Associazione riconosciuta



La costituzione di un'associazione risponde all'intendimento di riunirsi per perseguire congiuntamente finalità di qualsiasi tipo, purchè non economiche. Si fa riferimento generalmente all'idealità dello scopo.

Quello che conta è che la finalità non sia lucrativa e neppure economica in senso lato (essendo in tale nozione ricompreso il vantaggio cooperativistico) nota1. Diversamente occorrerebbe costituire una società, un consorzio o stipulare altro tipo di contratto (ad es. associazione in partecipazione). V'è peraltro da rilevare come sia possibile, in esito all'entrata in vigore della riforma del diritto societario del 2003, addivenire alla trasformazione dell'associazione in società di capitali (cfr. il III comma dell'art.2500 octies cod. civ. ).

La preclusione non vale, invece, con riguardo al tipo di attività esercitata, che può essere anche economica nota2. Si può notare, sotto questo profilo, da un lato la ritenuta ammissibilità della partecipazione all'associazione di società o altri enti nota3, dall'altro l'esercizio indiretto da parte dell'associazione stessa di un'attività di carattere economico.

V'è discordanza invece sul punto se l'esercizio di un'attività economica "servente" rispetto al fine non lucrativo, comporti l'assunzione della qualifica di imprenditore nota4. La risposta parrebbe negativa (Cass. Civ. Sez. I, 9589/93 ) sia pure sulla scorta della distinzione tra associazione e società strutturalmente collegata alla prima, tuttavia distinta dall'ente associativo. Diversa sarebbe la conclusione qualora l'associazione svolgesse direttamente una tale attività, essendosi deciso che, in questa ipotesi, l'ente possa addirittura essere assoggettato a fallimento (Cass. Civ. Sez. I, 9589/93 ) nota5.

Note

nota1

Bianca, Diritto civile, vol. I, Milano, 1990, p.323.
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nota2

V. De Giorgi, Le persone giuridiche in generale. Le associazioni e le fondazioni, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, Torino, 1982, p.222.
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nota3

Nella prassi è piuttosto diffusa la costituzione di associazioni (o la successiva adesione alle stesse) da parte di imprenditori individuali e società, da un lato, e di enti pubblici, dall'altro. Tuttavia la facoltà dell'ente pubblico di partecipare ad organizzazioni di diritto privato soggiace ai seguenti limiti:
a) l'ambito di legittimazione degli enti pubblici ad adottare negozi di diritto privato - tra cui, ovviamente, la partecipazione a contratti di società - è delimitato dallo scopo istituzionale perseguito dall'ente stesso;
b) l'attività di diritto privato posta in essere non può mirare ad eludere qualche divieto normativo concernente le attribuzioni dell'ente ovvero norme precettive di carattere procedurale, poste a garanzia di un corretto uso delle risorse pubbliche ad esso affidate.
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nota4

A favore di tale opinione si veda p.es. Galgano, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1976, p.84.
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nota5

Bianca, op.cit., p.323, al contrario giustamente spiega come sia impossibile che un'associazione svolga direttamente un'attività commerciale, dovendosi altrimenti fin dall'inizio costituire secondo uno dei modelli previsti per le società commerciali e assoggettare conseguentemente alla relativa pubblicità del registro delle imprese.
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Bibliografia

  • DE GIORGI, Le persone giuridiche in generale.Le associazioni e le fondazioni, Torino, Trattato diritto privato, 1982
  • GALGANO, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati (artt. 36-42), Bologna-Roma, Comm. cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, 1976

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