Inalienabilità in via autonoma del possesso



Data la definizione di possesso come di quel potere di fatto nota1 che si estrinseca in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale (I comma art. 1140 cod.civ.), appare chiaro come esso non possa essere suscettibile di alienazione in quanto tale, vale a dire in via autonoma, non correlata al diritto reale del quale costituisce la manifestazione (Cass. Civ. Sez.II, 9884/96).

Nella prassi si parla di vendita del possesso in una serie di casi in cui colui che esercita i poteri di fatto uti dominus su un bene, intenda alienare quest'ultimo. Si pensi non soltanto all'ipotesi limite in cui un soggetto voglia acquistare un fondo da un altro che ne vanta il possesso (pur essendo incerta la titolarità del diritto dominicale) nota2, bensì soprattutto al caso di chi, proprietario di un bene per una quota (spesso assai superiore alla metà) vanti da tempo immemorabile il possesso (nel quale eventualmente sia succeduto a causa di morte) dell'intero bene. Cosa riferire della vendita che venga fatta in relazione all'intero? E' a questo proposito possibile costruire la stipulazione come vendita della quota di proprietà con parallela accessione nel possesso (art. 1146 cod.civ.). In altri termini, il compratore unirà il proprio possesso a quello del proprio autore, venendo questo congegno a facilitare la proposizione della domanda giudiziale idonea a consacrare il definitivo acquisto del bene in esito all'intervenuta usucapione.

In forza delle osservazioni che precedono può essere rettamente inquadrata la possibilità, affermata anche in giurisprudenza (Cass. Civ. Sez.II, 2485/2007), dell'alienazione di un bene che il venditore dichiari di aver acquisito in forza del perfezionamento di usucapione, tuttavia non accertata giudizialmente. Qui non viene in esame una inammissibile vendita del possesso: l'oggetto della cessione è il diritto di proprietà del bene, mentre il possesso assume il ruolo di fondare il titolo originario di acquisizione del diritto.

Note

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Non bisogna farsi fuorviare dall'utilizzo della locuzione jus possidendi, allusiva della spettanza in capo al proprietario (o al titolare del diverso diritto reale) delle facoltà di possedere. Non si tratta infatti di un diritto qualificato da autonomia, bensì del mero riflesso della proprietà o del diverso diritto reale che comporta la possibilità per il titolare di instaurare e mantenere il potere di fatto sulla cosa. Analoga posizione viene presa dalla dottrina dominante. Si confrontino, tra gli altri, Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, pp.715 e ss.; Rubino, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1971, p.79; Franceschetti, De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1998, p.46. L'opinione (si veda Oberto, in La vendita, a cura di Bin, Padova, 1996, p.435) di chi ammette la vendita del possesso fa leva sull'esigenza di conferire effetti alla negoziazione per il cui tramite venga corrisposto un prezzo a fronte del conseguimento della mera disponibilità definitiva di una cosa.
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nota2

Analogo esempio viene considerato e sviluppato da Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988, pp.41 e 42. Secondo l'A. si potrebbe, nella fattispecie, appropriatamente evocare la figura della vendita a rischio e pericolo di cui al II comma dell'1488 cod.civ..
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
  • CAPOZZI, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Milano, Dei singoli contratti, 1988
  • FRANCESCHETTI-DE COSMO, I singoli contratti, Napoli, 1998
  • OBERTO, La vendita, Padova, a cura di Bin, 1996
  • RUBINO, La compravendita , Milano, Tratt.dir.civ. e comm. già dir. da Cicu-Messineo, e continuato da Mengoni vol.XVI, 1971

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