Si parla di
derelizione o di
abbandono per significare la condotta di un soggetto, consistente nell'atto di spogliarsi di una cosa con l'intento di abbandonare il diritto sulla medesima.
Antica questione è se la derelizione abbia o meno
natura negoziale. Secondo un'opinione
nota1 la risposta sarebbe affermativa, in quanto l'effetto non può che essere subordinato alla particolare direzione della volontà del disponente: si tratterebbe, in particolare, di un
negozio di attuazione, nel quale cioè la volontà del soggetto viene direttamente posta in esecuzione in difetto di un congegno dichiarativo
nota2 .
La nozione pare atteggiarsi diversamente a seconda che abbia ad oggetto cose mobili o immobili. In quest'ultimo caso risulta particolarmente difficile apprezzare un intento giuridico di abbandono. Si rifletta, infatti, sul fatto che la legge ha tipizzato alcuni casi specifici, quali l'abbandono del fondo servente di cui all'art.
1070 cod.civ., la rinunzia alla quota del bene in comunione ex art.
1104 cod.civ.: l'espressa previsione normativa si giustifica in funzione dello speciale esito. Non si determina, infatti, l'acquisto del diritto al patrimonio statale (almeno secondo l'interpretazione preferibile
nota3 , per quanto attiene al caso di cui all'art.
1070 cod.civ., in relazione alla quale sono stati posti dubbi
nota4 ), bensì l'acquisto o l'incremento del diritto in capo ad un determinato soggetto. Né in tema di beni immobili l'abdicazione potrebbe ritrarsi implicitamente,
per facta concludentia, come invece sembra possibile per i beni mobili. Questo non già perché, come pure si è detto, un particolare utilizzo del diritto è anche il non farne uso, argomentazione invero poco felice con la quale è stata spiegata l'imprescrittibilità del diritto di proprietà (la quale si giustifica piuttosto per il fatto che essa non vive in un rapporto),
bensì a causa del fatto che la derelizione non si distinguerebbe dalla decisione del proprietario di semplicemente non compiere alcuna attività di godimento e di disposizione del proprio diritto. Le conseguenze giuridiche dell'abbandono (art.
923 cod.civ.) sono diverse a seconda delle caratteristiche dell'oggetto che viene rilasciato. Se si tratta di un bene mobile esso diventerà
res nullius, come tale suscettibile di acquisto da parte di altri soggetti in esito ad occupazione
nota5 . Qualora invece si tratti di un immobile non potrà non farsi applicazione dell'art.
827 cod.civ., norma secondo la quale i beni immobili che non sono di proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato
nota6 .
Detta norma, da non interpretarsi come una presunzione di appartenenza allo Stato degli immobili della cui titolarità non venga data la prova, piuttosto disciplina il caso concreto della derelizione, ponendosi come vero e proprio principio di chiusura (Cass. Civ. Sez. II,
256/76 ; Cass. Civ. Sez. II,
5444/99 ). In ogni caso, ai sensi del n.5 dell'art.
1350 cod.civ. l'atto di derelizione o abbandono avente ad oggetto un bene immobile non potrà se non essere stipulato per iscritto
ad substantiam actus nota7. L'atto in questione ha posto delicati problemi sotto il profilo dell'eventuale
illiceità della causa (art.
1343 cod. civ.). Cosa dire del caso in cui ci si volesse liberare della proprietà di un terreno perchè sullo stesso sono stati riversati rifiuti chimici? Si tratta indubbiamente di un caso limite, ma assai più spesso possono venire in esame ipotesi quali l'intento di chi si voglia liberare della proprietà di una casa per non dover sostenere le spese di manutenzione, oppure semplicemente per non dover continuare a corrispondere le imposte. Se liberarsi degli obblighi di custodia del bene (cfr. l'art.
2051cod.civ.) con la conseguenza di porli a carico dello Stato potrebbe apparire iniquo, non altrettanto è a dirsi nell'ultima delle fattispecie descritte. Proprio in considerazione della complessità delle argomentazioni sul tema, va segnalata la decisione di una corte di merito che ha rimesso la fattispecie alle cure della Cassazione ai fini dell'enunciazione di un principio di diritto che valga a costituire la guida per casi simili (cfr.
Tribunale di L'Aquila, ord. 233/2024).
Note
nota1
Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p.137.
top1nota2
Contra Romano, voce Derelictio, in N.sso Dig.it., p.546, per il quale la derelizione è un contegno, consistente in una o più azioni, quindi non un mezzo per dichiarare la volontà, ma un semplice indizio di essa, e Bianca, Diritto civile, vol.VI, Milano, 1999, p.405, per il quale l'abbandono è un atto giuridico in senso stretto, giacché "l'abbandono è una disposizione di fatto della cosa il cui effetto giuridico è determinato dalla legge".
top2nota3
Cfr. Comporti, voce Abbandono, in Enc.giur.Treccani, p.2.
top3nota4
In particolare Branca, Le servitù prediali, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma,1987, p.401, il quale ritiene che la proprietà del fondo si conservi in capo al rinunziante sino al momento dell'accettazione del beneficiario e, in caso di rifiuto di quest'ultimo, il fondo diverrebbe res nullius sicché, in forza dell'
art.827 cod.civ., proprietà dello Stato.
top4nota5
Conforme Dejana, voce Abbandono (derelictio), in Enc. del diritto, vol.I, p.9.
top5nota6
Così anche Comporti, voce Abbandono, in Enc.giur.Treccani, p.2.
top6nota7
Analogamente Grosso e Dejana, Le servitù prediali, in Trattato di dir.civ.it., dir. da Vassalli, Torino,1963, p.269.
top7Bibliografia
- BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
- BRANCA, Le servitù prediali, Bologna-Roma, Comm.cod.civ., 1987
- COMPORTI, Abbandono, Enc. giur. Treccani I, 1988
- DEIANA, Abbandono, Milano, Enc. dir., 1958
- GROSSO DEIANA, Le servitù prediali, Torino, 1963
- ROMANO, Derelictio, N.sso Dig. it.
- SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002
Formulari clausole contrattuali
Prassi collegate
- Quesito n. 1046-2014/C, Problemi in tema di rinunzia
- Quesito n. 440-2014/C, Rinunzia alla quota di comproprietà: accrescimento e voltura catastale