Estinzione della servitù per prescrizione (non uso)



La prescrizione estintiva ventennale (c.d. non uso) contraddistingue tutti i diritti reali minori in re aliena. Il "non-uso" determina l'estinzione di ogni specie di servitù, apparente e non apparente, affermativa e negativa, continua e discontinua. La distinzione tra le specie citate acquista rilevanza quando si tratta di stabilire la decorrenza del termine del mancato utilizzo. La prova del mancato utilizzo incombe in ogni caso, in base al principio generale di cui all'art. 2697 cod.civ., su colui che intende darne conto, al fine di avvantaggiarsene (Cass. Civ. Sez. II, 11054/2022; Cass. Civ. Sez. II, 6647/91). Non importa quale sia la causa della mancata fruizione della servitù, se cioè il non uso dipenda dall'inerzia volontaria del titolare del fondo dominante ovvero dal fatto proprio del titolare del fondo servente. Ciò che conta è unicamente la constatazione del decorso del tempo in difetto di un'attività qualificabile come atto di esercizio della servitù (Cass. Civ., Sez. II, 16861/13).

Il termine prescrizionale di regola decorre dal giorno in cui la servitù ha cessato d'essere esercitata. Come identificare questo momento?

1) Per quanto attiene alle servitù affermative continue, la prescrizione decorre dal momento in cui cessa, per un qualsiasi motivo, l'erogazione dell'utilità nota1 . Occorre dunque precisare che l'impossibilità di fatto di far uso della servitù (es: perimento dell'edificio da cui veniva esercitata una servitù di veduta) e la cessazione dell'utilità, non determinano l'immediata estinzione del diritto di servitù. La situazione può infatti cambiare e l' utilitas connessa alla servitù risorgere. Si determina in queste ipotesi la mera quiescenza della servitù, verificandosi l'estinzione soltanto una volta che fosse inutilmente decorso il termine prescrizionale (art. 1074 cod.civ.)(Cass. Civ. Sez. II, 7887/99 ; Cass. Civ. Sez. II, 10018/97) nota2.

2) Nelle servitù affermative discontinue il non uso decorre dal giorno in cui risale l'ultimo atto d'esercizio. Si consideri una servitù di passaggio: il dies a quo sarà quello dell'ultima occasione in cui il passaggio è avvenuto (non potendo essere sufficiente la constatazione attuale della mera assenza di segni di calpestio: Cass. Civ. Sez. II, 22579/2020). Si pensi all'interclusione del fondo dominante cagionata dall'intervenuta espropriazione di una parte del fondo servente: al riguardo si è parlato di una situazione di "quiescenza" della servitù, prodromica rispetto all'estinzione per non uso (Cass. Civ., Sez. II, 15988/13). Ciò che conta, ai fini di interrompere il termine prescrizionale, è solamente un nuovo atto di esercizio del diritto, essendo ininfluente una diffida stragiudiziale (ad esempio inviata per raccomandata: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 1071/2014).

3) Nelle servitù negative, il termine prescrizionale può dirsi decorrente dal giorno in cui si è verificata la violazione dell'obbligo di non facere . Tale violazione si identifica in un facere contrastante con quel dovere di omettere una certa condotta positiva al quale è tenuto il proprietario del fondo servente (es.: rispetto ad una servitù altius non tollendi, dal momento in cui inizia l'attività di sopraelevazione che è proibita). Occorre che il proprietario del fondo dominante reagisca alla violazione: in difetto di ciò, l'inerzia protratta per vent'anni conduce all'estinzione del diritto (Cass. Civ. Sez. II, 326/98). Se la violazione del divieto è soltanto parziale la servitù non si estingue interamente, ma solo in relazione alle opere per cui non vi è stata reazionenota3.

