Nozione e causa della rendita perpetua



Con il contratto costitutivo della rendita perpetua una parte trasferisce all'altra un immobile o cede un capitale verso il corrispettivo del diritto di esigere in perpetuo una prestazione periodica consistente in una somma di denaro o altre cose fungibili (I comma art. 1861 cod.civ.).

Il II comma della citata disposizione prevede che la costituzione della rendita possa anche rivestire un carattere secondario: essa può infatti essere prevista quale onere dell'alienazione gratuita ( rectius, a titolo di liberalità) di un immobile o della cessione gratuita di un capitale. Allo scopo di differenziare l'ipotesi di cui al I comma rispetto a quella del II comma è giocoforza ipotizzare che il valore dell'immobile ovvero la sostanza del capitale ceduti siano nel secondo caso notevolmente superiori rispetto al valore della prestazione periodica, in maniera tale da far venir meno, almeno in parte, il vincolo sinallagmatico. Il concetto di base, che verrà comunque approfondito specificamente, appare analogo a quello del negotium mixtum cum donatione.



Disputata è la natura giuridica della figura in esame (come del resto si può dire per gli stessi motivi per la rendita vitalizia).

Secondo una tesi nota1, che fa leva anche sulla collocazione sistematica di essa, la rendita perpetua consisterebbe in un contratto tipico (art. 1861, I comma, cod.civ. ) il cui schema funzionale viene esteso (II comma) anche ad atti a titolo gratuito. Qualora la fonte della rendita fosse rinvenibile in un negozio diverso quale un testamento, una promessa unilaterale, troverebbero comunque applicazione le norme di cui agli artt. 1861 e ss. cod.civ..

Viene tuttavia osservato che nella normativa in tema di rendita perpetua non tanto viene disciplinato un tipo contrattuale, quanto un rapporto qualificato da speciali regole la cui operatività discende dalla produzione di uno specifico effetto: la costituzione della rendita nota2. Essa potrebbe scaturire da una serie varia di contratti tipici o atipici, connotati unicamente dall'attitudine a produrre da un lato un'alienazione traslativa, dall'altro l'insorgenza dell'obbligazione periodica afferente alla rendita. La donazione, la vendita, la transazione, il contratto a favore di terzo, una divisione con conguagli ben potrebbero tutte dare origine ad una rendita perpetua, la cui figura dunque non esisterebbe mai come tipo negoziale a sé, essendo sempre inserita in un ambito contrattuale specifico e più ampio. Questo approccio potrebbe rinvenire una conferma nel modo di disporre dell'art. 1869 cod.civ., ai sensi del quale le disposizioni degli articoli 1864 , 1865 , 1866 , 1867 e 1868 cod.civ. si applicano a ogni altra annua prestazione perpetua costituita a qualsiasi titolo, anche per atto di ultima volontà.

Questa teorica ha l'indubbio pregio di indurre una riflessione sul rapporto tra la causa tipica della rendita e quella di altri congegni causali con i quali può innestarsi. Non può tuttavia accogliersi nella sua esclusività per una semplice considerazione. Come qualificare la rendita scaturente da una vendita?

La vendita in quanto tale evoca l'elemento causale del trasferimento di un diritto verso il corrispettivo di un prezzo, vale a dire un effetto traslativo che rinviene quale controprestazione specifica una somma di denaro. Se si trattasse non già di denari bensì di beni in natura avremmo permuta e non vendita. Ebbene: qualora il corrispettivo non fosse l'erogazione di un prezzo, ma erogazioni periodiche e perpetue di denaro o di cose fungibili si tratta per l'appunto di rendita perpetua, contratto tipicamente previsto dal legislatore né più né meno di quanto la legge stessa abbia fatto con la permuta o la vendita.

La peculiarità consiste nell'attitudine della rendita alla correlazione con altre cause tipiche, dando vita ad ipotesi di collegamento negoziale ovvero a contratti misti a seconda della pratica configurazione che tra le parti ha assunto il fenomeno nella sua concretezza.

Ai sensi dell'art. 1863 cod.civ. si qualifica come fondiaria la rendita costituita mediante alienazione di un immobile, semplice quella costituita mediante cessione di un capitale.

La differenza non è particolarmente significativa, data una sostanziale identità di disciplina per entrambi i tipi di rendita.

L'istituto della rendita perpetua corrisponde in ogni caso ad una figura negoziale desueta: non viene vista con favore la costituzione di obbligazioni perpetue, tanto è vero che viene prevista inderogabilmente la possibilità di operare il riscatto. Il debitore può sempre e indipendentemente da qualunque patto contrario provvedere in tal senso (art. 1866 cod.civ. ).

Si noti che il legislatore con la legge 90/1953 , ha provveduto alla rivalutazione delle rendite vitalizie, ma non ha disposto analogamente per quelle perpetue.

Note

nota1

Sostenuta da Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Trattato di dir.priv., a cura di Iudica e Zatti, Milano, 1995, p.329.
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nota2

Si esprimono in questo senso, Lener, Il rapporto di rendita perpetua, Milano, 1967, p.104; Marini, La rendita perpetua e la rendita vitalizia, in Trattato di dir.priv. dir. da Rescigno, vol.XIII, Torino, 1985, p.5; Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.821; Bigliazzi-Geri, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1980, p.318. Il sistema costituito dagli artt. 1861 , 1862 e 1863 darebbe vita ad uno schema generale di rendita perpetua articolato in diversi sottotipi generali, vale a dire nella rendita fondiaria e nella rendita semplice rispettivamente costituite a titolo oneroso o a titolo gratuito. Si faccia attenzione, in particolare, al modo di disporre dell'art. 1862 cod.civ., che collega l'applicazione delle norme sulla vendita o relative alla donazione "all'alienazione" dell'immobile o alla cessione (del capitale). Da ciò v'è chi ha dedotto che la rendita perpetua costituita a fronte della cessione gratuita non debba essere qualificata come una donazione modale, bensì propriamente come rendita perpetua, qualificata da una causa propria (Lener, cit., p.38). Questa conclusione non è indifferente con riferimento alla disciplina afferente all'inadempimento dell'obbligazione di pagamento dell'annualità (che conduce al riscatto forzoso ex art. 1867 cod.civ.).
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Bibliografia

  • LENER, Il rapporto di rendita perpetua, Milano, 1967
  • LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, Tratt.dir.priv.dir.da Iudica e Zatti, 1995
  • MARINI, La rendita perpetua e la rendita vitalizia, Torino, Trattato dir.priv.dir. da Rescigno, XIII, 1985

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