'art. 407 cod. civ. il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno (che può essere presentato da uno dei soggetti di cui all'art. 406 cod. civ. nota1) deve indicare una serie di dati. Vengono in esame: a) le generalità del beneficiario, b) la sua dimora abituale (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-I, 9389/13), c) le ragioni per cui si richiede la nomina dell'amministratore di sostegno, d) il nominativo ed il domicilio, se conosciuti dal ricorrente, del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario. Competente deve ritenersi il Giudice tutelare del luogo di residenza del soggetto potenzialmente beneficiario. In ogni caso conta il luogo effettivo ove la persona interessata sia stabilmente residente o domiciliata, indipendentemente dalle risultanze anahgrafiche (Cass. Civ., Sez. VI-I, 16544/13). Se il potenziale beneficiario risiede all'estero, può essere ritenuta sussistente la competenza del Console ai sensi del I comma dell'art. 34, del testo unico (D.P.R. 200/67) (la cui legittimità costituzionale è stata positivamente sottoposta al vaglio dalla Consulta: cfr. Corte Cost., 51/10).

Sembrerebbe necessario inoltre che il giudice tutelare senta personalmente la persona cui il procedimento si riferisce recandosi, ove occorra, nel luogo in cui questa si trova (cfr. tuttavia in senso negativo Tribunale di Modena, 21 marzo 2005 nonchè Tribunale di Piacenza, 16 settembre 2008). La disposizione riecheggia in una certa misura quella di cui all'art. 419 cod. civ. , relativa all'esame dell'interdicendo e dello inabilitando.
Giova osservare come sia stata riconosciuta la giurisdizione italiana quand'anche il possibile beneficiario, cittadino italiano, risieda all'estero (Tribunale di Mantova, 17 marzo 2007).
Il giudice tutelare provvede dovendo tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa, una volta assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti di cui all'art. 406 cod. civ. . La legge fa dunque riferimento ad un duplice criterio. E' infatti necessario che il giudice tenga presente "i bisogni e le richieste" della persona affetta dalla menomazione. Ciò costituisce la prova più evidente dello spirito dell'istituto, con il quale si è voluto soprattutto cercare di recuperare spazi di autonomia e di dignità della persona. Chiaro è tuttavia come il provvedimento debba essere comunque ispirato alla protezione della persona. A differenza di quanto è possibile riscontrare relativamente ai provvedimenti di interdizione o di inabilitazione l'esito provvedimentale è, nel caso dell'amministrazione di sostegno, assolutamente flessibile. Ne discende la notevole importanza di un'attenta valutazione della concreta situazione da parte del giudice, chiamato a determinare in modo puntuale quali attività il beneficiario possa compiere autonomamente, quali atti debbano invece vedere la necessaria compresenza dell'amministratore di sostegno, quali infine quest'ultimo debba compiere in rappresentanza legale del beneficiario.

Nell'ipotesi in cui il beneficiario non compaia, il Giudice provvede comunque sul ricorso, disponendo anche d'ufficio, gli accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori utili ai fini della decisione.

La flessibilità del provvedimento finale di cui già si è fatto cenno impone che l'adeguatezza del medesimo alla situazione reale del beneficiario sia tenuta costantemente sotto controllo. Si ponga mente al fatto che l'istituto è fruibile anche in riferimento a situazioni di incapacità provvisoria o, comunque, a condizioni di salute che ben possono variare, in quanto relative a patologie in evoluzione (si pensi alla progressività di talune malattie mentali o a patologie degenerative quali il morbo di Alzheimer). Per questo motivo la norma in esame prevede che il giudice tutelare possa, in ogni tempo, modificare o integrare, anche d'ufficio, le decisioni assunte con il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno.

Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 407 cod. civ. in ogni caso, nel procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno interviene il pubblico ministero. Pare invece che non vi siano soggetti che necessariamente debbano, quali litisconsorti necessari, essere presenti nel procedimento, ad eccezione, ovviamente, del ricorrente e del potenziale beneficiario (Cass. Civ., Sez. II, 14160/13).

A far tempo dal 2005 v'è stato un cospicuo movimento di "conversione" dei casi di interdizione ed inabilitazione in amministrazione di sostegno. A quest'ultimo istituto non è tuttavia applicabile la sostituzione fedecommissaria. Il beneficiario non può cioè rivestire la qualità di istituito nè può a lui essere sostituito chi dovesse prendersene cura. V'è così chi ha prospettato addirittura la possibilità di domandare l'interdizione di colui che, già beneficiario di amministrazione di sostegno, si desideri istituire ai sensi dell'art.692 cod. civ. (cfr. in senso negativo, sia pure soltanto in base alla mancata progettazione delle ragioni di protezione del beneficiario, si veda Tribunale Bologna, 31 ottobre 2018).

Note

nota1

Si disputa se, ai fini della presentazione del ricorso, occorra o meno l'assistenza tecnica di un difensore ex art. 82 c.p.c.. Nel senso che lo stesso beneficiario possa liberamente presentare il ricorso, pur privo di un difensore, cfr. Tribunale di Modena, 22 febbraio 2005 . Analogamente si è espressa altra corte di merito con riferimento alla differente ipotesi in cui sia l'assistente sociale a promuovere il procedimento (Tribunale di Roma, 19 febbraio 2005). Questa opinione è stata oggetto di precisazioni. E' stato infatti osservato come se in via ordinaria sia adeguato escludere il ministero di un difensore nell'ipotesi in cui il procedimento sia funzionale all'emanazione di un provvedimento che individui i singoli atti o categoria di atti in relazione ai quali si palesi l'esigenza dell'intervento dell'amministratore di sostegno, altrettanto non potrebbe dirsi nel caso in cui il provvedimento del giudice avesse ad incidere sui diritti fondamentali del beneficiario, prevedendo effetti, limitazioni o decadenze analoghe a quelle previste per l'inabilitazione o l'interdizione (Cass. Civ. Sez.I, 25366/06, orientamento successivamente ribadito da Cass. Civ. Sez.I, 19233/08).
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