Si può inoltre, a maggior specificazione di quanto riferito ai punti 1) e 2) che precedono, riferire quanto segue:

a) per quanto attiene alle servitù continue, le quali si esercitano indipendentemente dal fatto dell'uomo (es., acquedotto), il termine avrà decorrenza dal giorno in cui si sia verificato un qualsiasi evento, naturale o umano, che abbia modificato la situazione di fatto ed in conseguenza del quale si sia interrotta l'erogazione dell'utilità connessa alla servitù (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 3857/2016 che accomuna sotto questo profilo servitù negative e servitù continue);

b) in tema di servitù affermative discontinue (ad es., presa d'acqua in primavera) il dies a quo della prescrizione opera dal giorno in cui avrebbero potuto venir esercitate e non ne venne ripreso l'esercizio (art. 1073, II e III comma, cod.civ. ) nota4.

S'è già fatta menzione del modo della servitù e del difetto di autonomia di esso. Questa natura non autonoma condiziona la soluzione del quesito relativo alla possibilità che il modo si estingua in esito a prescrizione estintiva. Il problema è risolto dall'art. 1075 del cod.civ., in base al quale la servitù si conserva per intero anche se non viene esercitata nella sua intera potenzialità: per non uso si può estinguere solo il diritto, non il modo, stante quanto già esposto circa la consistenza del medesimonota5.

Va inoltre precisato che non si estingue per non uso una specifica modalità di esercizio della servitù, maggiore rispetto a quella concretamente fruita. Così se il fondo è gravato da servitù di passo pedonale e carraio, il difetto di passaggio di veicoli quando continuino a transitare pedoni non fa venir meno, ancorchè parzialmente, il contenuto del diritto (Cass. Civ., Sez. II, 8427/2014).

Rimane da analizzare l'effetto di alcune vicende afferenti alla titolarità dei fondi. Nell'ipotesi di contitolarità della proprietà del fondo dominante è sufficiente che uno soltanto dei comproprietari abbia esercitato la servitù al fine della conservazione della stessa a favore di tutti (ma sarebbe più corretto dire a favore di tutto il fondo, stante la caratteristica della predialità): si veda l'art. 1073, V e VI comma cod.civ..
L'acquirente del fondo dominante può inoltre unire al proprio possesso quello del suo dante causa (c.d. accessio possessionis ) ai fini dell'usucapione del diritto di servitù. Inversamente, per quanto attiene alla prescrizione per "non uso" si deve tener conto anche del tempo in cui la servitù non venne esercitata da precedenti titolari (art. 1073, IV comma, cod.civ.).
Quanto alla servitù di uso pubblico (nella quale cioè non sussiste uno specifico fondo dominante, essendo l' utilitas connessa alla fruizione da parte di una specifica cittadinanza), è stato escluso che il mero non uso possa condurre all'estinzione della stessa (Cass. Civ., Sez. I, 3788/2019).

Note

nota1

V. Pugliese, Estinzione per non uso delle servitù continue, in Giur. completa Cort. Cass. Sez. Civ., 1944, p.50.
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nota2

Cfr. Burdese, Servitù prediali, in Tratt. dir. civ., diretto da Grosso-Santoro Passarelli, Milano, 1960, p.102; Messineo, Le servitù, Milano, 1949, p.184.
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nota3

Grasso, voce Prescrizione, in Enc.dir., p.66 e Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.565.
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nota4

Per le c.d. servitù intermittenti, il termine decorrerà dal momento in cui il diritto poteva essere esercitato e non lo è stato. Si vedano p.es. Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1978, p.275; Branca, Servitù prediali, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1987, p.433; Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.697.
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nota5

Così, tra gli altri, Comporti, Le servitù prediali, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p.208; Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.374.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
  • BRANCA, Servitù prediali (Artt. 1027-1099), Bologna-Roma, Comm. cod. civ. a cura di Scialoja-Branca, 1987
  • BURDESE, Servitù prediali, Milano, Trattato dir.civ., 1960
  • COMPORTI, Le servitù prediali, Torino, Trattato dir.priv. diretto da Rescigno, 1982
  • GRASSO, Prescrizione, Enc.dir.
  • MESSINEO, Le servitù, Milano, 1949
  • PUGLIESE, Estinzione per non uso delle servitù continue, Giur. completa Cort.Cass.Sez.Civ., 1944

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