Contratto a favore di terzo la cui prestazione dev'essere eseguita dopo la morte dello stipulante



L'art.1412 cod.civ. prevede una particolare specie di contratto a favore di terzo: quello in cui il beneficio deve essere erogato dal promittente successivamente alla morte dello stipulante.

In questo caso è stabilito che, seguendo una regola divergente rispetto a quella di cui all'art. 1411 cod.civ., il beneficio possa esser sempre e comunque revocato dallo stipulante, anche quando il terzo avesse dichiarato di volerne profittare. La dichiarazione del terzo non possiede cioè efficacia preclusiva rispetto alla facoltà di revoca. Quest'ultima, per giunta, può intervenire anche in forza di un testamento, vale a dire con un atto destinato a divenire efficace in esito alla morte dello stipulante.

La facoltà di revoca è comunque nella disponibilità dello stipulante: egli ha infatti la possibilità, prevista dalla norma in esame, di rinunziare per iscritto a siffatto potere. Tale rinunzia al potere di revoca pare comunque collegata alla predetta dichiarazione del terzo di appropriarsi del beneficio. Occorre così fare attenzione a non cadere nella violazione del divieto di patto successorio, come è stato deciso in un caso in cui era stata prevista, in via anticipata e del tutto avulsa dall'ipotesi predetta, la rinunzia preventiva alla revoca della stipulazione (Cass. Civ., Sez. II, 27624/2017).
Una cosa poi è rinunziare al potere di revoca, un'altra è far entrare nella stipulazione il terzo facendo assumere al promittente, direttamente nei confronti di esso terzo, gli obblighi afferenti al beneficio: questo non pare ammissibile, se non stravolgendo la figura, che assumerebbe la struttura del patto successorio (Cass. Civ. Sez. II, 8335/90).

Non è dunque indispensabile che la revocabilità permanga sempre e comunque, quasi a sottolineare la differenza tra la fattispecie in esame e l'attribuzione mortis causa che si effettua in un testamento, in relazione alla quale la revocabilità si pone invece come indefettibile.

Già da questa breve disamina emerge chiara la contiguità tra la figura di cui all'art. 1412 cod.civ. e quella di una liberalità mortis causa, anche se la differenza, per quanto specificato, appare comunque netta. Il beneficio attribuito al terzo corrisponde pur sempre ad un diritto già esistente, seppure efficace soltanto alla morte dello stipulante nota1 .

Che cosa accade nella ipotesi di premorienza del terzo beneficiario rispetto allo stipulante? il diritto si trasmette a favore degli eredi del terzo ai sensi del II comma dell'art. 1412 cod.civ., che tuttavia fa salva non solo la revoca, bensì anche la diversa disposizione dello stipulante (che ad esempio abbia disposto la sostituzione del terzo beneficiario con un altro proprio nell'ipotesi di premorienza).

Tale trasmissione a favore degli eredi del terzo beneficiario avviene indubbiamente mortis causa e jure hereditatis. E' appena il caso di osservare che stiamo parlando della successione del terzo, nel cui patrimonio gli eredi di costui rinvengono, unitamente agli altri cespiti attivi, anche il beneficio attribuito dallo stipulante, beneficio la cui portata diverrà attuale nel momento della morte dello stipulante stesso. L'attribuzione dello stipulante rimane pertanto un'attribuzione inter vivos, in relazione alla quale l'evento morte segna non già la causa, bensì il termine di efficacia nota2.

E' di estrema importanza discernere, in rapporto a questa specie di pattuizione, connotata da una singolare commistione tra negozialità inter vivos e possibile nascita indiretta di un diritto a causa di morte, le ipotesi a confine in cui si opera l'attribuzione di un diritto analogo, ma mortis causa, dunque in spregio al divieto di cui all'art. 458 cod.civ.. Sembra ad esempio censurabile sotto questo aspetto il contratto a favore di terzo la cui prestazione debba essere eseguita in esito alla morte dello stipulante nel quale, accanto alla facoltà di revoca, sia prevista quella di provvedere alla nomina di un nuovo beneficiario anche per il tramite di un negozio testamentario.

Sarebbe difficile sottrarre un'ipotesi di tal specie ad una valutazione nei termini di un'attribuzione a causa di morte, dunque nulla per contrarietà al divieto dei patti successori nota3 .

Note

nota1

Scozzafava, voce Contratto a favore di terzi, in Enc. giur. Treccani, p. 8.
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nota2

Analogamente Tamponi, Contratto a favore di terzo, in Tratt.dir.priv., vol. XIII, Torino, 2000, p. 410. Contra Betti, Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt. dir.civ. diretto da Vassalli, Torino, 1950, p. 311, per il quale il contratto a favore di terzi da eseguirsi dopo la morte dello stipulante sarebbe un negozio mortis causa eccezionalmente ammesso in deroga al generale divieto sancito dall'art.458 cod.civ..
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nota3

Così anche De Giorgi, voce Patto successorio, in Enc.dir., p.539 e Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento: contributo ad una teoria dell'atto di ultima volontà, Milano, 1954, p. 300.
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Bibliografia

  • DE GIORGI, Patto successorio, Enc.dir., XXXII, 1982
  • GIAMPICCOLO, Il contenuto atipico del testamento contributo ad una teoria dell'atto di ultima volontà, Milano, 1954
  • SCOZZAFAVA, Contratto a favore dei terzi, Enc.giur. Treccani, III, 1988
  • TAMPONI, Contratto a favore di terzo, Torino, Tratt.dir.priv., XIII, 2000

Prassi collegate

  • Le disposizioni sulla sepoltura fra testamento e mandato post mortem

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