Vendita immobiliare. Mancata consegna del certificato di abitabilità. Conseguenze. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 39369 del 10 dicembre 2021)

Nella vendita di immobili destinati ad abitazione, pur costituendo il certificato di abitabilità un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilità del bene, la mancata consegna di detto certificato costituisce un inadempimento del venditore che non incide necessariamente in modo dirimente sull’equilibrio delle reciproche prestazioni delle parti comportando l’inidoneità del contratto a realizzare la funzione economico-sociale che gli è propria ed escludendo rilievo alla causa effettiva dell’emissione, giacché la mancata consegna può anche dipendere da circostanze che non escludano in modo significativo l’oggettiva attitudine del bene a soddisfare le aspettative dell’acquirente. Infatti, soltanto nel caso in cui non ricorrano le condizioni per l’ottenimento del certificato in ragione di insanabili violazioni di disposizioni urbanistiche può ipotizzarsi nella mancata consegna del documento un inadempimento ex se idoneo alla risoluzione della compravendita, mentre nelle altre ipotesi l’omissione del venditore non si sottrae a tale fine ad una verifica dell’importanza e gravità dell’inadempimento in relazione alle concrete esigenze del compratore di utilizzazione diretta od indiretta dell’immobile.
In tema di compravendita, si ha consegna di aliud pro alio che dà luogo all'azione contrattuale di risoluzione o di adempimento, ai sensi dell'art. 1453 cod.civ., svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall'art. 1495 cod.civ., qualora il bene venduto sia completamente diverso da quello pattuito in quanto, appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res venduta e, quindi, a fornire l'utilità richiesta.

Commento

(di Daniele Minussi)
Il tema della mancata consegna del certificato di abitabilità è invero annoso, dipendendo anche (e soprattutto) dalla macchinosità del procedimento che prevede, quale evento terminativo, un provvedimento che si forma ex se per effetto del decorso del tempo in conseguenza del silenzio assenso e che dunque non contempla l'emissione di una certificazione positivamente rilasciata da un'autorità a ciò preposta. Se si pone mente alle difficoltà di verifica della correttezza del percorso e della documentazione necessaria per il conseguimento del risultato, si comprende il perchè di un "pasticcio" che sarebbe rimediabile sol che si tornasse, in un certo senso, ai bei tempi andati, quando esisteva un funzionario che, una volta accertata la sussistenza dei requisiti, rilasciava l'agognato documento. Ecco spiegata la contradditorietà delle pronunzie giurisprudenziali sul tema. Se da un lato si è deciso che la mancata consegna del certificato costituisce fonte di danno risarcibile indipendentemente dall'accertata conformità dell'immobile rispetto al progetto approvato, così sostanzialmente ponendo a carico del venditore le conseguenze delle eventuali condotte inerti dell'amministrazione (così Cass. Civ., Sez. II, 23157/2013), nella direzione opposta si è tuttavia messo a fuoco come la mancata consegna del certificato non soltanto non determina l'automatica risoluzione del contratto preliminare, ma la stessa non può neppure essere pronunziata quando sia successivamente accertata la sussistenza in concreto di tutti i requisiti necessari ai fini dell'abitabilità (cfr. Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 29090/2017). La pronunzia in esame parte proprio da questo complesso panorama, stabilendo che la mancata consegna del certificato in questione può non incidere in maniera essenziale sull'equilibrio contrattuale, non legittimando pertanto la risoluzione del vincolo.

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