In generale la legge non può permettere che una persona riceva un vantaggio, consistente in un'attribuzione patrimoniale, correlato ad un danno arrecato ad altri (
nemo locupletari potest cum aliena iactura ), in difetto di una causa che valga a giustificare lo spostamento di ricchezza
nota1.
Per questo motivo l'art.
2041 cod. civ. prevede un rimedio generalissimo, applicabile ad una serie non determinata di casi. Esso consiste nel porre a carico di colui che si sia arricchito patrimonialmente
senza un'adeguata giustificazione a danno di un'altra persona, l'obbligazione di rivalere quest'ultima nei limiti dell'incremento patrimoniale da lui conseguito.
Requisiti della fattispecie possono essere considerati i seguenti:
- L'arricchimento
di un soggetto;
Il depauperamento di un altro soggetto;
Un nesso di causalità tra arricchimento di cui al punto A) e il depauperamento di cui al punto B) ;
L'assenza di una giusta causa in relazione al fenomeno; La mancanza di altra azione a tutela del depauperato (sussidiarietà). Quanto al requisito di cui al punto a), l'arricchimento può consistere sia in un incremento patrimoniale conseguente ad un'attribuzione traslativa, sia in un risparmio di spesa
nota2, come nell'ipotesi in cui il soggetto arricchito abbia fruito di servizi prestati senza corrispettivo o abbia altrimenti evitato una diminuzione patrimoniale.
A quale momento riferire la valutazione dell'arricchimento?
E' dubbio
nota3, in particolare, se l'elemento cronologico vada incardinato in relazione al tempo del fatto che ha determinato la locupletazione
nota4, ovvero a quello della domanda giudiziale
nota5. Si potrebbe ipotizzare, in analogia rispetto all'art.
2038 cod. civ. (dettato in tema di ripetizione dell'indebito e precisamente quando la prestazione indebita consiste in una cosa determinata), che vada effettuata la restituzione della cosa determinata ovvero la corresponsione del
valore attuale (cioè al giorno della domanda) della medesima
nota6.
Per quanto attiene al depauperamento, se questo è di ammontare inferiore all'arricchimento, questa minor misura costituisce comunque il limite della pretesa del soggetto impoverito
nota7.Cosa dire dell'ipotesi in cui, a cagione della condotta negligente dell'impoverito, l'entità dell'impoverimento abbia subito un incremento rispetto a quanto sarebbe stato possibile usando un comportamento diligente? In una siffatta ipotesi è stato deciso affermando l'obbligo dell'arricchito di corrispondere integralmente l'indennizzo, senza che potesse farsi applicazione della regola di cui all'
art.1227 cod. civ. (Cass. Civ. Sez. III,
11454/03 ). Rimane da chiedersi se analoga conclusione sia sostenibile, per tornare al punto che precede, quando la misura dell'arricchimento sia inferiore a quella del depauperamento: nel caso sembrerebbe invero equo che la condotta negligente dell'impoverito non facesse carico all'arricchito se non nei limiti di quanto possa profittargli.
Sub c), in tema di nesso causale (Cass. Civ. Sez. II,
5236/83 ; Cass. Civ. Sez. I,
3368/79), si può rilevare che l'arricchimento deriva solitamente da una condotta dell'arricchito oppure da una condotta del depauperato. Vi sono casi in cui esso è invece la conseguenza di un evento naturale, indipendente dalla condotta dei soggetti coinvolti nel fenomeno (si pensi all'ipotesi dell'avulsione di cui all'art.
944 cod. civ.).
Va comunque posto in luce che il nesso causale tra arricchimento di un soggetto e diminuzione patrimoniale di un altro, può dirsi sussistente
solo quando i due correlativi effetti dipendono da un fatto costitutivo unico nota8 (Cass. Civ. Sez. III,
2087/78 ;Cass. Civ. Sez. III,
2603/75). Si è ad esempio deciso, nel caso di un soggetto danneggiato che aveva conseguito un doppio risarcimento del danno subito (da parte dell'INAIL e da parte dell'ente assicurativo), che la compagnia di assicurazione non potesse giovarsi del rimedio in esame, in base alla considerazione che tale situazione pregiudizievole era dovuta alla negligenza del danneggiante e dell'istituto di assicurazione nel corso dell'attività difensiva (Cass. Civ. Sez. III,
4473/85).
Il problema principale riguarda il caso in cui
l'arricchimento sia stato conseguito attraverso la mediazione di un terzo, che a propria volta si sia arricchito a danno del depauperato (Cass. Civ. Sez. II,
8751/93). Esempio concreto è quello di cui all'ipotesi disciplinata dal I e dal II comma dell'art.
2038 cod. civ. . Da questa norma si desume che chi ha ricevuto a titolo gratuito un bene da un soggetto che, a propria volta, doveva restituirlo avendolo indebitamente ricevuto quale pagamento, possa essere tenuto a rivalere, nei limiti dell'arricchimento, colui che ha effettuato il pagamento non dovuto
nota9. In tale caso il depauperato si può rivolgere direttamente al terzo che ha avuto causa dal soggetto intermedio
nota10.
Sub d) occorre dar conto del problema della
giusta causa dell'attribuzione patrimoniale, che si risolve nell'accertare la mancanza di una giustificazione idonea a supportare l'arricchimento, in difetto della quale evidentemente esso deve essere rimosso
nota11 (Cass. Civ. Sez. I,
5540/78). E' il caso di osservare come specialmente delicato si ponga l'apprezzamento di tale aspetto nell'ipotesi di attribuzioni astrattamente configurabili quali adempimento di obbligazione naturale (Cass. Civ., Sez.III,
11330/09).
