Cass. civile, sez. V del 2019 numero 16701 (21/06/2019)




Ferma restando l'indubbia discrezionalità del legislatore nell'individuare i presupposti impositivi, tale discrezionalità deve pur sempre muoversi in un ambito di ragionevolezza e dell'assenza di arbitrio (Corte Cost. n. 4 del 1954 e n. 83 del 2015), posto che la capacità contributiva in ragione della quale il contribuente è chiamato a concorrere alle pubbliche spese "esige l'oggettivo e ragionevole collegamento del tributo ad un effettivo indice di ricchezza" (Corte Cost. ord. n. 394 del 2008). Nel caso di costituzione di trust tale indice non prende consistenza prima che il trust stesso abbia attuato la propria funzione. Conseguentemente, la costituzione del vincolo di destinazione di cui al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, convertito dalla L. n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione; per l'applicazione dell'imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale; nel trust di cui alla L. n. 364 del 1989, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Afa 1 luglio 1985, un trasferimento così imponibile non è riscontrabile né nell'atto istitutivo né nell'atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee, in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione, ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.

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