Non sono tassabili i versamenti in denaro che gli associati di un ente effettuano per perseguire lo scopo dell'associazione. (Cass. Civ., Sez. Trib., n. 22263 del 26 ottobre 2011)

I versamenti in denaro effettuati dagli associati per consentire all’ente di perseguire i propri scopi, o di ripianare perdite sociali, non possono essere considerati, ai fini dell’applicabilità della disciplina di cui agli artt. 51 e ss. del D.P.R. n. 917/86 – né ricavi (art. 55), né plusvalenze patrimoniali (art. 54), né sopravvenienze attive (art. 55). Ed invero, tali versamenti, se integrano prestiti con obbligo di restituzione, non comportano un profitto per l'associazione, ma si risolvono in un aumento di liquidità, e se siano effettuati a fondo perduto – come nel caso concreto – benché aumentino il patrimoniale sociale, non sono, tuttavia, computabili fra le sopravvenienze attive, stante l’espressa previsione dell’art. 55, comma IV, del D.P.R. n. 917/86.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia evoca un tema, quello del titolo dei versamenti effettuati dagli associati ovvero dai soci (nell'ipotesi in cui siano effettuati nelle casse di società lucrative) che ha non poco affaticato gli interpreti.
Se i versamenti a titolo di finanziamento sono infatti contrassegnati dal diritto alla restituzione in capo a ciascun associato/socio, quelli effettuati "in conto capitale" ovvero comunque "a fondo perduto" si sostanziano in incrementi del patrimonio dell'ente che non sono sorretti da alcuna ulteriore giustificazione se non quella di fornire al medesimo la liquidità necessaria per far fronte a minusvalenze, a spese da effettuare o altre sopravvenienze passive. Tali versamenti, a differenza dei primi, non vedono il diritto di chi versa ad essere rivalso di quanto versato.

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