Rimane da commentare il requisito di cui al punto e) che precede, consistente nella
mancanza di altra azione (sussidiarietà). Il punto verrà valutato separatamente.
Ulteriore profilo di valutazione merita la domanda di ingiustificato arricchimento relativamente al divieto di
jus novorum di cui al previgente codice di procedura civile, essendosi rilevato che la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento assume la valenza di domanda nuova rispetto a quella, precedentemente introdotta in giudizio, di adempimento del contratto, risultando pertanto assoggettata alla preclusione di cui all'art. 184 c.p.c. (vecchio testo) (Cass. Civ. Sez. Unite,
4712/96).
Particolare importanza assume infine la questione della proponibilità dell'azione di arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione. E' stato affermato infatti che l'azione è esperibile solo a condizione che vi sia stato un
riconoscimento da parte della pubblica amministrazione dell'utilità della prestazione conseguita nota12. Si pensi alla deliberazione di un ente pubblico con la quale viene previsto un compenso per un'attività svolta da un soggetto (cfr. Cass. Civ. Sez. III,
8643/03 che ha riconosciuto l'esattezza del ragionamento del giudice di merito che aveva ravvisato in essa il detto riconoscimento e non già un atto ricognitivo del debito).
Il riconoscimento può avvenire anche in maniera implicita, desumibile cioè dal fatto che l'ente abbia concretamente utilizzato l'opera ovvero la prestazione, giovandosene (Cass. Civ. Sez. Unite,
1025/96 ; Cass. Civ. Sez. I,
6332/96). È stato tuttavia messo a fuoco come la P.A. possa sempre dimostrare di non aver né voluto né essere stata consapevole dell’arricchimento, da considerarsi pertanto “imposto” (cfr. Cass. S.U. 26 maggio 2015 n. 10798). In ogni caso dalla quantificazione dell'indennità dovrebbe essere espunta la componente del lucro cessante (Cass. Civ., Sez. Unite, 23385 11 settembre 2008).
Note
nota1
La valenza morale di questo principio è sottolineata dal Ripert,
La règle morale dans les obligations civiles, Paris, 1949, p. 260.
top1 nota2
Trimarchi,
L'arricchimento senza causa, Milano, 1962, p. 145, ritiene che questa ipotesi debba essere valutata con molta cautela e, ove non si trattasse di estinzione di un obbligo, dovrebbe ragguagliarsi all'importanza dei bisogni insoddisfatti.
Contra Mori-Checcucci,
L'arricchimento senza causa, Firenze, 1943, p. 203.
top2nota3
Il Breccia,
L'arricchimento senza causa, in Trattato Rescigno, vol. IX, Torino, 1984, pp. 837 e ss., reputa che vi sia una vera e propria lacuna sul punto.
top3nota4
Barbiera,
L'ingiustificato arricchimento, Napoli, 1964, pp. 301-304.
top4nota5
Trabucchi,
Arricchimento (diritto civile), in Enc. dir., vol. III, 1958, pp. 72 e ss.
top5nota6
Conforme Di Paola-Pardolesi,
Arricchimento (azione di arricchimento-dir. civ.), in Enc. Giur.Treccani, vol. II, 1988, p. 8; Barbero,
Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p. 848.
top6 nota7
Bianca,
Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p. 816.
top7 nota8
In tal senso Trimarchi,
L'arricchimento senza causa, op. cit., p. 79.
Contra, Trabucchi,
Arricchimento (diritto civile), op. cit., p. 72. L'A. ammette la rilevanza della causalità indiretta "purchè tra i due fenomeni sussista la relazione di necessità storica".
top8 nota9
Bianca,
Diritto civile, op. cit., p. 817. L'A. ritiene che in questo modo la tutela di chi subisce un ingiustificato impoverimento prevale sul terzo che ne profitta gratuitamente.
top9
nota10
Contra Breccia,
L'arricchimento senza causa, op. cit., pp. 841 e ss., il quale sostiene che il terzo può essere chiamato a rispondere solo in caso di preventiva e infruttuosa esecuzione di colui che si è arricchito in via indiretta.
top10 nota11
Conforme Trimarchi,
L'arricchimento senza causa, op. cit., p. 38.
top11nota12
La giurisprudenza è concorde nel ritenere elemento fondamentale il riconoscimento da parte della pubblica amministrazione dell'utilità della prestazione eseguita : v. p.es. Cass. Civ. Sez. II,
2111/91 .
Parte della dottrina ha contestato questo orientamento, rilevando che la necessità del riconoscimento non ha riscontro nella legge: Santi Romano,
Principi di diritto amministrativo italiano, Milano, 1906, p. 605, Bodda,
Arricchimento, Azione di (diritto amministrativo), in N.sso Dig.it., vol. I, t. 2,1958, p. 1009.
top12Bibliografia
- BARBIERA, L'ingiustificato arricchimento, Napoli, 1964
- BODDA, Arricchimento (diritto amministrativo), N.mo Dig. it.
- BRECCIA, L'arricchimento senza causa, Torino, Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, IX, 1984
- DI PAOLA - PARDOLESI, Arricchimento (azione di arricchimento - dir.civ.), Enc.giur. Treccani, II
- MORI CHECCUCCI, L'arricchimento senza causa, Firenze, 1943
- RIPERT, La regle morale dans les obligations civiles, Paris, 1949
- SANTI ROMANO, Principi di diritto amministrativo italiano, Milano, 1906
- TRABUCCHI, Arricchimento (diritto civile), Enc.dir.
- TRIMARCHI, L'arricchimento senza causa, Milano, 1962